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mercoledì 19 agosto 2020

La frase del giorno: Ursula Andress

Mi prendo cura dei miei fiori e dei miei gatti.
E mi godo del buon cibo. Questo è vivere.

Ursula Andress 
 

 
Oggi la mia amata micia Paciocca compie la bellezza di 12 anni! E' un bellissimo traguardo e se mi guardo indietro, sono davvero così felice di averla avuta accanto in quest'ultima dozzina di anni... su questo blog avete seguito la nostra vita insieme e ho già avuto modo di raccontarvi la sua storia. Spero davvero con tutto il cuore che possa essere la nostra micia di famiglia ancora per tanti anni e accompagnarci con la sua presenza discreta ma inconfondibile; mi piacerebbe che anche mio figlio Stefano avesse modo di diventare suo amico e, un giorno, poterla ricordare con affetto. 




 
Non posso negare che da quando mi sono sposata andando ad abitare nella casa accanto (e lei è rimasta, per sua scelta, nell'abitazione dei miei genitori) e soprattutto da quando ho un neonato di cui prendermi cura, purtroppo passiamo molto meno tempo insieme... ma confido di poter recuperare via via, con il passare dei mesi e il crescere dell'autonomia di mio figlio.
 

 

 


Oggi accompagno questa frase emblematica ad alcune foto "rubate" in giardino qualche giorno fa... anche questo ormai per me è rarissimo, riuscire a prendermi il tempo di qualche scatto. Giretti in giardino e in campagna ne faccio sempre e spesso, ma avendo quasi sempre con me Stefano, il cellulare o la macchina fotografica proprio non riesco a gestirli in contemporanea! E devo dirvi anche che la stessa Paciocca preferisce condividere con me le mie "escursioni" in giardino senza sentirsi fotografata... non so cosa pensino esattamente i gatti delle fotografie, ma a me è ssmpre parso che lo intendessero come una seccante perdita di tempo. Vi dirò di più: la mia gatta sembra capire bene che, se sono concentrata nel farle le foto, automaticamente significa che non mi sto dedicando davvero a lei... e allora assume un'espressione tra il rassegnato, il paziente e il dispiaciuto, come se fosse a disagio. 
 





Oggi comunque ho scelto questa frase non solo per festeggiare il compleanno di Paciocca, ma anche per celebrare la bellezza e la bontà della vita nelle cose più semplici e alla portata di tutti... l'affetto di un animale domestico, prendersi cura di un giardino, godersi ottimo cibo. Ursula Andress ha fatto proprio centro: questo è vivere!

mercoledì 22 luglio 2020

Cosa odiano i gatti e come manifestano il loro disagio

Buongiorno amici! Torno a pubblicare dopo qualche tempo, proponendovi un breve ma interessante video sulle "10 cose che i gatti odiano": è veramente ben fatto e credo che non abbiano dimenticato niente. Con le dovute eccezioni (esistono sempre gatti che si comportano in maniera eccentrica e contradditoria, rispetto al resto della loro specie... come succede tra noi uomini), va detto che praticamente tutti i gatti sono messi a dura prova da determinate situazioni.
Si va dal semplice disagio di fronte a sguardi penetranti sgraditi (soprattutto di persone o animali che non rientrano nella cerchia delle sue abituali relazioni), al fastidio fisico nei confronti della sporcizia, degli odori sgradevoli e dell'acqua sul mantello, passando per lo stress prolungato se esposto a costrizioni dei suoi naturali istinti (e quindi insoddisfacimento dei suoi desideri), a cambiamenti importanti dell'ambiente famigliare, a convivenze forzate con altri animali o persone sgradite, fino ad arrivare all'intensa paura data da rumori forti, improvvisi e per il gatto inspiegabili, "sorprese" che sono percepite dal micio come dei tranelli spaventosi. Avevo già avuto modo anche io di parlarvi dei "cetrioli", ma anche dell'aspirapolvere. Vediamo insieme il video, prima di approfondirne alcuni aspetti!





Mentre la paura è transitoria e legata ad eventi temporanei e sporadici, invece disagio e stress prolungati possono procurare al nostro micio stati di malessere psicofisico non indifferenti.
Due dei motivi di stress per eccellenza, nel gatto, sono il trasloco (il più grande cambiamento di routine che potrà mai essere imposto a un micio, che va a perdere ogni riferimento sul suo territorio) e l'arrivo in famiglia di un nuovo membro... umano (e io ne so qualcosa!) o animale.
Un gatto esposto continuativamente a situazioni di stress, può manifestare il suo malessere in due modi:
  • Sintomi fisici, come ad esempio una cistite, un'alopecia, nei casi più gravi inappetenza e sonnolenza innaturali.
  • Sintomi comportamentali: aggressività improvvisa, marcare il territorio ossessivamente, provocare appositamente alcuni "dispetti" che disturbano la quiete famigliare.
Spesso i sintomi fisici si intrecciano con quelli comportamentali, cosicchè una cistite da stress diventa una bella "occasione" per il gatto di andare a fare pipì sul letto, sul divano, sui tappeti... ovunque, meno che nella sua lettiera.
Come dobbiamo interpretare questi sintomi? Per quello che sono: una richiesta di aiuto.
Di fronte a un gatto che è sempre stato amichevole, mansueto, calmo ed "educato" in casa, se dovesse iniziare a diventare aggressivo senza apparente ragione, o a fare i suoi bisogni dove ha sempre saputo che era inopportuno... beh, bisogna chiedersi se per caso non stia passando un momento di stress e difficoltà. Così come la perdita di appetito o di "vivacità", escluse ragioni patologiche peggiori, possono essere segnale di un gatto che è messo alla prova duramente dalle circostanze e non sta riuscendo a reagire positivamente.



Cosa fare, dunque? Il primo passo è senz'altro identificare il motivo del disagio: il video ci aiuta a identificare le principali fonti di stress per un micio. Capire cosa generi il malessere nel gatto è essenziale per andare poi a intervenire correttamente. 
A seconda dei casi, infatti, potremo correggere quei nostri comportamenti che lo infastidiscono, oppure proporgli situazioni più consone al soddisfacimento dei suoi istinti naturali. Nel caso di un trasloco, la parola chiave è soprattutto gradualità nel far scoprire il nuovo "territorio" al vostro felino, insieme a tanta pazienza e delicatezza nel capire il suo smarrimento, aiutandolo predisponendo nella nuova casa oggetti e giacigli a lui già famigliari.
L'arrivo in famiglia di un nuovo membro, sia esso umano o animale, è un'altra grossa prova, il cui esito positivo purtroppo non può essere dato necessariamente per scontato.  Anche in questo caso serve tanta delicatezza e tanta attenzione nel gestire le dinamiche famigliari, sapendo che nel caso di adozione di un altro gatto si potrà aprire anche un dissidio per competizione territoriale. Ci vorrebbe un post dedicato solo a questo!
In sostanza, comunque, bisogna stare attenti a ciò che il gatto, con la sua spiccata sensibilità, percepisce come "odioso"...perché passino pure un paio di episodi sgradevoli, ma tutta una vita a contatto con situazioni, cose, persone o animali fastidiosi sarebbe davvero una brutta tortura per il vostro amato gatto. Talvolta basta poco per rimediare, altre volte ahimè saremo costretti a prendere decisioni davvero sofferte e difficili, pur di far tornare il sereno nella vita del nostro micio.
A tal proposito, vi consiglio sempre di consultare sia un veterinario che un comportamentista, per essere certi di aver interpretato bene i segnali di disagio del gatto e per ricevere consigli ancora più mirati sulle strategie disponibili per aiutarlo.
Cosa mi raccontate? Il vostro gatto cosa non sopporta? E come avete risolto eventuali momenti critici nella sua vita? Raccontatemi tutto!

martedì 23 giugno 2020

"Se i gatti scomparissero dal mondo" di Genki Kawamura

Gli ingredienti "giusti" per questo libro ci sono tutti, a partire dal titolo a dir poco accattivante e dalla premessa stuzzicante: un giovane trentenne si scopre all'improvviso malato terminale e, a sorpresa, si ritrova a fare un patto con il Diavolo, che gli regalerà un giorno di vita in più per ogni "cosa" che accetterà di far scomparire per sempre dalla faccia della Terra. Sembra una promessa allettante, considerate le miriadi di inutili cianfrusaglie di cui ci attorniamo... ma naturalmente il Diavolo resta pur sempre il maestro ingannatore e, solo dopo aver stretto il patto, il protagonista scopre che la scelta di ciò che scomparirà è appannaggio del diabolico spirito. 
Ma il nostro malato non si tira indietro, in fondo cos'ha da perdere? Vive, ormai single da anni dopo una relazione naufragata, solo con il micio Cavolo - eredità lasciatagli dall'amata madre, morta anch'essa per una malattia incurabile. Il padre assente, con cui ha troncato i rapporti alla scomparsa della madre, pochi amici, un lavoro da postino che svolge in solitario, apparentemente una vita piuttosto piatta... già, cos'ha davvero da perdere?




