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martedì 11 agosto 2020

Adottare un cane, con un gatto in famiglia

Cari amici, oggi vi propongo un'intervista che è insieme un autentico racconto di vita e pure una piccola guida da cui prendere spunto, per affrontare positivamente l'adozione di un cane, introducendolo in una famiglia in cui è già presente un gatto. La voce è di Filippo, affezionato e storico lettore di questo blog, nonché amico, che avete già conosciuto grazie ai post dedicati alle sue gatte Alice, Maud e Dinah, ma anche ammirando le sue splendide foto della Borgogna, dal momento che vive in Francia.
Filippo e il suo compagno Olivier hanno da poco adottato il cucciolone Archibald, facendo del loro meglio perché fosse accettato anche dalla loro micia Dinah (e dalla tartaruga Platone!).
Che altro dire? Vi lascio alle sue parole e spero apprezzerete come me la sua onestà, sensibilità e giudizio nel affrontare una situazione potenzialmente delicata e destabilizzante quale l'introduzione di un cucciolo di cane in una famiglia già "dotata" di gatto. Buona lettura!

 

Dinah la gatta e Archie il cucciolo!

Come è maturata la decisione di adottare un cane, dopo tanti anni passati solo in compagnia di gatti?
Io sono un gattofilo, da sempre e per sempre, ma i cani mi sono sempre piaciuti. Quando ero studente ho fatto un po’ il dog sitter, e inoltre mio zio aveva un border terrier (si chiamava Jim) di cui mi sono spesso occupato.
Mi è sempre piaciuto fare trekking e da quando ho la fortuna di avere una casa in campagna (cinque anni) faccio anche lunghe passeggiate nei boschi nei fine settimana. L’idea di un cane che mi accompagnasse in queste escursioni mi piaceva, ma avevo paura che fosse un impegno troppo grande per me nel mio quotidiano in città. È inconcepibile immaginare la mia casa e la mia vita senza un gatto, ma il cane mi pareva una sorta di “bonus” da aggiungere a tempo debito. Sapevo che un cane sarebbe un giorno arrivato ma non sapevo quando. Due anni fa ho incontrato il mio attuale compagno, anche lui amante degli animali e della vita all’aria aperta. Era d’accordo sull’adozione di un cane “più tardi”, ma con i nostri tre gatti (due mie e uno suo) che viaggiavano con noi tra Parigi e la campagna e una tartaruga (che è in pianta stabile in campagna) non ci sembrava davvero opportuno per il momento. Purtroppo, l’inverno scorso una delle mie gatte è morta di vecchiaia, e il micio del mio compagno è stato portato via da un tumore. Siamo rimasti con la mia gatta Dinah e la tartaruga Platone e abbiamo iniziato a riparlare del cane. E una volta che un’idea entra in testa, è davvero difficile buttarla fuori, almeno per me!  Il mio compagno lavora spesso da casa, e comunque il suo ufficio è a cinque minuti da casa nostra. Io lavoro più lontano ma ogni tanto anche io sto a casa a lavorare. Ci siamo informati sulla possibilità di muoversi con un cane nei mezzi pubblici e abbiamo entrambi parlato con i nostri rispettivi colleghi chiedendo se fossero stati d’accordo con la saltuaria presenza di un cane in ufficio. Erano tutti entusiasti. Superati questi scogli organizzativi, abbiamo deciso di lanciarci nell’avventura, approfittando del fatto che l’isolamento avrebbe permesso di dedicare molto tempo all’educazione di un cucciolo.

 
In che modo vi siete orientati fino ad arrivare a scegliere proprio Archibald?
Io ero sopratutto preoccupato dalla convivenza con la gatta e con la tartaruga e volevo un cane senza troppo istinto predatorio. La decisione iniziale era quella di adottare presso un’associazione una femmina di taglia medio piccola, adulta, il cui carattere fosse compatibile con la presenza di altri animali.
Volevo adottare in un’associazione per dare una seconda possibilità a un animale sfortunato, una femmina perché mi preoccupava la vita in città con un maschio che fa pipì ogni 3 metri e si ferma ad annusare ogni marcatura di possibili “rivali”, di taglia medio-piccola perché più facilmente gestibile negli spostamenti e adulta perché i cuccioli sono davvero molto impegnativi e presentano più incognite di un cane con un carattere già definito. So che quest’ultima decisione può sorprendere alcuni. Molti si fermano al cliché dei cani adulti nei canili “traumatizzati e problematici”, ma in realtà i motivi per cui un cane finisce in un rifugio sono tanto numerosi quanto i cani stessi. Ognuno ha la sua storia e se l’associazione è seria i volontari sanno benissimo consigliarti sul cane più adatto alla tua vita. 
Una obiezione che mi è spesso stata fatta era “ma un cucciolo lo educhi come vuoi tu” e a me questa frase è sempre sembrata soprattutto molto presuntuosa: non è possibile fare “quel che si vuole” di un essere vivente. Il carattere del più malleabile dei cuccioli presenterà sempre una grande parte di unicità e individualità che la più rigorosa delle educazioni non potrà mai cambiare. Se si possono insegnare molte cose a un cucciolo, nessuno potrà mai insegnargli ad essere... ciò che non è. 
Purtroppo, nonostante tutte queste buone intenzioni, niente è andato come previsto: l’isolamento e le conseguenti misure sanitarie hanno reso impossibili le visite ai rifugi, la procedura di adozione in questo contesto era diventata quasi impossibile e gli stessi volontari ci hanno sconsigliato di intraprendere una strada difficile e carica di troppe incognite per due “neofiti canini” come noi. 
A malincuore, e con un po’ di senso di colpa, ci siamo incamminati verso decisioni più convenzionali : abbiamo cominciato a valutare quale razza (che brutta parola) fosse la più adatta a noi e a una vita divisa fra una grande città e i fine settimana in campagna e alla convivenza con una gatta e una tartaruga. Alla fine, la scelta è caduta sul golden Retriever, la cui indole sembrava corrispondere al nostro stile di vita. 
Abbiamo cercato di non farci influenzare dalle caratteristiche estetiche (anche se un po’ è inevitabile!) ma di selezionare un cane con cui vivere una bella “prima esperienza canina”. Abbiamo parlato con tanti allevatori, e L’allevatrice che ci ha convinto di più aveva due cuccioli maschi disponibili. Dopo qualche esitazione (avevamo detto femmina!) abbiamo deciso di prenderne uno e seguendo le indicazioni dell’allevatrice abbiamo scelto il più introverso e dolce dei due. 
E così, abbiamo adottato Archibald, un cucciolo maschio di razza di taglia medio grande. L’opposto di quel che avevamo deciso 😊!
 
