Oggi vi racconto una storia vera che, nel mondo, è ormai celeberrima: sia per la sua morale "ecologica", sia perchè nei decenni è diventata una sorta di leggenda, arricchendosi di ricami e dettagli che non necessariamente rispondono a stretta verità. Sto parlando dell'Operazione Cat Drop, passata alla storia per l'aver paracadutato sul Borneo una grande quantità di gatti. Ma vediamo di capire cosa può essere davvero successo in quest'isola del sud-est asiatico, negli anni '50 del secolo scorso, quando l'Organizzazione Mondiale della Sanità decise di spruzzare massicce dosi di DDT per debellare le zanzare, al fine di contenere una grave epidemia di malaria.
Come nelle più esemplari vicende ecologiche, succede che intervenendo in modo brusco su una popolazione, nell'ecosistema si rompe l'equilibrio con effetti imprevisti. Ed infatti il DDT, se effettivamente debellò le zanzare e quindi la malaria, produsse anche altri significativi cambiamenti che l'uomo non aveva valutato: mentre quasi tutte le popolazioni di insetti (non solo le zanzare!) calarono decisamente, una in particolare sopravvisse e si moltiplicò nettamente. Si trattava dei "bruchi mangia paglia", insetti che proliferarono indiscriminatamente (non trovando più in natura altri competitori o predatori, morti per l'effetto del DDT) nei tetti di paglia delle case, iniziando a rovinarli irrimediabilmente. E così nel Borneo iniziò a verificarsi un incontrollabile decadimento dei tetti delle case. Ma non è tutto! Proliferarono anche i ratti, in maniera altrettanto incontrollabile e irrimediabile, perchè si verificò anche una grave morìa di gatti. Le varie versioni della storia si dividono sulle ragioni di questa ecatombe felina: alcune (le più "ecologiste") sostengono che i gatti morirono perchè nella loro catena alimentare erano entrati i residui del DDT spruzzato nell'ambiente, altri ritengono che i felini morirono perchè si contaminarono leccandosi il pelo e strusciandosi nell'ambiente, impregnato di insetticida.
Uno schema delle possibili interazioni DDT-popolazioni (cliccando si ingrandisce): fonte QUI |
Quale che sia la ragione più fondata, il fatto incontestabile è che morirono anche i gatti a seguito della "spruzzatura" in grandi dosi di DDT in Borneo, lasciando la possibilità di moltiplicarsi alla popolazione di ratti. Un tale aumento demografico di ratti comportò un pericolo pari alla malaria: questi roditori sono infatti i vettori di tifo e peste, due malattie che diventarono una seria minaccia per la popolazione umana. Che fare, dunque? L'Operazione Cat Drop fu proprio ideata per ristabilire l'equilibrio ecologico tra gatti e ratti: la Royal Air Force inglese paracadutò quindi una grande quantità di felini domestici sul Borneo; addirittura alcune versioni della storia ritengono che i mici paracadutati siano stati ben 14.000! Ovviamente si sprecano i dettagli più fantastici in merito alle modalità di "lancio" dei gatti muniti di paracadute, con illustrazioni della vicenda poco credibili ma molto divertenti. Il fatto più probabile è che i gatti siano stati lanciati con un paracadute all'interno di grandi casse speciali, progettate apposta per resistere ad un tipo di trasporto di questo tipo. Quanto al numero di felini aviotrasportati, non è dato sapere quanti fossero in verità: resta il fatto che effettivamente l'Operazione Cat Drop si svolse davvero, al fine di "tamponare" un'emergenza venutasi a creare per uno squilibrio ecologico generato dall'uomo.
Fonte immagine: QUI |
Tralasciando la paura mortale e gli eventuali danni subìti dai malcapitati gatti, lanciati da un aereo con un paracadute, questa storia ha molto da insegnarci: oggi come oggi, anche quando si agisce a fin di bene (debellare la malaria non era certo uno scopo negativo!), è quasi impossibile prevedere davvero tutti gli effetti delle nostre azioni... e, soprattutto, non possiamo dimenticarci la prima regola dell'ecologia: siamo tutti interconnessi e ogni ecosistema resta in equilibrio grazie ai rapporti esistenti tra tutte le sue componenti, animate (vive, la parte "biotica") e inanimate (la parte "abiotica"). Intervenire in modo massiccio e brusco in un ecosistema lo metterà necessariamente in crisi, alterandone il delicato equilibrio, e a farne le spese saremo anche noi esseri umani, pienamente inseriti nelle dinamiche naturali e ambientali, anche se molto spesso agiamo come se così non fosse.