Così il patto parte, senza neppure troppi crucci, dalla cancellazione in massa di telefoni e cellulari: in un certo senso, appare quasi una liberazione dalla schiavitù perenne che questi oggetti ormai ci impongono. 
Ma ben presto, seguendo i racconti, i ricordi e le riflessioni del protagonista, scopriamo che ogni oggetto, ogni invenzione, ogni regola umana che tanto sembra essere artificiosa e forzata, spesso modella il nostro modo di essere e la nostra quotidianità, fino a darle un'impronta ben precisa che noi possiamo assecondare o modificare a nostra volta... e che tutto ciò che riempie i nostri giorni: telefoni, film, musica, cioccolata, orologi, tempo e perfino le scadenze, in realtà possono tradursi in opportunità, passioni, piaceri e regolarità che rendono la vita degna di essere vissuta davvero. Parallelamente a questo, scopriamo via via i ricordi della vita del protagonista: i suoi rimpianti, le sue scelte, ogni relazione troncata o coltivata, tutto va a comporre il "senso" dell'esistenza, con cui alla fine si deve fare i conti, volenti o nolenti.
E quando il Diavolo posa il suo sguardo sull'amato gatto Cavolo (e su tutti i suoi simili), proponendo al nostro protagonista di barattare l'esistenza di tutti i gatti per un giorno in più di vita... ebbene, qualcosa si rompe definitivamente e il patto non può che venire infranto.
Pregi di questo libro sono senz'altro l'idea originale di fondo, la leggerezza con cui viene sviluppata (nonostante il tema sia d'un esistenzialismo assoluto) e la scorrevolezza con cui si legge. Al contempo, la trama è piuttosto debole e non ho ritrovato - come immaginavo, per temi e storia simile - quella poesia, quella profondità e quella capacità di coinvolgere del meraviglioso "Cronache di un gatto viaggiatore" di Hiro Arikawa
Un'occasione mancata? Dipende, forse solo per metà: non è male riuscire a parlare in scioltezza e con un pizzico di ironia di morte, separazione, sacrifici, rimpianti e temi esistenziali. L'importante è non aspettarsi un capolavoro capace di illuminarci sul senso della vita: si tratta di una storia simpatica e senz'altro curiosa, capace comunque di gettare qualche spunto di riflessione su ciò per cui valga la pena vivere... e morire. 
Se lo leggete, fatemi sapere anche la vostra opinione!

domenica 14 giugno 2020

Primi incontri tra neonati e gatti!

Cari amici, torno sul tema dello scorso post, ma in maniera molto meno impegnata! Ecco a voi un video davvero tenero ed emozionante che dimostra quanto i nostri amati gatti siano sensibili all'arrivo di un bimbo in famiglia.  Guardate che tenerezza! Io mi sono davvero commossa nel vedere la delicatezza e la premura con cui questi gatti si approcciano ai cuccioli umani!



Ammetto che mi sarebbe piaciuto molto se Paciocca avesse reagito così all'arrivo di Stefano...
Come sempre, però, va tenuto presente che ogni gatto reagisce a modo suo e anche in base alle abitudini consolidate nella sua famiglia: è ben integrato nel nucleo famigliare oppure viene coinvolto solo saltuariamente nella routine di casa? Considerato il fatto che Paciocca non abita più con me da quando mi sono sposata (cosa che non ha mai digerito fino in fondo) e che, quindi, non ha occasione di stare continuamente a contatto con la mia nuova famiglia, la sua reazione è assolutamente comprensibile. Se poi penso al suo carattere discreto e un pochino timido... forse non potevo poi aspettarmi qualcosa di molto diverso!
Colgo l'occasione per ringraziare tutti voi per l'interessamento che le avete riservato, anzi posso dirvi che per fortuna la sua alopecia sembra andare meglio.
Vedremo anche se, con il passare dei mesi, la mia micia avrà modo di interagire di più con il mio bimbo... e viceversa! Tutto sempre nel rispetto delle esigenze e del benessere di entrambi. Vi terrò aggiornati!

lunedì 1 giugno 2020

Paciocca, Stefano e me

Questo mese Stefano compirà tre mesi e vorrei raccontarvi come sono andati questi primi tempi tra lui e Paciocca. O meglio, dovrei dire piuttosto tra Paciocca e lui, perché per il momento il mio bimbo non la considera molto (ed è naturale, nei primi tempi i neonati riconoscono e "mettono a fuoco" specificatamente i volti umani)... quindi è soprattutto lei ad essersi accorta della sua esistenza!
Quando ero incinta, dopo aver letto tante testimonianze sul come i nostri animali avvertano la "dolce attesa" dei propri umani, attendevo con trepidazione reazioni "particolari" da parte di Paciocca alla mia gravidanza, ma non ho osservato assolutamente nessun cambiamento in lei nei miei confronti. Vi dirò quindi che non sapevo proprio cosa aspettarmi dal presentarle Stefano, temevo che la mia gatta sarebbe fuggita spaventata.
Diciamo che le prime settimane sono state estremamente graduali: anzitutto Paciocca ha avvistato la navicella con dentro il bimbo in giardino, talvolta lui dormiva e quindi c'era completo silenzio, talvolta lui piangeva disperato (come solo i neonati sanno fare) e in quei casi la gatta se ne stava bene a distanza. In generale nelle prime settimane Paciocca guardava con grande sospetto la navicella, probabilmente immaginandola come una sorta di tagliaerba misteriosamente silenzioso, oppure misteriosamente urlante in altri momenti!





Va detto che in questi primi tempi non ero io a portare in giardino la navicella, perché ho avuto un post-partum pesante e per tre settimane sono rimasta confinata in casa, dove la mia micia entra poco volentieri (di solito fa la preziosa sull'uscio, vuole che siamo noi ad uscire). Il mio primo incontro con Paciocca è avvenuto appunto dopo questo primo e lungo periodo, solo tra me e lei ed è stato un momento per me di grande tenerezza, rivederla e coccolarla di nuovo dopo il mio parto! Lei non si è scomposta più di tanto, mi ha salutata con la sua coda alta, un miagolio e un fuseggiare discreto. Da quel momento in poi ho ricominciato ad uscire in giardino io stessa con Stefano, in braccio o nella navicella, e le occasioni per incontrare la mia micia non sono mancate.
Le prime volte che avvicinavo un piedino o una manina di Stefano alla mia gatta, lei dava un'annusatina tranquilla, talvolta strusciava il musetto affettuosamente e poi procedeva oltre: si comportava come se stesse semplicemente rapportandosi a una parte del mio corpo! Non so se avesse davvero colto che le stavo presentando mio figlio, forse i nostri odori erano talmente simili da non farle percepire la differenza e, inizialmente, io cercavo l'approccio solo quando Stefano era immobile e profondamente addormentato in braccio a me, per non spaventare Paciocca con eventuali grida o movimenti improvvisi.


Via via che passavano i giorni però, ovviamente la mia gatta ha dato segno di aver ben capito che insieme a noi c'era una nuova creatura! Sono certa di poter affermare che non ne è mai stata spaventata, né l'ha mai avvertito come se fosse un animale non umano con cui competere... insomma, Paciocca ha dimostrato di capire che Stefano fa parte della nostra famiglia e, con le dovute cautele, non è sicuramente una minaccia.
Ad oggi, ogni volta che esco in giardino con Stefano, lei ci raggiunge felice e ci accompagna nei nostri giretti. Il mio bimbo ama tantissimo passeggiare tra gli alberi e in generale ogni cosa del giardino è per lui fonte di curiosità, per cui io sono ben felice di esplorarlo insieme alla mia micia.
Da qui a dire che Paciocca sia interessata a relazionarsi di più con lui, proprio no: stiamo pur sempre parlando di un neonato di neanche tre mesi, al quale basta poco per iniziare a piangere... Paciocca non fugge al suo pianto, anzi credo che capisca perfettamente che è un segno di disagio di Stefano, ma comunque la cosa non sembra riguardarla più di tanto. Pace fatta anche con la navicella: la mia gatta deve aver capito che fa parte del "pacchetto Stefano", se così si può dire!
Mi piacerebbe che il mio bimbo fosse già abbastanza grande per interessarsi a Paciocca e per insegnargli ad interagire correttamente con un gatto (o un animale in generale), così come mi piacerebbe avere tanto più tempo e modo da dedicare alla mia micia, invece di solito i tempi li detta Stefano e, avendolo spesso in braccio, altrettanto spesso devo accontentarmi di accarezzare Paciocca con il piede. Lei in ogni caso sembra abbastanza tranquilla, sempre ben disposta nei nostri confronti e, pur senza fare mai slanci affettuosi particolarmente espliciti (come suo solito poi, è nel suo carattere essere delicatina e discreta), staziona spesso e fa ricognizioni diverse volte al giorno nel mio giardino, entra in casa per brevi giretti a suon di fusa e in generale ci raggiunge volentieri non appena usciamo. Io, se non la vedo subito, non manco mai di chiamarla e di considerarla sempre, per farle capire che la sua presenza è importante.


Su questa complessivamente raggiunta pace famigliare, in realtà gravano alcune ombre... qualche settimana fa, ho scoperto sotto la pancia di Paciocca una zona di alopecia piuttosto ampia, mai avuta precedentemente in vita sua.
La prima ipotesi della veterinaria è che si tratti appunto di alopecia "da stress", probabilmente dovuta soprattutto alle tre settimane tra parto e post-parto in cui la mia micia non mi ha vista mai: è stato in assoluto il periodo più lungo di separazione tra me e lei (prima, al massimo una decina di giorni in vacanza). Purtroppo non la aiuta il fatto che, da quando c'è Stefano, è indubbio che il tempo e le occasioni che posso dedicarle si siano ridotti di molto. Non che in gravidanza fossi sempre con lei, intendiamoci, però sicuramente mi vedeva più a lungo, durante la giornata, di quanto accada ora.
Inoltre, per la sensibilità di un gatto, credo sia palese che Stefano sta implacabilmente focalizzando su sè stesso la maggior parte dell'attenzione e delle energie sia mie, che di mia mamma (figura "secondaria" ma pur sempre di riferimento per Paciocca).
Non possiamo comunque neppure escludere eventuali sopraggiunte intolleranze alimentari, dal momento che proprio negli ultimi mesi abbiamo cambiato marca di umido, provandone diverse.


Ora come ora stiamo curando Paciocca con un unguento e un integratore apposito, nonchè io sto facendo del mio meglio per essere presente nella sua giornata (e le belle giornate mi aiutano tanto in questo!), tra incontri in giardino, qualche visita in casa e "catture" serali. Ammetto che finora grossi miglioramenti non ne ho visti, anche se la veterinaria mi ha detto che serve tempo perchè il pelo ricresca... vi dirò che questa cosa, sotto sotto, mi preoccupa non poco, perchè non posso fare a meno di pensare che Paciocca non è più una giovincella: il prossimo agosto compirà 12 anni tondi e questo, forse, è il primo concreto segno della sua età che avanza. A vederla non si direbbe: il resto del mantello è sempre lucido e pulito, lo sguardo è vispo e comunicativo, l'appetito non ha subìto cambiamenti sostanziali, lei è la solita micia discreta, cacciatrice e arrampicatrice di alberi come quando di anni ne aveva 5. Però mi sento sottilmente responsabile per la sua alopecia e, qualora non dipendesse affatto dalla presenza di Stefano, temo allora che possa essere sintomo di qualcosa di ben più grave di una comprensibile "gelosia" o della destabilizzazione dell'equilibrio famigliare.
Spero che la cosa possa rientrare presto e venire archiviata solo come un momento "delicato" nella vita della mia gatta, che sicuramente non è rimasta indifferente, nel bene e nel male, all'arrivo di un neonato nella nostra famiglia.