 
 
Come avete gestito e organizzato i primissimi giorni dall'arrivo a casa del cucciolo, in relazione alla vostra micia? 
Un mese prima dell’arrivo di Archibald abbiamo spostato le ciotole di Dinah, che erano posizionate per terra in cucina vicino al lavello. Le abbiamo messe in un luogo inaccessibile per il cucciolo, sopra un mobiletto della cucina. Inoltre, abbiamo messo altre ciotole su un mobiletto in camera, perché la gatta potesse scegliere dove bere e mangiare senza incontrare il cane.
Quindici giorni prima dell’arrivo del cucciolo, abbiamo cominciato a posizionare il cesto dove questo avrebbe dormito e le ciotole dove avrebbe mangiato e bevuto. Quella dell’acqua è stata riempita da subito, perché Dinah la potesse usare  se avesse voluto. 
L’obiettivo era di dare a Dinah nuove abitudini senza che le collegasse all’arrivo del cane, cosa che l’avrebbe ulteriormente scombussolata. 
La lettiera era già posizionata in un posto strategico: dentro una cassapanca, accessibile tramite una gattaiola posta su un lato. A prova di qualsiasi cane!

Come ha reagito Dinah inizialmente? E come sta andando via via la convivenza tra i due?
Ero molto preoccupato perché Dinah è la più paurosa e timida dei gatti che ho avuto. Certo è più presente e sicura di sé da quando è diventata l’unica gatta di casa, ma resta sempre un animale molto riservato con gli estranei e diffidente nei riguardi di qualsiasi situazione nuova. È ben diversa da Maud e Cosmo, che si imponevano di più. 
Senza far generalizzazioni, l’inserimento di un cucciolo in una casa dove vive un gatto è sempre più problematico di quello di un gattino in una famiglia dove c’è un cane. In quest’ultimo caso, se il cane non è un cat-killer, il buon esito dell’inserimento è praticamente scontato : i gattini considerano i cani come enormi montagne da scalare, piene di appendici a cui aggrapparsi e con cui giocare. E i cani accetteranno con entusiasmo il ruolo di balia del micino.
Nel caso contrario invece, difficilmente un animale abitudinario e silenzioso come il gatto accetterà immediatamente la presenza di un cucciolo irruente, vivace e maldestro. 
Per fortuna, l’arrivo di Archie non ha terrorizzato Dinah come mi aspettavo. Era spaventata certo, ma non si è nascosta negli armadi come fa di solito quando qualcuno -umano o cane- entra in casa: ha preferito osservare Archie dall’alto dei mobili o da dietro le poltrone. Inizialmente chiudevamo Archie in cucina per la notte, ma adesso abbiamo smesso ed entrambi sono liberi di dormire dove vogliono, anche se poi di fatto ognuno dei due ha conservato la propria postazione : Dinah ai piedi del letto e Archie nella zona giorno. 
La cosa più dura da accettare è stata che Dinah si allontanasse temporaneamente da noi: c’è stato un momento in cui lei ha dovuto raccogliere nuove informazioni sulla situazione che stava vivendo. Stava molto in disparte, passava tanto tempo fuori casa, tornando essenzialmente per mangiare e dormire.
Noi cercavamo di non escluderla mai da nulla, ma non era facile: Archie era sempre incollato ai nostri piedi! Per qualche giorno è stato faticoso far riterrete Dinah in casa la sera : ci osservava dal bordo della terrazza, rifugiandosi sui tetti appena noi ci avvicinavamo.
 
 
 
Abbiamo capito che, poiché Archie è molto rispettoso verso Dinah, la cosa migliore da fare era non mettersi in mezzo, per far capire a lei che “noi siamo noi, e il cane è il cane”. Dissociandoci da lui, Dinah è tornata ad essere quella di sempre.
 
 

Certo è ancora un po’ contrariata dalla sua presenza, ma con noi è proprio la stessa di prima. 
Di fatto, lo ignora quasi sempre, anche se quando entra in una stanza la prima cosa che fa è verificare la sua posizione. 
 
 

Lui invece è intrigato dalla sua presenza: lo vedo spesso osservarla mentre sono entrambi in giardino, oppure mentre lei si pulisce o dorme.
La osserva anche mentre caccia.
 
 

L’altro giorno ero uscito per delle commissioni e al mio ritorno ho trovato Archie sistemato vicino al divano dove Dinah stava già dormendo quando ero uscito di casa. Ho trovato molto dolce il fatto che lui avesse preferito la vicinanza della gatta, seppure poco amichevole, alla completa solitudine. 



Quanto è impegnativo gestire un cucciolo di cane?
Tantissimo! Ma proprio tantissimo!!! Il primo mese è stato estenuante: seguendo i consigli dell’allevatrice, mettevo la sveglia per portarlo fuori anche di notte, perché imparasse più in fretta le regole di pulizia. E ciò nonostante non era sufficiente a evitare incidenti. Un cucciolo necessita di una sorveglianza praticamente continua, per 1000 ragioni. Bisogna essere severi, premiare e scoraggiare quasi in continuazione. Non ci si possono autorizzare neanche tutte le dimostrazioni di affetto di cui si avrebbe voglia. Un cagnolino che ti salta addosso per salutarti fa tenerezza, ma bisogna pensare che quello stesso cane presto peserà almeno 35 kg...
Bisogna proibire da subito l’accesso a letti e divani, bisogna scoraggiare ogni effusione troppo brusca... e non è sempre facile, un po’ perché i cuccioli fanno tenerezza, un po’ perché a volte si è veramente stanchi di dire “no, giù, basta” tutto il giorno. 
E poi gli incontri con gli altri animali, l’insegnamento a stare al guinzaglio, a non mangiare le cose trovate per terra, a non elemosinare a tavola... tutto, ma proprio tutto deve essere riflettuto, valutato, non soltanto per la situazione presente, ma in prospettiva: anche se sul momento si può dire “va bene così, non è grave” bisogna pensare a quella stessa situazione con un cane adulto e chiedersi se saremo ugualmente in grado di gestirla. Per esempio un cucciolo che tira al guinzaglio è una cosa, ma un cane adulto è un’altra... oppure i bisogni : Archie ha imparato presto a non farli in casa, ma per lui non era facile capire che giardino e terrazzo, che lui legittimamente considerava “esterno” per noi invece continuano a essere “casa”. E sul momento si può avere la tentazione di lasciar perdere, dirsi che è già un grande successo non dover pulire più il pavimento del salotto... ma i bisogni di un cagnolino sono una cosa, i bisogni di un cane adulto... sono un’altra storia. 
 Confesso che eravamo un po’ scoraggiati a momenti, soprattutto io perché avendo più tempo libero mi occupavo tantissimo di Archie. In certi momenti è inevitabile chiedersi “ma chi me l’ha fatto fare?”. 
Nelle settimane le cose sono migliorate tantissimo, Archie impara in fretta e bene, si direbbe che “agire correttamente” è importate per lui quanto lo è per noi. 
Non ho mai sgridato i miei gatti (ne lo farò mai) perché ad un gatto manca totalmente lo “spirito di squadra”: farà una determinata cosa perché lo fa star bene e non per “far piacere”. Un divieto genererà in lui soltanto frustrazione, ansia e diffidenza nei confronti di chi lo impone. Con un cane è diverso: lo stesso fatto di “far bene” è per loro fonte di soddisfazione, come lo è la lode e la ricompensa che che ne consegue. Ci si può quindi permettere di domandare un po’ di più a un cane, e di essere un po’ più severi 
Pensando alla differenza della vita con un gatto, direi inoltre che si hanno priorità opposte. Con Dinah, siamo sempre attenti a curare e a mantenere i legami che abbiamo creato, e incoraggiamo praticamente qualsiasi interazione che lei decide di avere con noi. Siamo coscienti di come questi legami vadano preservati e rinnovati ogni giorno, pena un allontanamento da parte sua che ci rattristerebbe moltissimo; con Archie, non facciamo altro che monitorare è incanalare queste interazioni, stando attenti che la sua presenza non prenda troppo spazio. 



