Ecco un libro particolarmente interessante: sembra la "solita" storia di un uomo, neppure troppo gattofilo, che incontra un gatto, ne sperimenta l'amicizia profonda, finchè non deve affrontare il lutto dell'amico a quattrozampe e trovare una ragione al dolore della separazione. Assomiglia all'esperienza che tanti altri hanno vissuto sulla propria pelle, eppure in questo caso William Jordan, biologo americano, si spinge più in là. Forte della sua professione di scienziato, osservando il rapporto con il gatto randagio che accoglie in casa - e che chiamerà Darwin - inizia a riflettere sulla mente umana, le emozioni e i sentimenti, cosa accade a livello di neuroni quando l'uomo intesse un rapporto con un altro essere vivente. William Jordan ci racconta il legame con Darwin, randagio micio rosso dalla forte personalità, che si intrufola nella sua vita con una certa noncuranza, diventandone poi un punto fermo irrinunciabile. Diventa in poche parole, un vero amico, compagno di vita, famigliare di cui prendersi cura e che si prende cura di te, a suo modo.
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La copertina per "Orme Editori" |
Così, quando Darwin inizia a manifestare problemi di salute, William non può evitare di soffrire intensamente e di preoccuparsi per la sorte del suo piccolo amico. E da qui scaturiscono alcune riflessioni davvero interessanti, che spiegano - a livello scientifico - cosa accade alla nostra mente quando ci innamoriamo, quando instauriamo abitudini condivise, quando proviamo emozioni, anche sofferenza.
In base alla mia esperienza, da diversi anni mi sono convinta che il lutto per un animale sia analogo al lutto per un essere umano; certo, il lutto "umano" è spesso molto più complesso, sfaccettato, perchè più complesso è il rapporto che si instaura tra esseri umani. Ma la sofferenza per la perdita? La sofferenza è la stessa identica. Ebbene, William Jordan non fa che confermare ciò, spiegandolo anche in termini scientifici.
Vi riporto il passo, perchè merita davvero, come tutto questo libro che l'autore ha dedicato alla sua esperienza e a Darwin, "il gatto randagio che fece di un uomo un essere umano".
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La copertina per "Franco Muzzio Editore" |
"La comunione con un gatto ha bisogno di tempo per maturare, ed è irreversibile. (...) Più a lungo vivi con un gatto, o se è per questo con qualunque essere vivente, più numerosi sono i dettagli di cui ti accorgi, perchè il cervello ha avuto più tempo per registrare. (...) Questo vuol dire che nel cervello viene progressivamente e lentamente assemblato un meccanismo fisico (...) dedicato al rapporto tra l'individuo e il suo compagno. (...) Non ti accorgi di quanto pervasivo sia diventato questo meccanismo finchè il tuo compagno non si ammala; a quel punto il mondo si sgretola e ti crolla addosso in mille pezzi. La sua sofferenza diventa la tua sofferenza. (...) E quando il tuo compagno muore, il dolore è quasi intollerabile. Più a lungo e più profondamente l'hai amato, più alto è il prezzo che devi pagare. E' come se avessero amputato una parte di te, senza anestesia, e probabilmente è così - letteralmente - perchè tutto il meccanismo che era servito a rendere possibile l'intesa miracolosa che avevi con l'essere che amavi è diventato, in un solo ineffabile istante, pressochè inutile. (...) Il fatto è che coloro che abbiamo amato continuano a vivere nelle sinapsi e nelle molecole della nostra memoria, e finchè noi esistiamo esistono anch'essi, in quanto parte del nostro cervello. E' questo che succede quando chiunque ama chiunque altro o qualunque cosa. Ai neuroni che se ne stanno nelle profondità del cervello non importa se abbiamo amato un uomo o un animale. Il meccanismo è lo stesso". (W. Jordan, Un gatto di nome Darwin, Franco Muzzio Editore, pp. 14-15).