Concludo questo post con un pensiero più ampio, sempre relativo all'arrivo di mio figlio e del successivo mutare (o non mutare affatto!) delle altre relazioni affettive. Ebbene, aspettavo da tempo di diventare mamma a tutti gli effetti per verificare se fosse proprio vero che l'amore per un figlio sia qualcosa di infinitamente superiore rispetto a tutti gli altri rapporti affettivi. In particolare mi domandavo se, da parte mia, sarebbe cambiato qualcosa anche nei confronti di Paciocca, da tanto è opinione comunemente condivisa che:"Va bene voler bene a un gatto, ma un figlio è un figlio!".
Chiaramente sono solo all'inizio della mia vita di mamma e sono convinta che il rapporto genitore-figlio sia il più mutevole in assoluto (per forza di cose, un figlio da neonato diventa una persona adulta, ad un certo punto!), per cui è possibile che questi miei pensieri potranno eventualmente mutare di pari passo. Comunque, per il momento, posso dirvi che l'amore per un figlio è effettivamente qualcosa di incredibile, di travolgente e rivoluzionario, qualcosa che ti fa vedere il mondo con occhi diversi, è come essere nata una seconda volta... non esagero!
Però, e ci tengo a sottolinearlo, questo non ha tolto assolutamente NIENTE a tutte le altre forme di amore che provo nella mia vita. Anzi, se possibile, le ha amplificate, valorizzate e rese più importanti ancora, perchè vanno a intrecciarsi e in un qualche modo a completare il quadro di affetti della mia esistenza. Fare classifiche in amore è assurdo e mortificante, perchè ogni forma di amore, o affetto che sia, ha un suo valore impagabile e la sua peculiarità che la rende unica e insostituibile. Paragonare o chiedermi di scegliere tra l'amore per mio figlio e l'amore per la mia gatta è semplicemente assurdo.
Prosaicamente parlando, sarebbe come chiedermi di scegliere tra la pizza e la cioccolata: sono due cose talmente diverse, ma a loro modo talmente buone, che non potrei proprio fare una classifica di gradimento! E poi, che senso avrebbe? A che scopo?
Ogni forma, ogni manifestazione, ogni declinazione dell'amore ha una sua specificità, un suo valore intrinseco, una sua potenza originale, unica e inimitabile in sè stessa. Perchè mai allora pensare di fare graduatorie, classifiche, scelte? Si vive una sola volta e più forme d'amore avremo sperimentato nel corso della nostra esistenza, più avremo avuto una vita ricca, fortunata e piena.

martedì 26 maggio 2020

"Kedi, la città dei gatti" di Ceyda Torun

Cari amici, oggi vi parlo di un piccolo gioiellino per i gattofili cinefili: "Kedi. La città dei gatti", della regista Ceyda Torun. È un originale documentario dedicato ai gatti di Istanbul, quasi un tributo alla popolazione felina molto numerosa che nei decenni si è integrata con particolare successo alla vita urbana e umana. Nella capitale turca infatti i gatti sono ovunque: per le strade, sui tetti, nei caffè, nei negozi, negli hotel, sulle barche dei pescatori... e ovunque sono rispettati come animali quasi sacri, sicuramente degni di tanta considerazione da parte degli uomini. Il film è unico nel suo genere, per merito soprattutto di una strepitosa fotografia capace di mettere in risalto una duplice bellezza: quella dei gatti, con magnetici primi piani, e quella della colorata Istanbul, ripresa nei suoi scorci più caratteristici.



Uno degli aspetti che mi ha più colpita è stato il constatare le condizioni complessivamente molto buone della maggior parte dei gatti: nonostante conducano una vita di quartiere, a metà tra il randagismo e la domesticità, questi mici hanno folti mantelli ben curati, occhi limpidi e vispi, un portamento sicuro e fiducioso nei confronti degli esseri umani. Entrano ed escono da locali, case, balconi  e accolgono quanto di buono può arrivare dalle mani umane: coccole, bocconcini, cure o semplicemente gradita compagnia. Del resto, sono proprio gli uomini di Istanbul a prendersi cura quotidianamente di questi felini, rapportandosi ad essi come fossero veri e propri concittadini, vicini di casa e parte integrante della propria comunità. 
Non è un mistero che nel mondo islamico il gatto goda di particolare considerazione e a Istanbul questo ha portato davvero a realizzare una "città dei gatti" che vive di pari passo a quella degli uomini, intersecandosi con essa con una certa grazia ed armonia.
Mi è piaciuta molto anche la spiritualità che emerge da diversi passi del documentario: i gatti non sono semplicemente simpatici, utili e piacevoli animali con cui condividere la vita, bensì un tramite per arrivare a Dio, per fare qualcosa di gradito a lui. Trovo che questo tratto della religione islamica sia assolutamente unico e affascinante.
E così "Kedi. La città dei gatti" racconta le diverse storie di alcuni gatti di quartiere e degli uomini che se ne occupano, mostrando con delicatezza come gli uni si prendano cura degli altri... e viceversa. È uno scambio alla pari!





"In qualche modo, Dio cerca sempre di mettere alla prova le persone. Dio conduce ognuno di noi a lui, usando immumerevoli modi e infinite vie sconosciute a noi umani. Nel mio caso l'ha fatto attraverso questi meravigliosi amimali. Forse sono degno del suo amore".

"Kedi. La città dei gatti" vi aspetta sulla piattaforma UAM.TV (ricca di tanti altri film e documentari di pregio): vedrete, da gattofili ne resterete incantati! 

lunedì 11 maggio 2020

"L'insostenibile tenerezza del gatto" di Sonia Campa

Ho avuto modo di conoscere Sonia Campa, etologa, diversi anni fa, ad una conferenza sul comportamento dei gatti e sul corretto modo di relazionarsi ad essi. Mai banale nel suo approccio, profonda conoscitrice dell'animo del nostro felino domestico, attenta osservatrice delle tendenze "antropomorfizzanti" che influenzano il nostro rapporto con gli animali... ha subito guadagnato la mia ammirazione e stima. Così, quando è uscito questo libro non potevo davvero farmelo sfuggire, pregustandomi una lettura di valore. Ebbene, le mie aspettative sono state ripagate al 100% e, nonostante per titolo e casa editrice l'opera possa in effetti confondersi tra mille altre (ormai l'editoria dedicata ai gatti è sovrabbondante, pena spesso la qualità delle singole pubblicazioni), la sostanza che racchiude è tutta un'altra cosa.



Non aspettatevi un manuale generico sui gatti, nè un saggio unicamente di etologia felina... è una riflessione di ampio respiro, che prende spunto dalle esperienze personali dell'autrice ma le approfondisce su basi scientifiche grazie alla sua formazione, a proposito del temperamento del gatto, di come si è evoluta la nostra relazione con lui, andando a tracciare una sorta di "bilancio" di quanto è stato perso e quanto guadagnato. 
Ma è anche una critica alla nostra società del terzo millennio, alle molte pecche del nostro mondo, evidenziando il rischio di perdere di vista l'anima e le necessità autentiche degli animali con cui condividiamo il pianeta: cani e gatti in primis, ma anche gli animali "da reddito" (mucche, galline, ecc.), fino ai selvatici (che spesso non consideriamo neppure). 
Ad esempio, scrive Sonia: "C'è qualcosa di drammaticamente condiviso tra gli animali stabulati in freddi capannoni industriali a produrre uova e latte, deprivati dell'esistenza e, quindi, della loro identità, e migliaia di piccoli umani assembrati nelle loro automobili bloccate nel traffico impazzito di città di cemento, per cercare di raggiungere i loro mini-appartamenti in enormi condomini della più economica periferia, dopo dieci ore di lavoro dedicate freneticamente a raggiungere degli obiettivi che, spesso, non appartengono neanche a loro" (S. Campa, L'insostenibile leggerezza del gatto, p. 50).
Oltre a ciò, troviamo anche consigli utilissimi - forniti su solide basi etologiche - per comprendere, conoscere e rispettare le esigenze più peculiari del nostro amato micio. Ad esempio, ci fa riflettere sul fatto che "per i gatti il pasto è un momento tutt'altro che comunitario, la consumazione è un rito solitario e le condizioni di stretta prossimità allestite in casa spesso portano i gatti a competere più o meno esplicitamente e a vivere il momento del pasto con ansia e tensione" (p. 72). 
O ancora, tutti noi tendiamo ad apprezzare e ricercare gatti coccoloni, socievoli e amanti del contatto fisico, eppure quest'approccio così "corporeo" non sempre è in linea con il temperamento più riservato dei felini: "Per il micio di famiglia (...) è già un gesto di enorme affettuosità (...) raggiungerci sul tavolo e sonnecchiare a mezzo metro da noi mentre siamo intenti a lavorare; affetto è la leccatina fugace che ci danno sulle dita e, persino, quella coda che ci sfiora appena mentre, apparentemente distratti e lontani, ci passano accanto (...). I gesti di affiliazione dei gatti non sono eclatanti (...) sono sottili, piccoli segnali, discreti come lo è il loro andare per il mondo, fatto di distanze accorciate, di sguardi ricambiati e di tempo trascorso vicini, anche senza far niente ma semplicemente condividendo l'atmosfera" (p. 189).  Poi certo, ci sono gatti amantissimi delle coccole anche molto irruenti, ma dobbiamo sempre ricordarci di non fare di tutta l'erba un fascio e soprattutto di interpretare correttamente i segnali che ci dà il micio in questione: apprezza davvero, oppure è solo estremamente mite e tollerante rispetto a un contatto fisico per lui non necessariamente indispensabile?