Quali sono gli aspetti più positivi di quest'adozione canina?
La cosa più bella è che vivendo con un cane sto imparando una nuova lingua, quella dei cani appunto, che non è meno sfumata e ricca di quella felina, anche se forse è un po’ più facile da imparare, perché più esplicita.
Un’altra cosa, che esula dal cane in sé ma che mi piace tanto : passeggiando con un cane, incontri e parli con un sacco di persone, proprietari di cani e non ! Per me, che sono così socievole, è davvero una cosa divertente.
E poi c’è il fatto di poter portare Archie dappertutto, sopratutto adesso che siamo in vacanza : dagli amici, al ristorante, in macchina, al lago, al fiume, nel bosco... Quello che a lui importa è stare con noi. Cerchiamo di fargli fare un sacco di esperienze, ma stiamo anche attenti a non stancarlo e stressarlo. Compirà 4 mesi il 20 agosto !
È anche bello il tipo di affetto che da e chiede, così diretto e diverso da quello di un micio, fatto spesso di sguardi e di momenti di inattività insieme. 
Con un cane “fai” più cose, ma non sto dicendo che i cani sono migliori intendiamoci! Se la condivisione è maggiore, direi che è più una questione di quantità che di qualità. Anzi, secondo me la qualità del tempo passato con un gatto non ha pari! 
Come dicevo all’inizio dell'intervista la mia passione sono sempre stati i gatti, da sempre, anche se non mi piacciono i paragoni tra gli animali. 
C’è però un detto: “chi ama i gatti ama tutti gli animali, mentre chi ama i cani ama solo il proprio cane”, e in effetti, tante volte mi sono trovato a discutere mio malgrado con cinofili convinti che snocciolavano senza interruzione le prove di fedeltà, intelligenza e lealtà dei loro cani (che a me sembravano un po’ numeri da circo in realtà 😉).  Di fronte a questi discorsi mi facevo quasi un dovere di difendere i miei gatti e il loro modo d’essere, ma mi veniva sempre risposto “è solo perché non hai mai vissuto con un cane”. Frase di fronte alla quale non era possibile ribattere, perché era la verità. Oltretutto, i contro argomenti di un gattofilo sono sempre debolucci per la mente di un amante dei cani, perché l’amore dimostrato da un gatto è fatto di piccolissimi gesti, posizioni del corpo, stati d’animo. Niente a che vedere con le effusioni senza ritegno dei cani! E oltretutto la relazione con un gatto si sviluppa totalmente al riparo da sguardi altrui, nell’intimità della casa e del giardino, quando solo “gli eletti” nel cuore del gatto di casa sono presenti.
L’amore dei gatti è un mistero assoluto per chi non lo vive in prima persona. Ad un occhio esterno e poco avvezzo ai codici felini, tutti i gatti sembrano uguali. 
 
Ora che Archie fa parte della nostra famiglia, amato, coccolato e vezzeggiato a dovere, all’ennesimo amico/conoscente/familiare/vicino di casa che mentre gioca estasiato con il mio cucciolo mi chiede “allora, adesso che c’è Archie riconosci anche tu che i cani sono davvero fantastici?”, posso rispondere senza paura di repliche saccenti “sì, lo sono, ma continuo a preferire i gatti”, e godermi lo stupore oltraggiato del cinofilo deluso. 😊

giovedì 25 gennaio 2018

L'adozione singola: considerazioni per chi vuole adottare un solo gatto

"I gatti sono come i pasticcini. È difficile fermarsi a uno solo."

Oppure ancora: "I gatti sono come le ciliegie... una tira l'altra!", ma la sostanza non cambia: chi vive con un gatto, non vede l'ora di averne almeno due! Perchè, come abbiamo già detto a proposito dell'adozione di coppia, nel momento in cui si decide di adottare un micio, accoglierne due cambia ben poco in termini di "impegno", mentre aggiunge solo il doppio dello spasso, dell'amore e delle fusa alla vita condivisa!

Sheila e Kelly, adottate al Gattile di Ferrara

Frasi scherzose e giochi di parole a parte, va detto che oggi è necessario fare qualche considerazione specifica in merito alle adozioni singole, soprattutto a partire dalle nostre abitudini (o obblighi) di vita. Spesso chi si informa per adottare (magari alla sua prima adozione), parte dalla ferma convinzione che sia meglio "iniziare" con un solo gatto, per poterlo gestire nel migliore dei modi. Eppure... eppure le variabili da valutare sono tante, lo sappiamo: l'età e il temperamento del gatto, così come le caratteristiche della famiglia umana in cui si introdurrà il felino, ma soprattutto le abitudini quotidiane degli adottanti e le possibilità che si offrono all'animale in termini ambientali. Il micio avrà a disposizione un appartamento con balcone, un bilocale, una casa, o ancora una villetta con l'accesso ad un giardino "sicuro"? Avrà la possibilità di "svagarsi", ossia di vivere una vita propria con stimoli che soddisfino la sua intelligenza e curiosità, indipendentemente dalla presenza dei suoi umani di riferimento nel corso della giornata? Questa è la domanda fondamentale da porsi, per decidere se l'adozione migliore sia singola o di coppia.

Ingrid e Isabella, micie in attesa di adozione per "A Coda Alta"

Non è un fatto secondario il nostro vivere sempre più spesso fuori casa, uscendo al mattino e rientrando solo alla sera... immaginate allora di adottare un solo gatto che, nonostante sia dormiglione e pigro, non passerà propriamente la sua intera giornata a dormire. Per quanto possano apparire indolenti, i gatti sono animali istintivamente cacciatori, curiosi, con un gran bisogno di sfogare le loro energie in determinati momenti della giornata. Immaginate di adottare un solo micio, convinti che sia più "responsabile" l'adozione singola proprio perchè state fuori casa tutto il giorno. Ebbene, è esattamente il contrario! Il gatto (in particolare se adulto e ancora nel pieno delle sue energie), chiuso da solo in un ambiente domestico privo di stimoli "vivi", senza la possibilità di uscire in natura, svilupperà in breve tempo un senso di noia mortale. La noia quotidiana nel gatto giovane e adulto è un fatto da non sottovalutare, poiché negli anni può trasformarsi in aperta frustrazione e in comportamenti devianti (aggressività inspiegabile, episodi di "marachelle" come escrementi in giro per casa, ecc.), ma anche in problemi più comuni come l'obesità e le patologie connesse. Credetemi: un appartamento "disabitato" per tutto il giorno, per un gatto sarà sempre più piccolo, avvilente e opprimente che non lo stesso identico appartamento, da condividere con un altro gatto. Li avete mai visti due gatti insieme, infatti? Corse a perdifiato, giochi, finte liti, battaglie e sessioni di nascondino, così come dolcissimi momenti di reciproche coccole e "grooming", per poi riaddormentarsi accoccolati insieme.


