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mercoledì 20 maggio 2020

"La meravigliosa vita delle api" di Gianumberto Accinelli

Buongiorno amici! In occasione dell'odierna "World Bee Day", giornata mondiale dedicata alle api e istituita dall'ONU ormai da alcuni anni, vi presento una lettura in tema: La meravigliosa vita delle api. Amore, lavoro e altri interessi di una società in fiore del sempre a me caro Gianumberto Accinelli. 
Diversamente da altre pubblicazioni che fanno soprattutto il punto sull'emergenza del declino delle popolazioni di api in tutto il mondo, minacciate a morte da inquinamento, cambiamenti climatici, malattie, perdita di habitat naturali sufficientemente accoglienti e un uso spropositato dei prodotti chimici in agricoltura, questo libro di Accinelli è piuttosto un viaggio affascinante sulle caratteristiche speciali e la vita delle api, quelle che ancora sono rimaste almeno. E quante scoperte meravigliose e inconsuete!



L'ape è l'insetto impollinatore per antonomasia, ma sapevate ad esempio che è anche estremamente metodico e molto più efficiente di altri impollinatori come farfalle e mosche? Sì, perchè l'ape bottinatrice, quando esce di buon mattino alla ricerca di nettare, arrivata in un prato fiorito sceglie a inizio giornata un tipo specifico di fiore dal quale rifornirsi, e continuerà per tutto quel giorno a visitare solo quei fiori, garantendo così il massimo successo dell'azione impollinatrice per quella specie floreale. Il giorno dopo la storia ricomincia: la bottinatrice sceglierà magari un altro tipo di fiore e vi resterà "fedele" fino al concludersi del suo "turno di lavoro". 
Un'altra curiosità che mi ha colpita molto è la seguente: mai avvicinarsi a un alveare se si sta mangiando una banana matura, perchè questo scatenerà le ire delle api che vi attaccheranno con ferocia e, soprattutto, in massa. Il problema sta nel fatto che l'odore di banana matura assomiglia a quello dell' "isopentyl acetato", la sostanza lasciata dall'ape insieme al pungiglione quando ci punge. E' una sorta di segnale odoroso per dire: "Attenzione! Qui ho dovuto attaccare, questo è un invasore! Se non se ne va, attaccare ancora!". L'odore di banana farà credere quindi alle api che sia avvenuto un attacco e ci sia bisogno di intervenire in massa contro l'invasore che non fugge ma anzi, resta inconsapevolmente fermo a sbocconcellare il frutto maturo.

Un'ape vola verso i fiori del pesco

Naturalmente molto del libro è dedicato alla straordinaria intelligenza, individuale ma soprattutto sociale, delle api: insetti ligi al proprio dovere e ben inquadrati nella loro società dell'alveare. Scopriamo quindi vita morte e miracoli di questi imenotteri, dai loro riti (cruenti) di accoppiamento alla loro giornata lavorativa, dal loro sofisticato modo di comunicare alle loro incredibili abilità ingegneristiche e matematiche. 
Anche per questo l'ape, oltre che per il suo fondamentale ruolo di impollinatore (un'enorme percentuale del cibo che mangiamo lo dobbiamo all'azione degli impollinatori spontanei), è stata impiegata anche in altri campi diversi dall'agricoltura: ad esempio, come "segugio" da mina antiuomo. Con uno specifico addestramento (si miscelano acqua e zucchero all'odore dell'esplosivo, per far sì che gli insetti siano sensibili ad esso), alcune api esploratrici infatti sono in grado di individuare una mina sotterrata, posandosi sul terreno senza far detonare la bomba (l'ape pesa troppo poco!). Con un sistema d'addestramento analogo, le api  possono venire impiegate anche in medicina, per la ricerca dei tumori, o negli aereoporti per individuare traffici illegali di droga. Insomma, veri e propri segugi!
Il libro si chiude comunque con il problema serissimo dello spopolamento degli alveari, di cui abbiamo preso coscienza circa 13 anni fa: "Nel 2007 la popolazione di api in Europa è stata decimata di una quota che varia dal 30% al 50%. (...) In America (...) le perdite di alveari hanno raggiunto, in alcune zone, il record del 70% sul totale. In Italia, sono 200.000 le arnie che, ogni anno, cessano il loro allegro ronzio diventando delle gelide e silenziose lapidi che costellano il territorio nazionale alla stregua di un gigantesco cimitero" (G. Accinelli, "La meravigliosa vita delle api",  p. 122). 