Paciocca non mi perde mai di vista e mi segue dappertutto, non tollera di essere esclusa dalle nostre attività, eppure non viene mai in braccio e richiede le coccole in quantità molto modesta. Me ne sono fatta una ragione... e la amo così com'è, apprezzando i segnali d'affetto che mi dimostra, come una bella coda alzata per salutarmi!

Insomma, un libro capace di scavare a fondo, con competenza e spirito critico, nella personalità e nei bisogni comportamentali dei gatti che, oggi sempre più, vengono travisati e svalutati. Mi è piaciuta molto, tra le altre, la riflessione sul fatto che - spesso - si tenda ad adottare un gatto invece di un cane, perchè considerato "meno impegnativo": "Questa falsa credenza deriva dal ritenere questo un animale con poche pretese: non va portato fuori ogni santo giorno per la sua consueta passeggiata, può rimanere solo in casa senza fare danni e senza disturbare il vicinato (...) è autopulente (...) non richiede attenzioni continue (anzi, se ne sta anche parecchio per i fatti suoi) e si adatta a vivere anche in piccoli spazi. (...) Paradossalmente, oggi si è arrivati a credere che solo chi ha un giardino dovrebbe adottare un cane, mentre il gatto sta bene solo se tenuto in casa" (pp. 74-75). Cosa, questa, davvero snaturante nei confronti di un predatore ed esploratore quale è il gatto, che anzi avrebbe un bisogno vitale di poter accedere in sicurezza e libertà a un ambiente dove cacciare, esplorare, sorvegliare e marcare il suo territorio. 
Che altro dirvi? Le considerazioni sarebbero ancora tante ma non vorrei neppure togliervi il piacere della lettura di questo bellissimo saggio, che vi consiglio spassionatamente come una delle pubblicazioni più valide degli ultimi anni sul tema "gatti". E altrettanto vi suggerisco di visitare il portale di Sonia Campa Pet Ethology ma anche il suo blog "La soglia di Morgan", sul quale potete leggere anche diversi articoli - tutti altrettanto interessanti - sempre sul comportamento dei gatti.

lunedì 30 marzo 2020

Le mie considerazioni su toxoplasmosi e gravidanza

Fin da quando abbiamo iniziato a cercare una gravidanza, io ho cominciato altrettanto a stare attenta alla toxoplasmosi. In più di trent'anni di vita, nonostante assidue frequentazioni di gatti e gattili, lettiere pulite senza guanti, consumo di salumi (anche artigianali) e frutta e verdura colta e mangiata direttamente dall'orto (che incoscienza!) non l'avevo mai presa. 
Devo essere sincera, i primi tempi era un'ossessione: in ogni cibo "incriminato" vedevo un rischio enorme e mi sembrava all'improvviso di non poter mangiare più in sicurezza nessuna verdura o frutta cruda, così come avevo iniziato a disinfettare convulsamente la cucina se anche solo poggiavo un limone sul lavello. Lavavo le mani decine e decine di volte al giorno, sentendomi perennemente a rischio di un'infezione o un contagio. Non parliamo poi delle eventuali uscite al ristorante o  in vacanza: erano diventati pericolosi un ciuffo di prezzemolo crudo decorativo, la rucola sulla pizza, una foglia di insalata a fianco di una bistecca ben cotta, una caprese con pomodoro fresco, una macedonia. Tutto off limits. Ora, vi sembrerà esagerato, ma la vivevo proprio male, anche perché reperivo informazioni contrastanti, e intanto consumavo una confezione di amuchina alla settimana, senza peraltro avere la certezza di debellare il pericolo (vedi dopo).
Allora, sia per tranquillizzarmi, sia per capire come mai in tanti anni di condotta "sconsiderata" io non avessi mai contratto la toxo, ho approfondito la questione e le cose che ho scoperto mi hanno aiutata parecchio a collocare al giusto posto questo rischio e i relativi comportamenti da assumere per evitarlo.

La classica insalata mista al ristorante è vietatissima per il pericolo toxo! Foto di Thomas Wenger su Wikipedia.

Cos'è la toxoplasmosi e come "funziona" nel gatto
Si tratta di un'infezione provocata da un protozoo (NON un virus, NON un batterio!), il Toxoplasma gondii, che può infettare tutti i mammiferi e si "incista" poi nelle fibre muscolari (per questo, se si consuma carne cruda, si rischia di venire infettati). Solo nel gatto il protozoo riesce a completare tutto il ciclo vitale, per questo il micio è detto "organismo serbatoio", ossia il toxoplasma si moltiplica in esso e si propaga nell'ambiente tramite le feci del felino. Da qui lo spauracchio del "stai attenta ai gatti in gravidanza, perché da loro contrai la toxo", sapendo che questa infezione è particolarmente grave e pericolosa per la salute dell'embrione o del feto.
Il nocciolo fondamentale però sta in due informazioni chiave, che difficilmente i medici si prendono la briga di spiegarti:
1) Dire che "i gatti ti infettano con la toxo" sarebbe più o meno come dire "gli umani ti infettano con l'influenza". Serbatoio della toxo non sono TUTTI i gatti, bensì i gatti in quel momento malati di toxo e infettivi. Questo momento dura al massimo un mese nell'arco dell'intera vita del felino e non è neppure detto che si ammali mai, soprattutto se non ha la possibilità di consumare carne cruda.
2) Le feci di un gatto con toxoplasmosi hanno bisogno di un certo tempo di "maturazione" nell'ambiente per diventare effettivamente infettive, dalle 24 ore in poi. Una cacca appena defecata da un gatto infetto, non è immediatamente infettiva.
Questo cosa implica? 
Implica che sostanzialmente, se hai gatti, resti incinta e temi la toxo da parte loro, intanto non vederli come untori malefici, perché magari la toxo non l'hanno mai presa, forse non la prenderanno mai, forse l'hanno presa anni fa e non sono più infettivi da un pezzo. Se invece fossero esattamente in quel momento della loro vita in cui espellono feci contagiose, basta fare due semplici cose: far pulire a qualcun altro (o usare dei guanti e poi lavarsi accuratamente le mani) la lettiera e farlo almeno una volta al giorno, per evitare che le feci "maturino" e diventino infettive.
Bon, questo è quanto. La toxo NON si prende accarezzando il gatto, o tramite la sua saliva, o tramite un graffio, o tramite la sua pipì. Quindi non bisogna esiliare il proprio felino o peggio abbandonarlo, così come non ha senso smettere di accarezzarlo o coccolarlo. Basta seguire norme di buon senso e igiene di base, che dovrebbero valere indipendentemente dalla toxo o dallo stato di gravidanza.

Molto più probabile contrarre la toxo dalla carne al sangue che dai gatti. Foto di Gail su Wikipedia.

Perchè allora tanto allarme?
Perchè, in effetti, è comunque possibile contrarre la toxoplasmosi. Come? 
Soprattutto mangiando o manipolando, senza poi lavare mani, utensili e piani d'appoggio:
- Carne cruda e salumi crudi (perchè, lo ripeto, potrebbero derivare da un animale infettato, nelle cui carni è rimasto incistato il toxoplasma, che muore solo con la cottura);
- Verdura cruda poco lavata, in particolar modo se viene dall'orto del contadino dove potrebbero circolare più spesso gatti liberi o selvatici. Meno facile è il contagio di verdura del supermercato, dato che arriva da produzioni a livello industriale (immaginate serre e coltivazioni "in batteria"): dovreste proprio acquistare quel maledetto cespo di insalata tra mille altri, vicino al quale è passato proprio un gatto infetto e ha defecato proprio lì. Mi darete atto che ciò è molto improbabile, ma altrettanto io ammetterò che non è impossibile. Quindi per eliminare il rischio, sapendo che la verdura e la frutta cotte non danno comunque alcun problema, per quella cruda va semplicemente effettuato un lavaggio molto accurato (sotto vi darò maggiori dettagli). 
Un'altra possibile modalità di contagio è facendo giardinaggio in campagna, dove è più facile che il vostro o altri felini usino il terreno come lettiera a cielo aperto: per questo è fondamentale usare guanti e lavarsi le mani dopo le attività tra orto e giardino (ma questo, non lo fareste comunque?).

Più dei gatti, preoccupatevi di usare guanti quando fate giardinaggio! Foto di Z28scrambler su Wikipedia.

Quindi, in sostanza...
Se sei incinta e recettiva alla toxoplasmosi (cioè non sei immune, perchè non l'hai mai contratta prima):
- se hai gatti fai pulire ad altri, quotidianamente, la loro lettiera (o puliscila tu usando sempre i guanti e igienizzando poi le mani) e comunque rispetta le normali regole igieniche di buon senso nella convivenza con gli animali (lava le mani dopo le coccole, ad esempio).
- evita tutta la carne cruda o poco cotta. Questo significa no anche a tutti i salumi crudi (bresaola, crudo, salame...). Si possono invece mangiare i salumi cotti (come prosciutto cotto o mortadella), meglio se in vaschetta (al banco dei salumi freschi spesso usano le stesse affettatrici per salumi crudi e cotti, indifferentemente... e i più prudenti vi vedono un rischio di contagio); 
- lava molto accuratamente la frutta e la verdura che vuoi consumare da cruda. I medici più scrupolosi ed equilibrati vi spiegheranno che il toxoplasma, essendo un protozoo e quindi un micro-organismo, non muore con l'ammollo in amuchina, o nel bicarbonato... l'unica maniera di rimuovere il protozoo è tramite lavaggio "meccanico": sfregando e lavando bene sotto acqua corrente la frutta e la verdura che volete mangiare. Chiaramente gli ammolli in amuchina/bicarbonato vi danno una ragione in più per sciacquare poi bene gli alimenti "trattati", ma l'uso di queste due sostanze non dà garanzie specifiche di "disinfezione", proprio per il fatto che non stiamo parlando di virus o batteri. C'è quindi chi addirittura per mesi rinuncia a mangiare l'insalata... inizialmente l'avevo fatto anche io, dato che è particolarmente arduo lavarla al meglio, ma quando poi sono rimasta incinta davvero e gli insalatoni erano una tra le poche cose che riuscivo a mangiare (ho avuto un mucchio di problemi digestivi con la gravidanza), me ne sono fatta una ragione e ho proceduto a lavare con bicarbonato (solo per scrupolo) e successivi risciacqui le mie foglie di insalata. Però senza farne una malattia, così come mi sono accontentata di lavare bene solo sotto acqua corrente mele, pesche e frutti che poi avrei sbucciato.
- al ristorante o fuori casa non consumare carne cruda o poco cotta e piatti che contengano frutta o verdura crude (non è possibile avere la garanzia di un lavaggio accurato).
- se e quando pratichi giardinaggio, usa sempre i guanti e lava accuratamente le mani al termine delle tue attività all'aria aperta.