Quanto all'impegno e ai costi necessari per il "doppio" dei gatti, ribadisco quanto ho già avuto modo di dire più volte: se si è disponibili e seriamente intenzionati ad adottare un solo gatto (con tutto ciò che questo comporta), adottarne due non implica certo dover aprire un mutuo, nè scombinare le finanze famigliari solo perchè si aggiunge un felino in più. Anzi, adottandone due, darete la possibilità al vostro iniziale "gatto unico" di vivere una vita più piena e salutare, meno monotona e a rischio di frustrazioni. La vita contemporanea spesso è una grande ruota "macinatutto", nella quale rischiamo di essere stressati, nevrotici, incapaci di seguire le nostre naturali inclinazioni a fronte di obblighi lavorativi, economici, sociali. Che ne dite allora di risparmiare almeno ai nostri gatti questa tendenza, se possibile? Ecco allora che la frase d'apertura non vuole essere semplicemente una battuta spiritosa: in determinati casi, due gatti vanno davvero immaginati come due pasticcini o due ciliegie! 
E voi cosa mi raccontate? Tanti dei miei lettori hanno due gatti: lascio a voi la parola, perchè mi raccontiate come siete arrivati alla decisione di adottare una coppia, invece di un micio singolo!

lunedì 25 dicembre 2017

Il Natale in famiglia del gatto Kozal!

Cari amici, buon Natale a tutti voi! Per concludere al meglio l'anno su Rumore di Fusa, ma anche per condividere con voi il senso di una festa che mette al primo posto l'amore e l'accoglienza in famiglia, eccovi una storia speciale... una storia veramente accaduta, un piccolo miracolo che in realtà può avvenire in ogni parte del mondo, tutti i giorni dell'anno, trasformando (in meglio) tutte le vite dei protagonisti. Si tratta dell'adozione di un gatto abbandonato, scelto dopo mesi di permanenza forzata in un rifugio, ignorato dai più... mesi che rischiavano di trasformarsi in una condanna a vita, perchè il gatto protagonista della storia ha ben 16 anni, un'età che ha reso la sua adozione una scommessa difficile vincere. Eppure, per fortuna, su questa Terra c'è anche chi comprende e si fa conquistare dallo sguardo afflitto di un gatto anziano in un rifugio, un micio che per sette mesi si è visto "sorpassato" da tanti altri gatti senza comprendere perchè... una creatura che, dopo una vita lunga, mai potrebbe capire la ragione del terminare i suoi giorni in un rifugio, solo con sé stesso. Ma il lietissimo fine c'è stato, per Kozal, ed eccolo a voi:



Il gatto Kozal è stato affidato, in cerca di adozione, al National Adoption Centre dell'associazione inglese Cats Protection, nel Sussex. Probabilmente a causa dei suoi 16 anni, per sette lunghi mesi è rimasto ad attendere qualcuno che volesse adottarlo, nonostante fosse un bel gatto pieno di vita... guardatelo nel video del suo appello:



Una vitalità mica male per un gatto anziano, no? Kozal stava però perdendo le speranze di rientrare in una famiglia, finchè i suoi attuali adottanti, Jill Cash e il marito, hanno scelto proprio lui all'inizio di dicembre! Sul sito dell'associazione Cats Protection si leggono alcune parole della coppia: "Abbiamo adottato Kozal perchè aveva quell'aria desolata sul suo musetto e volevamo solo dargli un posto caldo e sicuro dove trascorrere i suoi anni da pensionato". Un bellissimo gesto, un reciproco dono di Natale per questa famiglia e per il gatto Kozal, che passerà al caldo e ben coccolato non solo queste festività, ma tutto il resto della sua vita! Davvero un Buon Natale.

mercoledì 29 marzo 2017

Adottare animali a beneficio dei propri bambini: una scelta su cui riflettere

I tempi cambiano, le idee mutano e così anche le consuetudini nel nostro rapporto con gli animali domestici, nel bene e nel male. Circa venticinque anni fa ricordo ancora mia madre che, alle mie richieste da bambina sull'adottare un gatto, mi rispondeva "No, sporca troppo" (naturalmente poi abbiamo adottato più di un gatto, in barba alle sue scuse). Conosco famiglie che per anni hanno evitato di accogliere un micio, per timore che questo fosse fonte di germi o allergie per i bambini; oppure casi in cui, dopo aver introdotto un gatto nel nucleo famigliare, questo non fosse poi ammesso in casa proprio in quanto considerato "sporco" e veicolo di microbi. Negli ultimi decenni queste convinzioni sono mutate radicalmente e anzi, dopo un periodo di vera e propria demonizzazione del cane e del gatto quali fonti di potenziale pericolo, germi e sporcizia, si è passati forse all'estremo opposto. Oggi i cani dormono con noi nella nostra camera da letto e i gatti zampettano tranquillamente sui ripiani della nostra cucina: è sparita completamente la preoccupazione per la loro "sporcizia" e si è passati alla visione dell' "animale-vaccino", soprattutto in relazione a bambini piccoli e piccolissimi. Secondo alcuni studi infatti, tenere un cane o un gatto stimolerebbe in modo blando il sistema immunitario e preserverebbe così dallo sviluppare le allergie, in particolare in certe fasi dello sviluppo. E da qui siamo passati quindi a tutta una corrente di pensiero che vede il cane o il gatto adottati quasi solo per questo scopo: "perchè fanno bene" al neonato o al bambino, così come a noi. 


Ma è giusto adottare un animale in virtù di queste sue "potenzialità terapeutiche"? Ovviamente la risposta che mi sento di dare è, almeno parzialmente, negativa: non dovrebbe essere la motivazione primaria che porta una famiglia a visitare un gattile o un canile. Oltre alle ragioni più marcatamente sanitarie, ci sono poi altri motivi vagamente "di moda" che inducono una famiglia ad adottare un animale sempre "per il bene del pargolo": la presenza di un animale da compagnia sarebbe infatti importantissima per le future relazioni del bambino, il quale imparando a rapportarsi con un cane o un gatto, svilupperebbe intanto empatia, sensibilità e apertura mentale. Il che è tutto vero, naturalmente, ma andrebbero fatte alcune precisazioni in merito, per evitare di scadere in una pericolosa filosofia spicciola: non basta adottare un cane o un gatto perchè il bambino cresca magicamente empatico, rispettoso e mentalmente aperto agli altri, anzi. Adottare animali in presenza di bambini piccoli e molto piccoli implica piuttosto un serio (e meraviglioso, intendiamoci) "lavoro" con il bambino, affinchè questo non consideri istintivamente il cane o il gatto l'ennesimo gioco a sua disposizione, ma un'altra creatura con cui costruire una relazione di rispetto, affetto, complicità e responsabilità. Affiancare un animale domestico a un bambino piccolo, senza poi curarsi di "educare" il loro rapporto, potrebbe invece implicare spiacevolissime sorprese per il piccolo umano, ma anche stress quotidiano per l'animale. Consideriamo infatti che i bambini (in particolare tra i 3 e i 5 anni) possono avere comportamenti imprevedibili e sono sicuramente inconsapevoli delle esigenze reali di un animale domestico, in particolare del gatto, molto più "lunatico", indipendente e istintivo del cane. Ci vuole quindi buon senso nell'adozione e tempo a disposizione per curare i rapporti all'interno della propria famiglia "allargata", per tutelare il bene sia dei bambini che degli animali. 