Foto di Eigene Aufnahme su Wikipedia.

Uno scenario desolante e drammatico, da tutti i punti di vista. Cosa si può fare per arginare il fenomeno e dare una chance di sopravvivenza alle api? 
Anzitutto in agricoltura si devono eliminare i neonicotenoidi e gli insetticidi di sintesi, dando ampio spazio alla lotta biologica. Si dovrebbe inoltre ripensare completamente il sistema delle monocolture intensive, tornando a preferire (o almeno dando modo di conservare) un paesaggio agricolo ricco di siepi, alberi e vegetazione che possano fungere da "corridoi ecologici" anche per le api.  Ma è auspicabile pure ricreare piccole oasi sicure per questi impollinatori nel nostro privato, in campagna, in periferia e in città, andando a piantumare fiori spontanei ricchi di nettare ovunque possibile: aiuole, balconi fioriti, cortili, giardini e parchi. Ecco una lista utile di piante che attirano particolarmente le api:

La lista è tratta dal libro di Accinelli, le foto (facelia, borragine, cosmea) sono tutte su Wikipedia.

Quello delle "oasi" per insetti utili è un progetto che Eugea promuove da anni e che vi invito a visitare, per prendere parte voi stessi a questa piccola, grande rivoluzione... un segnale concreto e non solo "ideale", nella giornata dedicata alle api.

lunedì 30 settembre 2019

Greta Thunberg, necessaria ma non sufficiente

Nelle scorse settimane Greta Thunberg è salita di nuovo alla ribalta grazie alla sua partecipazione al vertice ONU sul clima e soprattutto in virtù della clamorosa adesione in tantissime nazioni ai vari "scioperi per il clima", da noi svoltosi con straordinario successo lo scorso venerdì. Piazze e strade piene, colme di giovani più o meno arrabbiati, più o meno consapevoli, a richiedere a gran voce che i nostri governanti ascoltino il grido di sofferenza del pianeta, agendo immediatamente di conseguenza con politiche verdi concrete e urgenti. 
Sono rimasta piacevolmente colpita dalla grande adesione che Greta è stata in grado di suscitare tra il pubblico giovanile (e non solo): dobbiamo esserle grati per aver reso il "problema ecologico" qualcosa di quotidiano per cui battersi a tutti i livelli della società... finalmente la crisi ecologica non è più solo appannaggio della comunità scientifica che, da decenni, non sa più con quali altri mezzi e quali altre parole comunicare la grave emergenza e richiamare l'attenzione della politica e dell'economia, le due ruote che fanno girare la nostra società. Potere e soldi. Non mi illudo che migliaia di giovani abbiano più voce in capitolo degli scienziati, ma magari una protesta così plateale e trasversale può coinvolgere anche altre fasce della popolazione. 

Greta Thunberg, foto di Anders Hellberg su Wikipedia.

