Oggi vi parlo della mia ultima lettura dell'anno: "Il gatto che venne per Natale", nato dalla penna del giornalista e attivista animalista Cleveland Amory. Se il titolo può far pensare a una delle odierne e zuccherose storie aventi per protagonista un felino domestico, a garantire la qualità e l'originalità di questo libro vi è prima di tutto l'epoca della sua pubblicazione: in Italia era il 1988, anno in cui la standardizzazione dei libri era ancora fortunatamente lontana e chi scriveva lo faceva perchè aveva davvero qualcosa da dire. E Amory aveva tanto, tantissimo da dire: il tutto parte dal salvataggio, proprio la vigilia di Natale, di un gatto randagio malconcio e scontroso dalle strade di New York. Il micio, magrissimo e così sporco da sembrare grigio, si rivelerà essere un gatto bianco che verrà poi ribattezzato (non senza difficoltà) Polar Bear. Adottato da Amory, il libro ne racconta le vicissitudini con piglio umoristico e tanta ironia: il bianco felino si rivela essere - come ogni buon micio che si rispetti - un compagno indipendente, cocciuto, talvolta ghignoso e indisponente, ma pur sempre un amore di gatto! Amory approfondisce lo spassoso racconto della sua vita di Polar Bear con notizie storiche sui gatti, curiosità di vario tipo ma anche riferimenti letterari, ad esempio il "Sermone sui gatti" di Aldous Huxley.
Ma non finisce qui: il romanzo intreccia le classiche vicende quotidiane di uomo e gatto, nel loro appartamento newyorkese, con le avventure di Amory come attivista in giro per il mondo (egli era infatti a capo del "Fund for Animals", a protezione di animali domestici e selvatici). E così ci troviamo a compartecipare alle più famose azioni animaliste che vennero effettuate alla fine degli anni '70 a bordo della nave Sea Shepherd, contro il massacro di foche e balene: lo speronamento della baleniera pirata Sierra e la "tinteggiatura" dei cuccioli di foca per impedirne l'uccisione a bastonate sui ghiacci del Canada (la loro candida pelliccia, imbrattata di vernice, non sarebbe stata più appetibile per i cacciatori). Ma in questo romanzo trovano posto anche salvataggi ben più domestici, e Polar Bear sarà suo malgrado costretto a dividere il suo appartamento talvolta con cani, gattini abbandonati e perfino con il piccione Herbert.
"Il gatto che venne per Natale" non si legge tutto d'un fiato, ma si apprezza pagina per pagina: sorridendo per la personalità felina di Polar Bear e i tentativi di Amory di imporsi come "padrone"; facendo il tifo per le imprese dell'autore a favore degli animali; restando affascinati dalle tante notizie gattofile di cui è disseminata la storia. Ennesima nota di pregio: il libro non termina affatto con la morte di Polar Bear (ancora vivo e vegeto all'epoca della pubblicazione), bensì con l'augurio dell'autore: "... spero ancora di più che quanti di voi non hanno mai avuto un animale si rivolgano al più vicino rifugio e ne adottino uno. Se lo farete, scoprirete sicuramente che vi darà, ogni giorno della sua vita, non soltanto gioia e compagnia, ma anche quello speciale tipo di affetto che può essere compreso, come ho detto all'inizio, solo da quanti hanno avuto la fortuna di possedere, cioè... di essere posseduti da un animale". E io non potrei farvi auguri migliori per l'anno che verrà.
Ma non finisce qui: il romanzo intreccia le classiche vicende quotidiane di uomo e gatto, nel loro appartamento newyorkese, con le avventure di Amory come attivista in giro per il mondo (egli era infatti a capo del "Fund for Animals", a protezione di animali domestici e selvatici). E così ci troviamo a compartecipare alle più famose azioni animaliste che vennero effettuate alla fine degli anni '70 a bordo della nave Sea Shepherd, contro il massacro di foche e balene: lo speronamento della baleniera pirata Sierra e la "tinteggiatura" dei cuccioli di foca per impedirne l'uccisione a bastonate sui ghiacci del Canada (la loro candida pelliccia, imbrattata di vernice, non sarebbe stata più appetibile per i cacciatori). Ma in questo romanzo trovano posto anche salvataggi ben più domestici, e Polar Bear sarà suo malgrado costretto a dividere il suo appartamento talvolta con cani, gattini abbandonati e perfino con il piccione Herbert.
"Il gatto che venne per Natale" non si legge tutto d'un fiato, ma si apprezza pagina per pagina: sorridendo per la personalità felina di Polar Bear e i tentativi di Amory di imporsi come "padrone"; facendo il tifo per le imprese dell'autore a favore degli animali; restando affascinati dalle tante notizie gattofile di cui è disseminata la storia. Ennesima nota di pregio: il libro non termina affatto con la morte di Polar Bear (ancora vivo e vegeto all'epoca della pubblicazione), bensì con l'augurio dell'autore: "... spero ancora di più che quanti di voi non hanno mai avuto un animale si rivolgano al più vicino rifugio e ne adottino uno. Se lo farete, scoprirete sicuramente che vi darà, ogni giorno della sua vita, non soltanto gioia e compagnia, ma anche quello speciale tipo di affetto che può essere compreso, come ho detto all'inizio, solo da quanti hanno avuto la fortuna di possedere, cioè... di essere posseduti da un animale". E io non potrei farvi auguri migliori per l'anno che verrà.