Possiamo trovare molte ragioni, purtroppo non sempre valide, per scegliere di adottare un cane o un gatto: perchè ci regala affetto e gioia, perchè "fa bene" alla salute, perchè "educa" al rapporto con l'altro, perchè ci riempie una casa che sarebbe diversamente troppo vuota, perchè abbiamo bisogno di una novità nella nostra quotidianità. Ma la verità è che adottare un animale domestico deve essere una scelta dettata prima di tutto da consapevolezza e amore, in tutte le sue sfaccettature: e per questo occorre valutare la nostra famiglia e le sue possibilità di accogliere/gestire positivamente un membro "non umano". Questo vale in tutti i casi, ma ancora di più se si hanno bambini piccoli o situazioni particolari che richiedono da parte nostra cura e attenzione. La compagnia di un cane o di un gatto nella nostra vita dà innegabilmente benefici impagabili: affetto spontaneo e genuino, la sensazione piacevole data dal prenderci cura di qualcuno che ci ama e a suo modo si prende cura di noi. Vedere bambini e animali crescere insieme è meraviglioso e la presenza di un cane o un gatto in famiglia arricchisce moltissimo qualsiasi infanzia, ma non dobbiamo pensare che il rapporto spontaneo tra animali e bambini non richieda attenzione da parte nostra. Non è scontato che l'animale sia perennemente disposto ad accettare pazientemente e senza conseguenze le eventuali situazioni stressanti nella vita famigliare, così come non dobbiamo farci l'idea dell'animale come "panacea" per i nostri figli. Occorre equilibrio, consapevolezza, responsabilità, come in ogni buona scelta di vita. Altrimenti l'esperienza potrebbe rivelarsi controproducente per noi, per i nostri famigliari umani e per gli animali.

giovedì 5 novembre 2015

La (superabile) tristezza dei gatti di gattile

Nelle settimane in cui avevo ancora Silver con me, ma già avevo diffuso l'annuncio per trovargli casa, ho conosciuto una signora interessata alla sua adozione (cosa che poi non si è concretizzata). Così, in un tiepido e assolato pomeriggio di settembre, la signora è venuta a conoscerlo. Ha incontrato il micio proprio mentre si stava godendo la pennichella post-pranzo, dopo aver mangiato un piattino di patè di tonno di alta qualità, e stava spaparanzato sull'erba in nostra compagnia, tutti seduti all'ombra delle nostre grandi querce. Silver era rilassato, appagato, sazio e soprattutto rassicurato da un ambiente famigliare affettuoso, che non gli faceva mancare le coccole e le attenzioni. Silver si è dimostrato fin da subito coccolone e socievole, allegro e ben disposto con l'ipotetica adottante, addormentandosi dopo pochi minuti sui suoi piedi (proprio sopra!), conquistando subito i favori della signora, estasiata dall'indole tanto fiduciosa e gioiosa del micio. E a quel punto la signora (peraltro un'ottima persona, non mi si fraintenda!) ha detto una cosa che mi ha colpito, e che mi avrebbe fatto pensare molto, soprattutto nei giorni che Silver ha dovuto poi trascorrere al gattile. La signora mi ha detto che era stata anche al gattile, sempre alla ricerca di un gatto, ma lì non era riuscita a convincersi per nessun micio, perchè tutti le erano apparsi un pò mogi e tristi.

Quency, adottato lo scorso anno al Gattile di Ferrara
Le ho subito detto che purtroppo la sua impressione era normale e in un qualche modo inevitabile, che in effetti è raro che un gatto di gattile sia vispo e allegro come quelli "di casa", ma che era solo una condizione temporanea, dettata da quelle precise circostanze. I mici di gattile sono costretti a condividere poco spazio con tanti altri gatti... e il gatto, pure domestico, resta un animale non sociale, che per istinto e per propria intima natura non vivrebbe mai in "branchi" (gli unici felini sociali, al mondo, sono i leoni). La stretta convivenza imposta con i suoi simili in gattile, rende ogni gatto più nervoso, più frustrato, sicuramente meno felice. E se solo penso all'irrealizzabile convivenza tra Paciocca e Silver, allora posso confermare che anche già una vita "in coppia", per alcuni gatti, può essere un disagio. Inoltre in gattile i mici, anche se hanno cibo assicurato, un tetto sopra la testa e (nella migliore delle ipotesi) uno spazietto all'aperto a prova di fuga, non riescono ad avere quasi mai quella considerazione e quella dose di contatto umano utile a soddisfare il loro bisogno di coccole, di sentirsi amati e accuditi come in famiglia... e questo semplicemente perchè i volontari in gattile, dovendo gestire un gran numero di gatti (a Ferrara circa un'ottantina), garantire la pulizia quotidiana di tutti i locali e gestire anche i rapporti con il pubblico, non hanno il tempo materiale per mettersi a coccolare tutti i mici. Sia chiaro: qualche breve coccola ci scappa sempre, perchè chi lavora in gattile non può mai restare indifferente a quei musetti dolci, ma il tempo è sempre troppo poco.

Chiara
Inoltre pensiamo che, spesso e purtroppo, i gatti che giungono in gattile non hanno quasi mai storie facili e positive alle spalle: varcano la soglia della struttura dopo incidenti (talvolta estremamente cruenti), abbandoni, maltrattamenti, smarrimenti o comunque situazioni che li hanno disorientati o proprio traumatizzati, a seconda dei casi. Da questi gatti non è possibile aspettarsi immediatamente un'indole fiduciosa e allegra: sono creature messe alla prova dalla vita, che hanno provato la sofferenza e, talvolta, anche la cattiveria umana. Difficile aspettarsi che siano loro ad accogliere noi, siamo noi che dobbiamo avere la pazienza e il rispetto necessari a prenderci cura di loro.
Poi ci sono i gatti particolarmente fortunati che, per loro natura, anche in gattile riescono ad esprimere il meglio di sè: coccoloni e fiduciosi, non si fanno scalfire (non troppo almeno) dalle circostanze e ti accolgono sempre con la coda dritta, il miagolio pronto a richiamare la tua attenzione e le fusa "a motorino" non appena ti fermi un istante ad accarezzarli. Ma, obiettivamente, questi mici sono la minoranza... e talvolta si tratta proprio di quei gatti "storici" della struttura, ormai abituati alla vita in gattile perchè ospiti da anni, proprio quei mici che le persone tendono a scartare perchè troppo vecchi, troppo "vissuti", o con qualche tipo di handicap che li rende meno desiderabili.