Ma c'è un ma. Ho letto moltissimi articoli, commenti e approfondimenti sulle proteste studentesche dello scorso venerdì, seguito trasmissioni a livello nazionale e locale. Sono riuscita però a focalizzare con lucidità cosa mi stonasse, nel vedere quei lunghi cortei e quella rabbia giovanile, solo quando ho letto il magnifico post di Dario Bressanini, che vi invito caldamente a leggere con calma. Apprezzo Bressanini - "amichevole chimico di quartiere" ed eccellente divulgatore scientifico - da anni... ma trovo che nel suo articolo sia riuscito, sinteticamente per quel che era possibile, a centrare esattamente il problema: Greta Thunberg e la protesta giovanile sono necessari, ma certo non sufficienti.
Perchè? Perchè la crisi ecologica è complessa, talmente complessa ormai che non necessariamente potremo ancora trovare il bandolo della matassa da cui cominciare. Non si tratta solo di volontà personale o collettiva, nè solo di decisioni singole o politiche... il punto è che le rinunce efficaci che la crisi ecologica ci imporrebbe (ed è un "ci" rivolto all'intera umanità, riguarda tanto me, quanto Donald Trump, quanto un bambino povero del Congo) sono attualmente impensabili. Bisognerebbe intanto riuscire a considerare e gestire il nostro pianeta come se fosse davvero "un'unica Terra" (che paradosso, dato che lo è!)... invece l'umanità è nettamente divisa per ricchezza, povertà e culture inconciliabili. Come seguire allora una linea comune? E qualora anche si riuscisse ad individuare una sorta di politica mondiale condivisa, davvero riusciremmo tutti a vivere con meno, con poco, per certi versi con niente? Davvero saremmo disposti a rinunciare all'auto, ad avere più di un figlio o forse perfino nessuno (eccolo, il grande convitato di pietra nella questione ambientale), a un'alimentazione pure moderatamente onnivora, al nostro stile di vita insostenibile? Perchè di questo si tratta, con buona pace sia della rabbia degli studenti, sia dell'indifferenza di fondo dei politici.
Sono argomenti scottanti, spinosi, dolorosi e scomodi... e con questo non voglio certo gettare la spugna e dire che il poco che facciamo nel nostro quotidiano non conti: conta certamente, per la nostra coscienza personale, per non tirarci indietro e per farci trovare già pronti ad accogliere un cambiamento sostanziale, se mai dovesse arrivare. Ma non dobbiamo farci troppe illusioni: ciascuno di noi, proprio come Greta, è necessario ma non sufficiente. 
E così ha ragione Bressanini quando sostiene che l'unica speranza che abbiamo è che l'umanità riesca a comprendere e gestire la complessità del problema ecologico: una crisi che non si risolve certo solo con la scienza acclamata dai ragazzi e da Greta, perchè invece oggi è l'economia il terreno fondamentale sul quale innestare i semi del cambiamento, passando per la politica e le scienze sociali. 
Ce la faremo, o è già troppo tardi? La protesta di Greta Thunberg riuscirà a scalfire davvero lo scudo di disinteresse della politica mondiale, andando a sostituire almeno alcuni degli interessi meramente economici con quelli ambientali? E noi piccoli cittadini, del nostro paese e del mondo intero, avremo mai la speranza di vedere i nostri gesti quotidiani di rispetto per la natura avere un qualche peso - oltre a quello educativo e di principio - per la salute del pianeta?

domenica 30 giugno 2019

Abbeveratoi per animali: un aiuto per la fauna selvatica

Nei giorni scorsi il temuto "caldo africano" ha di nuovo investito la nostra Italia e parte d'Europa... ci sono state temperature record, afa e canicola da pieno agosto. Ormai, purtroppo, non è più una novità... da diversi anni ormai il cambiamento climatico si manifesta prepotentemente anche in questa maniera: lunghi periodi di caldo intensissimo di giorno e pure di notte, in zone geografiche che fino a qualche decennio fa sarebbero state risparmiate dall'estate più rovente. I problemi sono molteplici, per le persone così come per l'agricoltura, ma la questione riguarda da vicino anche gli animali, soprattutto i selvatici che dipendono in tutto e per tutto dalla natura per sopravvivere. Ma quando la questa è stravolta e le risorse a disposizione vengono a mancare completamente, come possono salvarsi? Emblematica l'estate 2017: tra le più calde e soprattutto siccitose, ha registrato una sofferenza immane tra la fauna selvatica. 