Divieto a salumi e preparazioni che li contengano senza assicurarne la completa cottura. Foto di Jessica Spengler su Wikipedia.

Eppure la psicosi "gatto-toxoplasmosi" continua a diffondersi...
Nonostante centinaia di pubblicazioni scientifiche, così come articoli di testate giornalistiche affidabili e testimonianze di veterinari e medici illuminati, abbiano ormai provato che il ruolo del gatto nel contagio della toxo è piuttosto marginale (e peraltro riguarda casi e contesti in cui non vengono rispettate le norme igieniche di base), resta nella cultura medica una certa superficialità nel comunicare i comportamenti a rischio, così come spesso passa il messaggio che nonostante le accortezze suddette sia facile prendersi la toxoplasmosi. E si alimenta quindi uno "spauracchio" che degenera presto in una vera e propria ossessione, per tante donne in gravidanza.
Io stessa mi sono sentita ripetere da tante conoscenti, ma anche da amiche: "Fai molta attenzione al gatto! Ma non sarebbe meglio allontanarlo? Lo tocchi ancora?" oppure "Non sottovalutare il pericolo toxoplasmosi!". 
La cosa più irritante è stata ricevere queste preoccupate affermazioni da amiche con un elevato livello culturale e talvolta persino specifico (laurea in medicina, dottorato di ricerca...). Vi assicuro che ci sono rimasta proprio male: cosa avrei potuto o dovuto fare di più di quel che stavo già facendo? Evitare completamente per nove mesi frutta fresca e verdura cruda? 
Quanto all'ignoranza sul ruolo del gatto non ci sono parole: sono stata io stessa a dover spiegare il meccanismo "gatto infetto -> feci in ambiente per almeno 24 ore -> ingerire feci infette per contrarre la malattia". Ma ancora, alcune persone non erano convinte... ho notato anzi una certa propensione al non approfondire la questione dal punto di vista veterinario-biologico, accontendandosi del "divieto della nonna": non toccare i gatti in gravidanza! 
E la cosa più disturbante è stata osservare, in alcune mie conoscenze, una mentalità talmente antiquata e antropocentrica (purtroppo spesso legata a una concezione biblica della gravidanza, dato che erano le stesse persone ad affermare che l'anestesia epidurale non è necessaria, è naturale soffrire al parto!), per cui dal loro punto di vista non valeva neppure la pena di approfondire la cosa: se il gatto di casa può essere anche minimamente collegato alla toxo, va senza dubbio allontanato... perchè quando si resta incinta, la cosa più importante diventa il figlio che arriverà, mentre il tuo gatto diventa immediatamente un sacrificabile orpello. Questo mi ha fatto arrabbiare ma soprattutto riflettere, e così ecco questo lungo, lungo post.

Le coccole al gatto non fanno male a nessuno! Foto di Heikki Siltala su Wikipedia.

Vi rimando infine ad una serie di articoli particolarmente accurati ed equilibrati, che affrontano la questione a mio parere approfondito e non "allarmistico":

mercoledì 4 marzo 2020

"Cat people" di Asako Ushio

Di gattofili è pieno il mondo, lo sono io e anche tanti di voi che mi leggete, ma cosa spinge un'amante dei gatti a diventare una vera e propria gattara (o gattaro)? E chi sono davvero queste persone che dedicano il loro tempo libero e tante delle loro energie al recupero, alla sterilizzazione e alla salvaguardia dei gatti liberi sul territorio? Questa è la domanda a cui l'originale film "Cat People" (traducibile in italiano come "gattari") vuole rispondere. 
La pellicola è un vero e proprio documentario sulla vita dei gattari che si prendono cura di gatti domestici e selvatici, tra il Giappone (nella famosa isola Tashirojima) e i quartieri di Los Angeles, dove lavorano i volontari di Luxe Paws. Nel mostrare le attività quotidiane di cattura, cura e sterilizzazione dei gatti randagi, con lo scopo poi di re-immetterli in salute sul territorio frenando al contempo la sovrappopolazione felina, ci si può immaginare che un "gattaro" sia solo questo: una persona un po' bizzarra, con scarsa vita sociale e famigliare, che preferisce il duro lavoro fatto sul campo (spesso nelle ore notturne), rapportandosi meglio ai felini piuttosto che agli umani. Eppure "Cat People" è un eccellente documentario perchè va ben oltre questo, indagando cosa si nasconde nell'animo umano dei gattari e altrettanto cosa possiamo cogliere nell'animo dei felini di cui si occupano. E le riflessioni che nascono dal nostro rapporto con i gatti (che siano domestici o randagi) sono assolutamente esistenziali e profonde.



Ad esempio: un gattaro è necessariamente una persona che ha voluto/dovuto incanalare il suo mancato istinto genitoriale nella cura dei felini? E davvero si può (o invece non si può proprio) paragonare l'amore per i gatti a quello per i propri figli? Mi è piaciuto tantissimo il modo, delicato, aperto e onesto, di rispondere a questa domanda... perchè non esiste un'unica verità: ciascuno ha la propria e ci possono essere mille sfumature e forme di quel sentimento atavico e potente che è l'amore, ciascuna degna di esistere e co-esistere, senza classifiche. 
E ancora: la sterilizzazione, mostrata in "Cat People" senza alcun filtro edulcorante, è davvero un bene assoluto per i gatti? Il fenomeno del randagismo felino, preoccupante e importante in molte zone del mondo, è contrastabile effettivamente solo con campagne di sterilizzazione a tappeto e senza dubbio questo protegge e tutela la salute delle popolazioni feline... eppure, presa singolarmente, una gatta incinta non suscita forse in ciascuno di noi uno spontaneo sentimento di tenerezza e protezione?
E infine, forse il tema più spinoso e complesso su cui getta luce il documentario: stiamo offrendo davvero la giusta vita ai gatti, rispettosa della loro natura più intima? I mici domestici spesso sono confinati in case e appartamenti che li proteggono certo dai pericoli del mondo, ma sottraggono loro la possibilità di manifestare i loro istinti esplorativi e cacciatori. I gatti randagi, al contrario, si vedono spesso negati cibo sicuro, un tetto sopra la testa e la difesa da pericoli tutti umani (incidenti stradali, ma anche torture e maltrattamenti), ma possono esprimere i loro impulsi felini più vitali. 




Il film, per la regia della nippoamericana Asako Ushio, è disponibile sottotitolato in italiano sulla piattaforma UAM.TV, dedicata ai temi della consapevolezza, del benessere, dell'economia sostenibile, dei diritti dell'uomo e della madre terra... oltre a "Cat People" ci sono un sacco di altri film interessanti, vi consiglio davvero di darci un'occhiata!
"Cat People" è un documentario pieno di sostanza, che suggerisco a tutti coloro che vogliano dare uno sguardo non solo alle vicende dei gattari ma anche porsi qualche domanda su come si è evoluto - nell'ultimo secolo - il nostro rapporto con i gatti. Perchè se è indubbio che tutti noi li amiamo, è allora ancora più importante capire in che modi e maniere quest'amore può concretizzarsi nella nostra e nella loro vita.

lunedì 17 febbraio 2020

La frase del giorno: Sonia Campa

I gatti rappresentano dei ponti eccezionali per affacciarsi ai temi dell'ambiente, dell'ecologia, della psicologia e dell'etica che riguardano la relazione dell'uomo con gli animali non-umani e persino con sé stesso. (...) Il gatto riesce a immergerci in un mare di contatto autentico, primitivo con la natura, pur continuando a cullarci, a trasmetterci attraverso le sue fusa e le sue lusinghe lascive il senso di calore, di affetto, di dolcezza legata al sentimento e alla casa. Il gatto riesce a mettere in comunicazione il mondo dell'uomo di oggi con il resto del sistema dei viventi, aderendo a certe coordinate affettive umane ma, nello stesso tempo, negando l'idea di possesso e di controllo per spingerci verso logiche più ecosistemiche, all'interno delle quali (...) ci sentiamo parte di un disegno complessivo più ampio.
Sonia Campa