Julius, dopo una vita trascorsa in strada, oggi è uno degli ospiti più affettuosi in attesa di adozione al Gattile di Ferrara
Ma la cosa importante e il vero motivo per cui mi sono messa a scrivere questo post, è per lanciare il messaggio che la tristezza dei gatti di gattile è superabile. Non mi riferisco solo e in particolare a quei gatti estremamente diffidenti, con i quali comunque si può iniziare un percorso fatto di amore, pazienza e rispetto, per far sciogliere le loro riserve... mi riferisco al "gatto medio di gattile": quello che ti guarda con aria mesta e non ha neppure voglia di avvicinarsi per chiedere qualche carezza, forse perchè non se l'aspetta più. Quello che, quando ti avvicini a lui, non scappa e prende sicuramente le tue coccole, facendo timide fusa... per poi però rintanarsi in un cantuccio isolato, non appena le carezze terminano. Quel micio il cui sguardo è velato di tristezza e accoglie la presenza umana senza capire se può ancora aspettarsi qualcosa da loro. Forse i ricordi di una sua ipotetica e precedente vita in famiglia sono già troppo sbiaditi, forse la presenza di tanti altri gatti con cui "competere" diventa un motivo di demoralizzazione che lo spinge a chiudersi in sè stesso, forse semplicemente è convinto che il gattile sia ormai il suo destino.
Ma il punto è che questi gatti, non appena accolti in un contesto famigliare quotidiano, rifioriscono. Rifioriscono ed esprimono tutto il loro affetto e la loro gratitudine a chi ha saputo sceglierli, al di là del fatto che in gattile sembrassero un pò mogi e depressi. E diventano i gatti che tutti conosciamo e desideriamo: dolci e coccoloni, affettuosi e comunicativi, quelli che vi accolgono dopo il lavoro con la coda alta e con un "prrr!" di saluto, quelli che vi fanno le fusa accoccolati davanti alla tv, quelli che vi guardano con complicità da una parte all'altra della stanza.

Balù
Ho voluto condividere queste riflessioni non con un intento polemico, ma proprio per fare luce su una verità che, mi sono resa conto, chi non è abituato a frequentare i gattili non può sapere: la tristezza dei gatti di gattile è superabile e anzi forse è proprio un motivo in più per adottarli. I gatti che vedete e incontrate in gattile non stanno probabilmente dando il meglio di loro: per fare questo, hanno solo bisogno di voi.
Non adottateli per la loro bellezza, perchè ne hanno una come tutti gli altri gatti.
Non adottateli per il loro carattere, perchè ne hanno uno come tutti gli altri gatti.
Adottateli invece per la loro tristezza, perchè ne hanno più degli altri gatti e si meritano di superarla.
Adottateli proprio per la loro tristezza, perchè è superabile e per superarla hanno solo bisogno di incontrarvi e di trovare qualcuno che creda in loro.

domenica 17 agosto 2014

Gatti non vedenti: piccoli accorgimenti per una vita piena e felice

Un detto popolare vuole che il calabrone, che non avrebbe le caratteristiche fisiche idonee al volo, non sapendo nulla di leggi dell'aerodinamica, se ne infischia e vola ugualmente. Ora, se probabilmente questo detto è poco fondato (il calabrone vola eccome, perchè il suo corpo è idoneo al volo!), una cosa simile e veritiera si può dire invece dei gatti ciechi: non sanno di essere ciechi e, se anche lo sono diventati dopo un trauma o una malattia, si adeguano talmente bene da riuscire a vivere come se ci vedessero. I gatti ciechi corrono per casa, fanno le scale spediti, si arrampicano, giocano e vi guardano proprio come se ci vedessero, tanto da mettere in dubbio la loro mancanza della vista! Oggi vorrei parlarvi proprio di questi mici che noi consideriamo "disabili", per renderci conto di quanto il loro handicap dipenda soprattutto dalle condizioni ambientali che noi siamo in grado di offrirgli e non dalla loro limitazione visiva. E vi presento subito Ray, micio in attesa di adozione al gattile di Ferrara che ha perso entrambi gli occhietti: la sua storia sarà utile per capire molte cose sui gatti non vedenti.

Ray, aspetta adozione al gattile di Ferrara (tel: 3288879870)

Come già vi ho raccontato grazie alle vicende della micia Baghera, i gatti ciechi riescono ad orientarsi nel proprio ambiente molto meglio rispetto a quanto possa farlo un essere umano cieco, dal momento che il senso normalmente più sviluppato dai felini è l'udito, che in tal caso si affina ancor di più. Quindi il primo "mito" da sfatare è il paragonare un gatto non vedente ad un uomo non vedente: senza credere che la limitazione visiva sia indifferente per il micio, bisogna comunque tenere presente che la vista non è mai il senso principale per il gatto e quindi ne viene, in proporzione, meno penalizzato rispetto a quanto accade per noi uomini, che facciamo affidamento in primis sulla percezione visiva per approcciarci al mondo. L'udito dei gatti, già di norma finissimo, diventa lo strumento essenziale ed efficace per cogliere gli stimoli ambientali: i pericoli, ma anche la nostra voce ed i rumori che permettono l'orientamento. Anche l'olfatto è fondamentale nei nostri felini domestici ed anche è grazie ad un insieme di segnali odorosi che il gatto si orienta e prende possesso del suo ambiente: questo significa che quando il micio avrà "marcato" il suo territorio, avrà posto segnali importanti per muoversi con sicurezza.

Le lunghe vibrisse del gatto sono un organo sensoriale eccezionale

Altro senso molto sviluppato nel gatto è il tatto: non pensate tanto ai cuscinetti sotto le zampe, quanto piuttosto al diffuso sistema di vibrisse che si trova su tutto il corpo del micio. Baffi e vibrisse si concentrano nella zona del muso, tra naso, occhi e mento, ma non solo: se osservate bene, potrete trovare alcuni "peli speciali" (più grossi e rigidi) anche sulla schiena e sui fianchi del vostro felino domestico... si tratta anche in questo caso di vibrisse! I gatti sono in grado di percepire gli ostacoli non solo con il contatto diretto con gli oggetti, ma anche a distanza, poichè le vibrisse sono talmente sensibili da riuscire a captare gli spostamenti d'aria tra un oggetto e il proprio corpo. In tal modo il gatto cieco riesce a costruire una "mappa" delle stanze e del proprio ambiente, con distanze precise, ostacoli e punti sicuri. Abbinando questa mappa mentale alle informazioni fornite seduta stante dall'udito e dall'olfatto, il gatto cieco riesce a muoversi in modo sicuro e autonomo nel suo ambiente. Ecco spiegato il comportamento quasi "miracoloso" dei gatti ciechi che si muovono senza alcun problema, riuscendo a fare cose che noi uomini - privati del senso della vista - non riusciremmo neppure a immaginarci. E qui voglio proprio mostrarvi Ray che gioca a calcio in gattile: sembra quasi impossibile che questo miciotto abbia subìto l'asportazione di entrambi gli occhietti. 