Immagine tratta da www.ilmeteo.it

Quest'anno le previsioni non sono confortanti, per cui eccoci a trattare un tema semplice ma che può dare un piccolo aiuto agli animali selvatici che gravitano attorno alla nostra abitazione, soprattutto se viviamo in campagna o in periferia. Ma anche in città possiamo trovare animali selvatici, se osserviamo attentamente possiamo riconoscere creature viventi perfino al limitare di un piazzale di cemento. Per cui... tutti pronti a offrire acqua fresca ai selvatici di passaggio o stanziali, nei nostri giardini!
La questione può sembrare banale: "Non basterà semplicemente mettere fuori casa una ciotola d'acqua?" direte voi. Sì e no, perchè se certamente questo gesto è apprezzabile, con qualche piccola accortezza in più potremo dare davvero un aiuto concreto e più mirato per tutti gli animali che soffrono il caldo e la siccità.
Mi viene in mente la celebre favola della volpe e la cicogna: non c'è esempio migliore per spiegarvi che a ciascun animale serve un proprio apposito abbeveratoio!

La cicogna e la volpe, immagine tratta dal web www.libriantichionline.com

Partiamo dal caso più curioso: avete mai pensato che anche gli insetti, in primis le utilissime ma sofferenti api, soffrono il caldo e la sete? Ebbene... normalmente gli insetti potrebbero abbeverarsi dalle gocce di rugiada o di pioggia posate sulle piante, ma quando non piove da settimane e la calura è estrema? Il problema fondamentale è che gli insetti, alla spasmodica ricerca di acqua, finiscono normalmente per morire annegati, qualora trovassero anche una bella ciotola piena d'acqua: non sanno nuotare e spesso non riescono più a risalire dal bordo del contenitore. Esiste una soluzione semplicissima e a "portata d'insetto": riempire un sottovaso di pietre di varie misure, quindi riempirlo d'acqua in modo che parti delle pietre emergano come fossero scogli nel mare. In questo modo gli insetti avranno un posatoio sicuro da cui abbeverarsi e, se anche cadessero in acqua, non devono fare altro che raggiungere la pietra più vicina e risalire. Il gioco è fatto! Tra l'altro, diciamolo, un abbeveratoio del genere è anche molto decorativo... ha qualche cosa di "zen", nel vederlo. 
Provare per credere: quando gli insetti avranno individuato la fonte d'acqua, non mancheranno di farvi visita... e potrete osservare api, mosche impollinatrici, bombi, qualche farfalla... certo anche qualche vespa, ma è la natura! Se poi volete preparare un "drink" graditissimo alle api, vi svelo un segreto: potete aggiungere un po' di succo di limone all'acqua che offrite... l'acido simula il sapore di acqua stagnante e "marcia", che è quella preferita dalle api.

Ecco un perfetto "bar" per insetti!

Più semplice è predisporre un abbeveratoio per piccoli e medi mammiferi come ricci, volpi, faine e gatti randagi... peccato che non siano tutti amici nella catena alimentare. Del resto non possiamo prevedere qualche animale giungerà fino al nostro "bar", per cui meglio progettarlo in maniera "universale". Il problema fondamentale in questo caso lo pongono i ricci, che tra tutti tendono ad essere gli animali più "pasticcioni": serve una ciotola pesante (meglio se di terracotta o di sasso), dai bordi bassi in modo che sia raggiungibile facilmente da questi mammiferi spinosi. Possono essere usati anche vecchi tegami o padelle scartate, l'importante è il loro peso: il rischio è che i ricci, nell'aggrapparsi al bordo (che appunto deve essere basso!) si rovescino addosso il contenitore. Per questo un normale sottovaso di plastica non è adatto. Un buon compromesso potrebbe essere invece un sottovaso di una certa grandezza, al centro del quale potremo disporre una grossa pietra: servirà da peso per evitare "incidenti ricciosi" e al contempo come "isola" per gli insetti che vorranno abbeverarsi da lì. Nessun problema particolare per gatti, volpi e altri piccoli mammiferi... scaltri e adattabili, quasi riuscirebbero a bere da qualsiasi fonte disponibile!