Paciocca in giardino

In occasione della "festa del gatto", quest'oggi ho scelto questa bella citazione per rimarcare il valore aggiunto del nostro micio e del rapporto che abbiamo (o potremmo avere) con lui. Spesso tendiamo solo a dargli importanza in quanto amabile, curioso e socievole animale domestico, talvolta addirittura ci dimentichiamo di quanto potenziale "selvatico" abbia ancora e dovrebbe poter esprimere... perchè la possibilità per il nostro gatto di esperire un legame con la natura arricchirebbe tanto lui quanto noi, osservandolo ed eventualmente accompagnandolo in questa dimensione da cui siamo sempre più lontani. 
Tante volte ho riflettuto sul fatto che Paciocca è estremamente fortunata: non solo ha una casa con tutti i confort a disposizione, ma può tutti i giorni uscire liberamente in un ampissimo giardino, dove arrampicarsi, cacciare, esplorare, marcare il suo territorio e sorvergliarlo dai "suoi" posti preferiti. E altrettanto mi sono resa conto di quanto fortunata sia io, a poterla accompagnare nelle sue perlustrazioni, che mi hanno dato spesso occasioni preziose per aprire gli occhi sulla natura che ci circondava: e così ho scoperto funghi, fiori ed insetti, sono diventata testimone della lotta per la sopravvivenza tra piante e parassiti, ho raccolto gusci di uova di uccelli selvatici ormai involati... e quanto altro ancora! Credo fermamente che una parte della mia attenzione, empatia e interesse per l'ecologia, l'ambiente e la natura, sia stata stimolata proprio dalla convivenza con i miei gatti... così importanti per me, seppur così diversi da me: questa è stata una miccia che ha acceso la mia curiosità e sensibilità per anche il resto del mondo vivente.
E così è proprio vero che il gatto, tra i mille pregi che già ha e che oggi festeggiamo come uno dei più amati tra gli animali domestici, riesce in un qualche modo anche a metterci in comunicazione non solo con lui stesso, ma anche con il resto della natura, dandoci modo di sentirci parte di un unico, meraviglioso ecosistema. O per lo meno, questo sarebbe l'ideale rapporto da ricercare con il nostro gatto, oltre le coccole, le fusa, il piacere che proviamo nel prenderci cura di lui.
Troppo spesso, in questi ultimi decenni, ho avuto l'impressione che il nostro rapporto con gli animali "da compagnia" (forse addirittura più nel caso del gatto che del cane, con il quale siamo in un qualche modo "obbligati" a ritrovarci all'aperto per le passeggiate) stia diventando sempre più "snaturato", nel senso che lo esperiamo semplicemente tra le quattro mura domestiche, dove il micio riesce a manifestare pienamente solo una parte dei suoi istinti e della sua "vera anima". E questo impoverisce il felino ma parimenti l'uomo, che si riduce a considerare l'animale solo come una propria "propaggine", dimenticando la grandezza e la meravigliosità della natura all'esterno.
Certo mi rendo conto che la possibilità di fare uscire all'aperto il proprio gatto non è per tutti, eppure allora mi viene da dire che - in ogni caso - dovremmo cogliere al volo l'occasione del rapporto con lui, con un animale non-umano, con il quale comunichiamo in modi e maniere non certo principalmente verbali, dovrebbe darci la spinta per aprirci alla natura tutta, alle creature viventi che ci circondano e all'ecosistema che andiamo ad occupare... perchè il nostro gatto, se potesse, ce lo dimostrerebbe in maniera mirabile, che tutto è connesso e che, per quanto si possano amare i confort casalinghi, esiste anche una dimensione di libera naturalità da cui discendiamo e che non possiamo rinnegare. 
Sarebbe bello che questa "festa del gatto", oltre che i video simpatici su youtube e facebook, diventasse anche l'occasione per ricordarci questa "potenzialità ecosistemica" del nostro micio: uno dei doni più preziosi che potrebbe farci, oltre al suo amore che già sperimentiamo ogni giorno.

giovedì 9 gennaio 2020

Il "Crazy Cat Cafè" a Milano, una bella esperienza!

Durante le feste natalizie ho fatto una "toccata e fuga" a Milano, città bellissima ma affollatissima, che si fa senz'altro ricordare non solo per le sue più celebri attrazioni turistiche, ma anche per le sue mille opportunità in più, rispetto a tante altre città italiane. Oggi infatti vi voglio raccontare del "Crazy Cat Cafè", il primo "bar dei gatti" della Lombardia! L'idea arriva dal Giappone, dove i locali che abbinano consumazioni al bar alla compagnia dei gatti sono già diffusi da tanti anni... però c'è modo e modo di importare e sviluppare lo stesso concetto, e devo dire che i gestori del "Crazy Cat Cafè" a mio parere hanno fatto centro al 100%!

Mina, la micia-diva sempre in vena di farsi fotografare, sulla sua poltrona!

Come vi dicevo, l'idea è nota: un bar (dove è possibile gustare dolci, caffè, cioccolata calda, ma anche pranzi veloci, brunch e aperitivi, negli orari giusti), nel quale la sosta ristoratrice viene allietata dalla presenza felpata ed elegante di ben nove gatti.
Primo punto azzeccato: i nove felini del "Crazy Cat Cafè" sono tutti rigorosamente trovatelli, adottati da alcune associazioni di volontariato che si occupano di gatti abbandonati e in cerca di famiglia. Tant'è che abbiamo ad esempio Joey, panterino tripode (ha perso la zampa in una tagliola), oppure Freddie, che ha perso un occhio per un'infezione.
Ma la cosa più bella è vederli in azione nel locale: sono tutti nove micioni che scoppiano di salute, dal manto folto e lucente, in grande forma e con un temperamento perfetto per essere le star incontrastate del bar... socievoli e disponibili al contatto umano quel tanto che basta per sentirsi pienamente a loro agio in un locale che si riempie ogni giorno di sconosciuti, ma senza risultare ovviamente troppo invadenti (quale gatto lo sarebbe?). 

Ecco Joey, panterino (o panterone!) tripode
E lui è Jimmy, sembra un certosino in realtà è un europeo trovatello come tutti gli altri!

Nessuno di loro mendica apertamente cibo dai clienti, nè coccole... eppure passeggiano tranquilli tra le sedie e gli avventori, non disdegnano una grattatina sulla schiena, si acciambellano nei posti a loro dedicati, scorrazzano e giocano tra loro (o con i gestori del bar, con cui hanno evidente affiatamento), esplorano il locale grazie a un arredamento estremamente curato e "cat-friendly": cucce, graffiatoi, poltroncine, ceste, ma anche scalette ovunque e mensole appositamente fissate perchè i felini possano usare l'intero locale come fosse una "giungla". E ovviamente, non c'è miglior gioco di questo! E siamo a due punti azzeccati!


Freddie ci osserva dall'alto della sua mensola...
...e non perde occasione per giocare con l'arredamento!

Arrivo subito al terzo punto pienamente conquistato: anche se i gatti hanno pieno accesso al locale dal pavimento al soffitto (ma non alla cucina, dove vengono preparati gli ordini), l'igiene è costante e garantita. Il bar è davvero pulitissimo, merito anche della continua attenzione dei gestori e dei camerieri, e i gatti - avendo tantissime zone a loro consentite - non sentono certo l'esigenza di saltare sui tavoli mentre i clienti bevono la loro cioccolata calda. Al limite, si siedono sulla sedia accanto a voi, come perfetti gentil-gatti!

Ecco Elton che si siede composto ad uno dei tavoli!
 

Infine, ultimo punto completamente a favore del "Crazy Cat Cafè" è il loro "regolamento", che viene lasciato sul tavolo insieme al menù: si tratta di regole di buon senso che ogni vero amante dei gatti conosce bene. Il tutto per assicurare completa sicurezza e benessere ai gatti, che sono sì i padroni incontrastati di questo bellissimo locale, ma vanno anche tutelati da rumori molesti, folle eccessive (infatti nel locale si entra "di numero", o si aspetta che si liberino posti), approcci troppo insistenti che non rispettino la natura del gatto, predatore crepuscolare e grande dormitore per il resto del giorno. Noi ci siamo fermati in questo bar verso le 18.00 di sera e abbiamo trovato i mici tutti piuttosto svegli e vispi, mentre sorseggiavamo la nostra cioccolata calda (in una tazza a forma di gatto!) e un succo di frutta. Probabilmente anche l'orario era propizio per vedere i gatti in attività!

Freddie e Jimmy
Bowie ben acciambellato, osserva sognante le luci di Natale
Credo comunque che nessun vero amante (e conoscitore) dei gatti possa trovare una sola pecca nell'impostazione, nella gestione e nel servizio offerto da questo locale. In internet si leggono alcune recensioni negative o deluse dall'esperienza, ma onestamente mi fanno sorridere quando le aspettative sono di avere gatti a disposizione a tutte le ore del giorno, sempre coccoloni, attivi e disponibili al gioco. Nessun gatto adulto lo è! Del resto è pure legittimo che un locale "innovativo" come questo attiri clienti gattofili così come semplici simpatizzanti, curiosi di vedere com'è un bar dei gatti, ma non necessariamente in grado di apprezzare la vera natura felina.
In conclusione faccio sinceri e profusi complimenti ai gestori del Crazy Cat Cafè, perchè non solo ci hanno fatto trascorrere tre quarti d'ora di vero relax e ristoro, ma anche perchè sono la dimostrazione di come mettere passione, competenza e vero amore nel proprio lavoro faccia la differenza! Se passate a Milano, non perdete occasione di fare un salto in questo locale!

venerdì 6 dicembre 2019

Un labirinto natalizio per il tuo gatto!

Dopo un post "impegnato" e riflessivo sul Natale, quest'oggi vi propongo invece qualcosa di più scanzonato ma sempre in tema... sono andata a scovare un curioso video che vi mostra il micio Pusic alle prese con un bellissimo labirinto natalizio! Un'alternativa all'albero di Natale, che magari darà anche modo di giocare o nascondersi in libertà al vostro gatto...


Certo, dovete comunque mettere in conto che il felide giocherà con le palline anche di questo "palazzo di Natale"! Comunque complimenti all'autore di questo maxi-gioco per gatti (è lo stesso del labirinto di bottiglie d'acqua) che si è dato tanto da fare per allietare il periodo natalizio anche per il suo amico peloso!
Io di solito evito di "antropizzare" gli animali rendendoli partecipi di tradizioni prettamente umane (come ad esempio fare regali natalizi ai gatti, oppure "vestirli a festa" con accessori ad hoc, tipo un collarino rosso...) ma in questo caso è bello essere riusciti a coinvolgere il micio in qualcosa di speciale ma al contempo rispettoso della sua natura: la voglia di esplorare, di nascondersi e di entrare nelle scatole!
E voi, preparate qualcosa di particolare per i vostri animali durante le feste?
Fatemi sapere e intanto buon weekend a tutti!

venerdì 22 novembre 2019

La frase del giorno: Eckhart Tolle

"E' così meraviglioso guardare un animale, perché un animale non ha opinioni di se stesso. Lui è!
Questa è la ragione per cui il cane è così felice e il gatto fa le fusa. 
Quando coccoli un cane o ascolti un gatto che fa le fusa, la mente può fermarsi per un istante e uno spazio di calma sorge dentro di te, un passaggio per entrare nell'Essere."