Ray è al gattile di Ferrara che aspetta adozione (per info: 328 8879870): come avete potuto vedere è autonomo, si muove sicuro nel suo ambiente, è vivace, simpatico ed è un grande coccolone; cerca il contatto umano e le carezze come pochi altri mici. Se abbiamo capito che il micio cieco può vivere una vita piena e felice nonostante la mancanza della vista, è doveroso sapere che la sua sicurezza dipende da noi e dall'ambiente che saremo in grado di predisporgli. Senza drammi, naturalmente: gestire un gatto non vedente è molto più semplice di quanto si creda! I gatti hanno mille risorse e noi non dobbiamo fare altro che aiutarli un pochino, mettendoli al riparo dai pericoli che da soli non sarebbero in grado di percepire e affrontare. I mici ciechi dovranno vivere in un ambiente ben curato e "limitato": non possono avere libero accesso a tutto il mondo circostante, poichè è evidente che la loro sicurezza è data soprattutto dalla loro pregressa conoscenza del territorio.


Anche Tom è non vedente, molto affettuoso e amante della compagnia umana.

Vediamo quindi, per Ray ma anche per tutti i mici non vedenti, di raccogliere qualche consiglio utile ai fini della serena convivenza con un micio cieco, per garantirgli una vita piena e felice:
- Prima dell'adozione, mettere in sicurezza la casa: eliminare oggetti appuntiti o di materiale fragile che potrebbero essere colpiti inavvertitamente dal gatto; controllare e limitare l'accesso a finestre aperte e porte che danno all'esterno; mettere in sicurezza balconi e terrazzi. Se si possiede un giardino, recintarlo "a prova di gatto" (con recinzioni alte e piegate verso l'interno in modo da rendere difficoltosa la scalata) e anche in questo caso considerare i pericoli, come ad esempio cespugli, siepi o piante spinose (recintatele o rimuovetele).
- Quando si porta a casa per la prima volta un micio non vedente, dargli tempo, pazienza e affetto, limitando ad una sola stanza la sua possibilità di esplorazione per i primi giorni e poi facendogli esplorare la casa in modo molto graduale e "guidato": questo gli permetterà di conoscere al meglio il suo ambiente, prendendo nota della conformazione della casa. 
- Stategli molto vicini in questa fase di ambientamento e parlategli il più possibile, perchè la vostra voce diventi un riferimento e non si senta abbandonato e solo. Normalmente i gatti ciechi amano il contatto fisico e quindi sfruttate anche questo per "guidarlo" nell'esplorazione della stanza e degli ambienti.

I balconi possono essere messi in sicurezza tramite reti (nella foto: Giotto)

- Non spostate mai i mobili e cercate di tenere in ordine il più possibile la casa, perchè il micio non vedente una volta che si è abituato all'ambiente e si è creato la sua "mappa mentale", non debba incorrere in sorprese sgradite (un sacchetto della spesa in mezzo alla stanza, una ciabatta dove non doveva essere, ecc.).
- Non spostate mai neppure le sue ciotole, il tiragraffi e la sua lettiera dai luoghi dove normalmente si trovano: a livello olfattivo sono importanti punti di riferimento e il micio ha bisogno di questo tipo di zone per sentirsi al sicuro e orientarsi.
- Un utile suggerimento è il predisporre stimoli olfattivi o uditivi in zone particolari della stanza o della casa, come ad esempio porre una sveglia rumorosa (il "tic-tic" delle lancette), saponette o pot-pourrì in angoli, aree specifiche o corridoi... naturalmente non dovrete cambiare mai il posto di questi stimoli, perchè una volta che il gatto ha memorizzato la loro posizione e la usa come punto di riferimento, è importante che restino dove sono.
- Giocate con lui, parlategli, coccolatelo, muovetevi per la stanza continuando a chiamarlo come se fosse un micio vedente. Non c'è cosa più penosa e dannosa per un gatto cieco di essere trattato da "disabile": più sono gli stimoli e le esperienze che gli si permettono e gli si offrono, più il micio potrà sviluppare autonomia, sicurezza e vivere in piena felicità.

Orbolo: è stato uno dei mici "storici" del gattile di FE, non vedente e coccoloso!

Allora, cosa ne dite? Avete mai avuto esperienza di mici ciechi? Vivere con un gatto non vedente non comporta chissà quali rivoluzioni: si tratta solo di mettere in pratica piccoli accorgimenti che permettono al nostro micio di vivere in completa sicurezza, il resto sarà in grado di farlo lui! Adottare un micio con questo tipo di disabilità ci può insegnare molte cose: non solo è un bel gesto perchè difficilmente i gatti "imperfetti" vengono scelti, ma soprattutto ci mostrerà quanto l'handicap sia un limite che spesso siamo noi ad enfatizzare, con le nostre convinzioni e le nostre aspettative. Vivendo con un gatto non vedente non trattatelo da "disabile": abbiate pazienza e incoraggiatelo, una volta che si sarà adattato all'ambiente vi sorprenderà, dimostrando un entusiasmo, una vitalità e un'autonomia da farvi perfino invidia!

martedì 25 marzo 2014

La storia di Piero e Annamaria: dopo le sofferenze, finalmente la felicità

E' un pò che non vi racconto una storia vera a lieto fine! Oggi allora ho il piacere di raccontarvi di Piero, questo bel micio rosso che purtroppo ha patito tanto, prima di trovare la felicità. All'epoca della vicenda Piero ha poco più di dieci anni, vissuti sempre da gatto di strada. Ma un giorno accade il dramma: viene investito da una mietitrebbia e portato al gattile di Ferrara dai soccorritori. I veterinari riscontrano gravi ferite da taglio e fratture; viene operato e la prognosi di cura è molto lunga, solo il tempo potrà dire se e quanto Piero si riprenderà.
Il povero Piero è depresso e apatico, il suo sguardo sempre rivolto al muro, sembra preferisca morire piuttosto che combattere per tornare alla vita… ma in realtà è solo un’estrema timidezza, che lo porta a non reagire neppure al dolore. I volontari gli dedicano ogni giorno coccole e attenzioni, ma lui resta sempre acciambellato su se stesso.


A distanza di un mese, Piero zoppica in modo grave e, se nessuno lo adotta, da regolamento andrebbe re-immesso nella sua colonia. Le volontarie di "A Coda Alta" allora decidono di fare un appello disperato per la sua adozione: dopo tanta sofferenza, il suo destino non può essere ancora la strada!
A distanza di pochi giorni, veniamo contattate da Morena… che vuole venire a conoscere proprio Piero! Ci spiega che purtroppo si sta spegnendo la sua gatta Diamante, una micia anziana che soffre di insufficienza renale. L'idea è che Piero potrebbe entrare a far parte della sua famiglia, una volta che Diamante fosse andata sul ponte dell'arcobaleno.
 