Un vecchio tegame, basso ma pesante, è l'ideale per i ricci (oltre che per tutti gli altri mammiferi)...
Magari aggiungere sempre qualche pietra, per aiutare gli eventuali insetti ad uscirne!

Infine arriviamo agli uccelli, altra grande categoria di animali che soffre molto la siccità. Il precedente abbeveratoio è adatto anche a loro (spesso ho trovato le gazze che si dissetavano dai miei sottovasi), ma in questo caso possiamo pensare di offrire loro anche qualcosa in più: una vera e propria "piscinetta" nella quale sguazzare! Gli uccelli (di tutte le taglie) amano infatti farsi il bagno... e non è insolito trovare tortore, piccioni ma anche cince e pettirossi lavarsi dove possono, per lisciarsi poi le penne. Ecco allora che può essere una buona idea posizionare nel giardino anche un piccolo catino pieno d'acqua fresca...  L'ideale sarebbe una vasca a profondità variabile, proprio come fosse un vero laghetto, per avere un livello d'acqua di 2 cm fino a 10 cm. Maggiore è la profondità, maggiori saranno le dimensioni degli uccelli che verranno a cercare refrigerio e pulizia.

Ecco la mia "piscina" per volatili... ahimè il livello non è molto graduale, sarà frequentata soprattutto da tortore e combacci! Non appena possibile mi doterò anche di una "piscina" per piccoli uccellini.

Le regole fondamentali per la cura e il successo degli abbeveratoi:
  • Cambiare acqua quotidianamente e pulire il contenitore con regolarità, avendo cura che l'acqua sia sempre limpida e fresca (questo è un punto imprescindibile, sia per la salute degli animali assetati, sia per evitare acqua stagnante e conseguente pericolo zanzare!);
  • Disporre categoricamente l'abbeveratoio all'ombra: al sole l'acqua evaporerebbe nel giro di qualche ora o comunque diventerebbe un brodo bollente, ben poco appetibile per gli animali;
  • Preferire materiali come terracotta o plastica: il metallo (sebbene il materiale più igienico) ha la sconveniente caratteristica di scaldarsi molto più in fretta... ma se vorrete ad esempio riciclare vecchie padelle inservibili, vi raccomando doppiamente di metterle all'ombra!
  • Non cambiate la collocazione degli abbeveratoi: diventeranno un punto di riferimento per gli animali che torneranno sempre lì a cercare acqua... non è divertente non trovare più il bar in cui si voleva bere una bella bevanda fresca, in un rovente pomeriggio d'estate!
  • Gli abbeveratoi possono essere esposti ovunque, al centro del proprio giardino, come in balcone, ma se si vuole raggiungere la massima "clientela" l'ideale sarebbe porli al limitare di un campo, di un boschetto o di un parco... dove c'è maggior concentrazione di animali e minor traffico umano.
Che ne dite? Nelle vostre abitudini c'era già quella di offrire regolarmente acqua fresca agli animali selvatici di passaggio, oppure dovete ancora farlo? Vi consiglio senza dubbio di provarci, perchè ne vale la pena: oltre ad aiutare davvero i selvatici nel corso della rovente estate, magari saremo fortunati e potremo cogliere l'occasione di osservarli mentre si dissetano. Raccontatemi le vostre esperienze e i vostri progetti in merito!

domenica 19 maggio 2019

La frase del giorno: Bradley Millar

Insegnare ad un bambino a non calpestare un bruco
è importante per il bambino come per il bruco.