Eckhart Tolle



Che la chiave della felicità sia proprio il non avere opinioni di sè stessi, nè soprattutto pensieri e preoccupazioni, come i nostri amici animali? Vivere solo il momento presente (che, in fondo, è l'unico nel quale siamo davvero...) e concentrarci prevalentemente sul "qui ed ora"?
Possono sembrare domande ormai banali, anche un pochetto trite e ritrite, ma in realtà trovo che sia sempre più difficile tornare e restare al nostro "qui ed ora", soprattutto da quando, grazie alla realtà virtuale, il "qui" vero e proprio non è più limitato solo al luogo fisico nel quale stiamo vivendo, ma si estende ipoteticamente a tutto il mondo con il quale è possibile essere connessi...
Credo sia impossibile, per un essere umano del terzo millennio, riuscire a sospendere in pianta stabile pensieri, opinioni e preoccupazioni riguardanti sè stessi, ma anche il mondo che ci circonda, il futuro che ci attende e il passato che stiamo lasciando... fa parte della natura umana riflettere, ragionare, forse anche rimuginare, e soprattutto pianificare, progettare e quindi preoccuparsi per il futuro. E, obiettivamente, la realtà della nostra epoca ci dà svariati motivi per essere pensierosi...
Eppure è anche vero che, oggi come oggi, non bastassero le "normali" preoccupazioni ed occupazioni quotidiane, ci si aggiunge un bel po' di rumore inutile e dannoso, quello creato soprattutto dagli stimoli virtuali ed estemporanei dei social network, dalle notifiche di email, messaggi e chat di whatsapp, che ci danno modo di commentare, spesso polemizzare, e comunque interagire quasi costantemente con altre persone, idee, opinioni.
E che gran fatica è, spesso una fatica inutile che ti casca tra capo e collo senza che tu abbia davvero scelto di dedicare il tuo tempo e le tue energie proprio a quell'argomento, a quella tematica, a quella discussione specifica. Si dovrebbe interrompere questo circolo vizioso, limitare la nostra ormai costante connessione internet che ci insegue ovunque sul nostro smartphone, e ricordarci che la nostra mente e il nostro equilibrio intero trarrebbero molto più beneficio da una vita più "disconnessa", più concentrata sul concreto qui ed ora, e per "qui" intendo solamente il luogo fisico che si sta occupando.
Per cui ecco una ragione in più per trascorrere del tempo con il nostro gatto o il nostro cane, meglio ancora se all'aperto per una bella passeggiata in natura... ma anche una mezz'ora di coccole sul divano, senza interruzioni o disturbi di sottofondo, è in grado di rasserenarci, rilassarci, riportarci in contatto con la piacevolezza del vivere solo il "qui ed ora", ritrovando una preziosa calma anche grazie all'affetto del nostro animale e alla naturalezza con cui è bello spendere del tempo insieme.
Il vostro cane e il vostro gatto vivono nella dimensione più importante che ci sia: quella del presente, del momento attuale, nella concretezza del luogo che stanno occupando in quel preciso istante. E dimostrano di saperne godere a pieno, come forse noi stiamo dimenticando sempre più, anche a causa dell'iper-connessione.
Certo, come esseri umani siamo chiamati ad avere anche pensieri lungimiranti, fare riflessioni sulla nostra storia e previsioni sul nostro domani, la nostra profonda auto-consapevolezza è un tratto innato della nostra specie... ma allora è davvero stupido, per degli esseri tanto intelligenti quali dovremmo essere, sprecare tanto tempo e tante energie in chiacchiere vuote, distrazioni perenni, stimoli evanescenti, come quelli che ci arrivano dal mondo virtuale (soprattutto) dei social network.
Se il nostro micio o il nostro cane riescono a dare un sano taglio a queste dannose abitudini, che temo un po' tutti rischiamo di assumere... beh allora, passiamo ancora e sempre più tempo in loro compagnia!

martedì 15 ottobre 2019

La teoria popolare delle bottiglie d'acqua per allontanare i gatti

Popolarmente si dice che i gatti (e pure i cani) sarebbero spaventati o comunque disturbati dalla presenza di bottiglie piene d'acqua esposte lungo i muri, sui davanzali delle finestre o nei giardini e orti: questo semplice rimedio dovrebbe impedire al nostro felino (o canide) di fare i suoi bisogni nelle zone suddette. E così non è infrequente notare, anche nelle città, bottiglie d'acqua in fila esposte fuori dalle saracinesche degli esercizi commerciali, nelle nicchie dei muri, o vicino a vasi e fioriere. Allo stesso modo, in campagna, si possono avvistare le bottiglie negli orti, o vicino ad aiuole fiorite che si vorrebbero proteggere dal gatto di casa, quando alla ricerca di una lettiera all'aperto. 
Le spiegazioni, come in ogni buona credenza popolare, sono le più pittoresche: il gatto sarebbe disturbato dalla luce del sole riflessa nell'acqua, o addirittura dal proprio stesso riflesso che lo farebbe sentire "osservato" e quindi lo farebbe sentire a disagio... quanto ai cani non è dato sapere il tipo di disturbo arrecato, ma di certo una fila di bottiglie impedisce fisicamente di urinare direttamente contro il muro, questo va detto!

Immagine di Ravitave, tratta da Wikipedia.

Vi posso raccontare che un'estate avevamo deciso di impedire alla nostra gatta di saltare su una specifica finestra a piano terra (avevamo appena sostituito la zanzariera e non volevamo "sorprese"), per cui abbiamo avuto la geniale idea di occupare il davanzale esterno (uno dei suoi posti preferiti) con una bella fila di bottiglie. Anche in questo caso devo confessare che l'idea ha avuto successo... certo, ma solo perchè per la mia gatta non c'era più lo spazio fisico dove saltare e appollaiarsi! La felina non ha infatti avuto problemi a posizionarsi sulla parte fissa dello stesso finestrone, proprio accanto alla parte mobile e "zanzarierata" dell'infisso: esattamente accanto alle minacciose bottiglie d'acqua.
Quindi insomma, si tratta in larga parte di una credenza popolare che non ha fondamenti scientifici... ammessa eventualmente anche una vaga diffidenza dell'animale alla prima comparsa delle bottiglie, questa si dissolverà ben presto in una ferma indifferenza in pochi giorni...  e il nostro gatto continuerà a comportarsi esattamente come prima. 
A ulteriore riprova di quanto sia campata in aria questa sorta di "teoria", vi mostro un video che unisce utile e dilettevole: per tutti coloro che avessero voglia o necessità di arricchire la routine del loro micio, ecco un'idea magnifica per stuzzicare il suo bisogno di esplorare l'ambiente... costruire un labirinto con bottiglie piene d'acqua! 


A parte che questo micio bianco e nero è strepitoso, l'ho davvero trovata un'ottima "invenzione" riciclosa che può aiutare il gatto (soprattutto d'appartamento, che non ha la possibilità di uscire e sfogare in natura i suoi istinti) ad annoiarsi meno e tenersi attivo! E... come avete visto, direi che tra gatti e bottiglie d'acqua non c'è poi tutta questa diffidenza! 
Voi che ne pensate? Avete esperienze in merito da raccontarmi? Vi aspetto nei commenti!

lunedì 23 settembre 2019

Il vivere, tra il distaccato e il "promiscuo", con i gatti

Oggi un post forse un po' "scomodo", che sicuramente non mancherà di accendere in voi una ben precisa opinione. Recentemente, per varie ragioni, mi è capitato di riflettere sulle abitudini di vita e di condivisione della casa che si instaurano con il proprio gatto (o i propri animali, più in generale). C'è chi il micio lo fa dormire accanto a sè sotto le lenzuola tutte le notti, chi non fa una piega nel vederlo saltare sul top della cucina, sul tavolo o sui vari pensili, chi invece addirittura gli sbarra stanze della casa "vietate" e gli riserva eventualmente solo le zone "di servizio" (ingressi, magazzini, sgomberi) della propria abitazione. Ora, dove sta la giusta condotta? A mio parere prima di tutto si tratta di capire se il gatto è davvero considerato parte integrante della famiglia, oppure se è un "membro minore" che non può accedere alla sfera (ambientale e affettiva) più intima del nucleo famigliare, ma oltre a questo non basta: servirebbe sempre quella certa dose di buon senso che aiuti a mediare tra necessità igieniche e necessità sentimentali.


Il gatto da cortile "cattura topi"
Questa situazione è oggi sempre meno diffusa, ancora esistente soprattutto nelle campagne e nelle famiglie "di una certa età" con una mentalità antiquata: il felino domestico, adottato con l'intenzione primaria di avere un "cattura topi", viene tenuto solo all'esterno dell'abitazione, nel cortile. Qui gli si può organizzare un giaciglio e un riparo più o meno solido: eventualmente lo si fa entrare in un capanno per gli attrezzi o in un magazzino, oppure gli si prepara una cuccia sotto un portico o una tettoia. Non si tratta necessariamente di una relazione anaffettiva nei confronti del gatto, che pure viene coccolato (in cortile) e nutrito, eppure è la situazione in cui l'animale non fa davvero parte della famiglia - non più di quanto lo farebbero le galline del pollaio, che altrettanto vengono nutrite e messe al riparo durante la notte. 
Si tratta ancora di una visione estremamente "strumentale" dell'animale, al pari di un cane da caccia addestrato unicamente per questo, che spesso trascorre la sua settimana in un box e trova la libertà e la condivisione del tempo con il proprio "padrone" solo nelle infauste battute di caccia del weekend. Che si può dire di questo tipo di rapporto con i propri animali? A mio avviso ci troviamo al limite estremo inferiore per disponibilità affettiva e vero interesse a sviluppare una relazione nei loro confronti. Per fortuna, sono casi sempre meno diffusi, ormai reperti di una mentalità di cent'anni fa.