L'anziana micia si spegnerà il 30 Dicembre e Annamaria, la mamma di Morena, decide il giorno stesso di portare a casa Piero, a tre mesi esatti dal suo brutto incidente. Quest'adozione, che noi volontari chiamiamo "del cuore" perchè rivolta a un micio in particolare difficoltà, è una delle scelte più belle che le persone decidano di fare! Di solito i mici "da adozione del cuore" sono animali che hanno vissuto esperienze fortemente traumatiche, delle quali possono portarsi i segni in modo duraturo: non adottarli significa condannarli a una lenta morte nell'indifferenza e nella paura. Oggi Piero, anche se zoppica sempre, ha finalmente scoperto cosa vuol dire essere amato: fa le fusa e prende volentieri le coccole. La sua nuova vita, dopo tanto patire, finalmente è cominciata!


Recentemente "A Coda Alta" ha assegnato ad Annamaria un riconoscimento per l'adozione del cuore di Piero, "per aver saputo guardare con gli occhi del cuore e per aver colto la luce di un micio speciale, che pochi sanno riconoscere, aldilà del suo aspetto fisico e del suo stato di salute".

mercoledì 31 luglio 2013

Adottare un gatto diffidente: la storia di Tom (Amelio) e Daniela

Sono il cruccio di ogni volontario che si occupi di adozioni di gatti abbandonati: quei tanti mici bellissimi, sani, robusti e con tutta la vita davanti... che non appena vedono un uomo fuggono a nascondersi, incapaci di fidarsi di nuovo della mano umana (e come biasimarli?), per nulla desiderosi di farsi osservare, coccolare, adottare. Ed è la loro condanna, talvolta peggiore della FIV+ o dell'avere già una certa età: il gatto diffidente, timido, sfuggente, non incontra quasi mai le simpatie umane e, anche se bello e sano, è il suo carattere difficile a renderlo inadottabile. E sono tanti i mici che così trascorrono l'intera vita in gattile, quasi auto-condannandosi a non trovare più una famiglia. 

Mazzo, micia molto diffidente al gattile di Ferrara
Eppure, se facciamo un passo indietro, capiamo che i mici sfuggenti, dal carattere estremamente timido e pauroso, non hanno nessuna colpa e sta all'essere umano fare uno sforzo in più, per dare un'altra possibilità a questi gatti, che spesso hanno alle spalle traumi e shock di vario tipo. Parte dello sviluppo del temperamento individuale del gatto è un fedele specchio del suo rapporto con l'uomo: quel micio che dalla mano umana ha ricevuto solo amore, tranquillità e sicurezza, sarà affettuoso, fiducioso e socievole. Ma quel gatto che ha avuto dalla vita (e dall'uomo) solo bastonate, fame, abbandono, indifferenza, come diventerà? 

Perla, spaventata dopo la morte del suo padrone, è al gattile di Ferrara.

Adottare un micio diffidente significa cercare di curare la più difficile malattia che può capitare a un gatto domestico: la sfiducia verso il genere umano. Bisogna armarsi di calma e pazienza, quella stessa pazienza che tutti noi crediamo di avere in grandi dosi di fronte a un gatto timido, ma che magari svanisce dopo qualche giorno, quando ci si rende conto che quel gatto non cambierà nel giro di poco: resterà a lungo schivo, timido e fuggirà da noi come il primo giorno. Ma è proprio questo a rendere così importanti e meritevoli le adozioni dei mici diffidenti: dare loro tempo, sicurezza, affetto incondizionato nonostante la loro sfiducia, è l'unica cura che può sgretolare, gradualmente, la loro paura. E, come nel caso di altre adozioni "problematiche", anche in questa circostanza l'adozione salva loro la vita, letteralmente: quanti mici vivono e muoiono in gattile perchè troppo timidi e poco accattivanti per le famiglie?

Adele, bellissima ma un pò timidina, ancora non trova famiglia.

Perchè le mie parole non restino solo una "bella teoria", vi propongo la testimonianza scritta apposta per noi da Daniela (che ringrazio tantissimo!), che ha adottato Amelio (oggi Tom), micio un tempo schivo e diffidente. Leggere la storia di Daniela e Tom è per noi volontari un regalo di inestimabile valore, perchè è una vittoria da tutti i punti di vista... ed oggi Tom, grazie all'infinita pazienza e amore della sua nuova famiglia, ha scoperto la "vera" vita che ciascun gatto si merita.


Ecco Tom-Amelio, quando era all'associazione "A Coda Alta"
"Tutto è iniziato un giorno di agosto, quando mi zia mi dice che hanno adottato una gattina dall'Associazione A Coda Alta. 
Passano i giorni e, così quasi per caso, vado sul sito dell'associazione e per curiosità guardo i gattini in adozione. Scorro tutte le foto e all'improvviso vedo questo gattino Amelio, 6 mesi, identico alla mia Micia che è mancata 3 anni fa.
Ne parlo con mio marito, perchè ci sono anche Tobia e Luna , ma per lui non ci sono problemi. Così decido di telefonare e parlo con Paola che mi dice che Amelio però non è addomesticato, è un po' scontroso e non si fa toccare....io ci penso un po', ma prendiamo un appuntamento per incontrarci. La prima volta che lo abbiamo visto ci ha soffiato e si è nascosto.

Cloe, è la mamma di Tom: per lei ancora nessuna adozione, perchè "troppo timida".

Un po' titubante, perchè era un'esperienza nuova, abbiamo deciso di adottarlo e così dopo una settimana siamo andati a prenderlo. Da qui ha inizio la sua nuova vita con noi!!!

Da Amelio lo abbiamo chiamato Tom che per i primi quindici giorni è stato dietro alla lavatrice, i secondi quindici sotto il divano. Nonostante ciò ha sempre mangiato ed è sempre stato pulitissimo, mai niente fuori dalla cassetta.

Dopo circa un paio di mesi ha iniziato a capire che era amato e non c'era nessun pericolo, che le coccole e il divano non erano poi così male; da qui in poi ha cercato il contatto con noi, le prime coccole, le prime strofinate. Di grande aiuto è stata la presenza di Luna, sua coetanea, grande compagna di giochi e di marachelle.

Ecco Tom nella sua casa!! Mica male la vita in famiglia, eh?

Niente è impossibile, rispettando i suoi tempi e dandogli tanto amore si supera tutto. Da ottobre a oggi abbiamo fatto passi da gigante, è un perfetto gatto di casa. Ora riesco anche a prenderlo in braccio, è la mia ombra. Provo tanta gioia e soddisfazione nel vederlo sano, forte, bello e soprattutto felice. Il ricordo di quel gatto scontroso e impaurito ormai è lontano".