Il gatto si ferma qui, perchè "sporca"
Siamo ad una piccola evoluzione della situazione precedente: il micio viene adottato con le migliori intenzioni, con l'idea di fornirgli cure, nutrimento e coccole, eppure non viene ammesso a pieno titolo nella vita della famiglia. La questione parte essenzialmente come un problema di "igiene ambientale": si crede - ancora un pregiudizio vecchio di cent'anni - che il gatto sia "sporco" e quindi che non gli si debba concedere pieno accesso a tutta la casa. Gli vengono riservate alcune stanze "di servizio", come ad esempio un ingresso secondario o uno sgombero, il magazzino, una lavanderia... anche in questo caso spesso si tratta di famiglie "vecchio stampo", che risiedono in case di campagna dotate di tante stanze e di tanti ambienti "di lavoro" nella propria abitazione. 
Ma in questo modo la zona più "viva" dell'abitazione, come la cucina e il soggiorno, dove si consumano e avvengono normalmente tutti i momenti più importanti della routine pratica e affettiva famigliare, non viene mai aperta al gatto, che ne resta escluso. L'esilio ambientale comporta di conseguenza anche un esilio sentimentale e relazionale, per cui il micio non può partecipare a quei momenti nella giornata in cui potrebbe dare un proprio apporto fondamentale, andando a costruire con gli umani della famiglia una relazione ben approfondita e sfaccettata. Ad esempio è un gatto che non si accoccolerà mai sul divano per guardare la tv o leggere un libro in compagnia della sua famiglia, nè salirà mai sulla sedia della cucina durante la cena o il pranzo, per seguire - a suo modo - le chiacchiere degli umani. 
La tristezza più grande è data dal fatto che in realtà questa situazione è frutto di un pregiudizio totalmente campato in aria: come se tenere il gatto fuori casa garantisse un'igiene e una salute migliori per i famigliari. Non sono nuovi gli studi che, invece, hanno dimostrato come la presenza di animali nella propria abitazione riesca a stimolare positivamente il sistema immunitario (soprattutto dei bambini), rafforzandolo. Certo, serve buon senso.




Il gatto uno di noi, ma diverso da noi
Questa linea di condotta è quella che fondamentalmente mi appartiene, quella che metto in pratica e, lungi dal dichiarare di avere la verità in tasca, credo sia piuttosto equilibrata tra le necessità igienico-sanitarie e la volontà di instaurare con il proprio animale un rapporto profondo e il più possibile completo, ben integrato nella vita famigliare.
In questo caso, al gatto viene concessa piena libertà di circolare nell'abitazione, nessuna porta gli viene sbarrata nè alcuna stanza vietata, eppure fin dai primi giorni dell'adozione vengono fissati alcuni limiti fondamentali per una convivenza "igienica". Ad esempio, anche se le porte delle camere da letto sono aperte e l'ambiente è sempre accessibile al micio, il letto è off-limits: il gatto non dorme sotto le lenzuola, nè sulle coperte. Allo stesso modo, in cucina il micio può comodamente sedersi e appallottolarsi sulle sedie, ma il tavolo, il top della cucina (peraltro pericolosissimo a causa del piano cottura) e i pensili non devono essere "territorio accessibile" al gatto. 
In questo caso il micio è parte integrante della famiglia, ha l'occasione di partecipare ad ogni momento "conviviale" o meno dei componenti del gruppo e ha la possibilità di accedere interamente a tutta la casa che diventa pienamente anche sua, sapendo però di avere alcuni precisi limiti.
Qual è il trucco? I trucchi sono due:
- Avere l'occasione di adottare un gattino di pochi mesi, per potergli insegnare fin da piccolo queste abitudini di vita (con un gatto adulto, già abituato diversamente, è un'impresa molto più difficile e non sempre producente... e non si può neppure biasimare troppo il micio, qualora continuasse a ripetere atteggiamenti non graditi che però aveva già interiorizzato nella sua "vita precedente");
- MA SOPRATTUTTO: fornirgli sempre le alternative più che adeguate. Non volete che il vostro micio salga sul letto? La soluzione non è sbarrargli la porta della camera da letto (questo equivale per lui ad una sfida ancora più stuzzicante), bensì fornirgli nella stessa stanza un giaciglio altrettanto appetibile (no, di solito non basta un tappeto per terra...), come ad esempio un cesto imbottito, una poltrona "sacrificabile", una nicchia con un pile tutto per lui. Questo vale un po' per tutte le zone della casa: la libertà di andare ovunque, il limite di avere spazi per noi e spazi per lui, condivisi nella stessa stanza. Questo di solito funziona sempre. 

Paciocca sul divano di casa mia
I gatti sono animali estremamente intelligenti e sensibili, in grado di cogliere sottigliezze sorprendenti. Per cui anche i limiti che per me sono fondamentali per una corretta igiene in cucina, su cui non sono disposta a transigere in nome di nessun buon rapporto con il mio gatto, vanno insegnati con buon senso. La mia gatta è abituata al divieto assoluto di salire sui ripiani dei mobili e delle librerie, ma soprattutto sul tavolo e sul top della cucina. Eppure, nel tempo, le è stato invece concesso di salire sulle due scrivanie di mio padre, accovacciandosi volentieri su pile di quotidiani da leggere o documenti vari. Altrettanto le viene sporadicamente concesso di salire sul tavolo del soggiorno (dove talvolta mangiamo) quando c'è forte temporale: è estremamente spavantata e si sente al sicuro solo lì. Lei sa bene che in altre condizioni non le sarebbe concesso, noi sappiamo altrettanto bene che è un'eccezione derivante dalla sua paura. Per cui noi tolleriamo e passato il temporale puliamo il tavolo, e con il bel tempo la nostro micia non si è mai sognata di salirci per capriccio. Come dicevo: buon senso... da parte di uomini e gatti. 
Spendo ancora una parola su questo "regime" vigente in casa mia: mi rendo conto che probabilmente l'equilibrio che siamo riusciti a trovare con la nostra gatta Paciocca deriva anche dalla sua possibilità di uscire in giardino e di sfogare tutta la sua voglia di esplorare, arrampicarsi, farsi le unghie e cacciare nell'ambiente esterno. Un'altra cosa su cui, ad esempio, non sono mai dovuta intervenire, è stato il farsi le unghie sui divani o sui mobili di casa: mai successo, forse perchè è la mia gatta per prima che trova più confortevole grattare la corteccia degli alberi che ha a disposizione. Allo stesso modo, dal momento che Paciocca può arrampicarsi su querce enormi, pioppi e ginkgo biloba, non credo che possa mai trovare una libreria particolarmente accattivante, una volta rientrata in casa. 
Capisco che la cosa possa cambiare nel caso di gatti "unicamente di appartamento", per cui anche in questo caso dovrebbero raddoppiare gli sforzi per fornirgli un arredamento "a sua misura", in modo da rendere ragionevole un eventuale divieto nei confronti di uno specifico tavolo, un tale complemento d'arredo, ecc...

Paciocca si stira soddisfatta sulla scrivania di mio padre

Il vivere "promiscuo" con il proprio gatto
Arriviamo a quello che identifico con l'altro limite estremo: il gatto ha pieno accesso a tutta la casa, condivide con noi tutti i momenti importanti della nostra routine famigliare, ma non incontra neppure un divieto. Per cui il micio dorme sotto le coperte con i propri famigliari, può tranquillamente saltare e accedere ad ogni piano e arredo disponibile, compresa la cucina. Ho assistito di persona a gatti che stavano tranquillamente appollaiati sul top della cucina o sul tavolo da pranzo, mentre il resto della famiglia preparava da mangiare a poche spanne di distanza o apparecchiava senza troppi problemi, oppure persone che prendevano the e biscotti con il micio adagiato sulla tovaglia vicino alla zuccheriera. Generalmente questo atteggiamento si riscontra soprattutto nelle famiglie che adottano un gatto e lo possono tenere solamente in appartamento. In parte diventa una necessità concedergli la totale libertà, soprattutto nel caso di famiglie lavoratrici (come ormai quasi tutte) che trascorrono buona parte della giornata fuori casa e quindi non possono davvero "controllare" le azioni del gatto, che con buona pace diventa il padrone solitario e incontrastato dell'abitazione per tante ore... in parte, secondo me, ci si "nasconde" dietro alla scusa che "tanto il gatto non esce, è pulito". Da "è sporco" a "è pulito": da un estremo all'altro. 
Un gatto non è nè sporco, nè pulito: è un gatto.
Ora, comunque voi la pensiate, anche se è certo che un animale che può cacciare topi, lucertole e uccellini verrà a contatto con tanti più batteri, parassiti e microrganismi, è altrettanto certo che anche i gatti di appartamento defechino e - dato che non hanno altro modo - si puliscano con la stessa lingua con cui si puliscono il resto del mantello e delle zampe. Per cui quando io vedo un gatto d'appartamento traquillamente seduto sul tavolo dove poco dopo si mangerà, o un micio che cammina placidamente sul top della cucina e si "snuma" sul rotolo di carta assorbente, sapendo che prima ha camminato per terra dove io stessa ho camminato con le mie scarpe fatte di mondo, mi dispiace ma non riesco ad approvarlo. 
Per carità: sono convinta che non sia mai morto nessuno, nè probabilmente nessuno morirà mai, facendo dormire il gatto sotto le proprie lenzuola (e credo anche che sia una sensazione molto bella!) o facendo camminare il micio sulla propria cucina... però trovo anche che sia un eccesso di "promiscuità" che non va assolutamente ad aggiungere niente all'intimità e alla solidità relazionale con il proprio gatto.  



E voi come vi comportate? Siete riusciti a instaurare con il vostro gatto una serena convivenza, oppure ancora dovete battagliare per insegnargli determinate abitudini? E ancora: rinuncereste mai a dormire con il vostro micio in nome dell'igiene, oppure credete che non debba esserci limite alla condivisione fisica e affettiva con il vostro animale? Spero che questo post, nel quale mi sono apertamente schierata a favore di una specifica posizione, possa essere occasione di confronto e riflessione. Raccontatemi tutto!