Bradley Millar
 
Uno dei bruchi di macaone sulle mie piante di ruta, la scorsa primavera. Attualmente, in questo freddissimo maggio, non c'è traccia di bruchi purtroppo!

Ho sempre creduto molto nel valore dell'educazione: cambiando i pensieri di un uomo, promuovendone di migliori, si possono cambiare anche le sue scelte, il suo punto di vista e il suo modo d'agire. Ecco perchè è fondamentale insegnare a chi ci circonda (a partire dai bambini, ma non solo), con le parole e con l'esempio, ad essere più attenti ed empatici nei confronti della natura.
Occuparsi della sopravvivenza di un bruco, fino allo sfarfallamento, ad esempio... beh, è un'esperienza di impareggiabile valore educativo, dal punto di vista scientifico ma anche di più da quello emotivo.
Di fronte a un minuscolo e indifeso bruco, insegnare a qualcuno l'istinto di protezione verso quella piccola e apparentemente insignificante vita, per chi è più importante? Per il bruco certamente ne vale la pena, perchè avrà salva l'esistenza... ma per l'uomo probabilmente conta ancora di più, perchè imparerà a guardare con occhi nuovi il mondo che ci circonda, a comprendere le proprie responsabilità e ad apprezzare la meraviglia della natura.


Eppure sorge un problema, che purtroppo credo sia ineliminabile, nonostante l'educazione e il vivere esperienze significative per una coscienza animalista ed ecologista.
Il problema è: non scegliamo solo con la testa, che può venir educata, nè solo con le mani, che possono venire addestrate a compiere determinati gesti... scegliamo prima di tutto con il cuore, con la nostra sensibilità, con la nostra empatia.
Sono diversi anni che me lo domando, e ancora non sono riuscita a capire quanto la nostra sensibilità sia innata e quanto educabile. Da tanto mi chiedo se il mio essere così empatica nei confronti della vita non umana dipenda dalle mie esperienze e dai miei studi... o se piuttosto io mi sia diretta verso quel tipo di conoscenze ed esperienze proprio in virtù del fatto che la mia sensibilità ne era già affine. C'è certamente un legame e un rapporto in costante evoluzione, tra disposizioni d'animo innate ed esperienze... le une rafforzano le altre e viceversa.

Sempre i bruchi dello scorso anno, sul mio finocchietto selvatico.

Eppure questo può voler dire che, allora, in certi casi - per certe persone - l'educazione e le esperienze compiute possono non bastare, non necessariamente avranno il potere di scalfire davvero il loro animo, rendendolo più aperto ed attento nei confronti di un bruco, di un gatto, di un orso polare, di tutto il pianeta che si sta sgretolando sotto il nostro passo.
Molto gioca anche la cultura comune nel quale siamo immersi: checché se ne dica, il modello predominante è ancora quello di uno sfrenato consumismo e di un irresponsabile egocentrismo.
Allora viene da augurarsi che quel gruppo di persone già naturalmente empatiche e sensibili verso la sofferenza del mondo non umano, diventino - proprio come sta facendo Greta Thunberg - luminosi esempi per tutti gli altri, convinti sostenitori di un certo modo di vivere e di vedere il mondo. Chi avrà già un pizzico della loro sensibilità, potrà facilmente unirsi alla loro battaglia... e, se saremo in tanti, potremo iniziare a smantellare un po' quella cultura di fondo.


E se non dovesse essere abbastanza, o se il cambiamento non dovesse essere sufficientemente veloce? La risposta sarà durissima e amara, per tutti.
Ma avremo una piccola consolazione nel pensare che almeno, nel frattempo, noi avremo salvato qualche bruco in più.

lunedì 22 aprile 2019

"La terra vista da qui" di Satoe Tone

Una grande famiglia di pinguini è nei guai:  la banchisa di ghiaccio su cui abitano si sta sciogliendo, rimpicciolendosi sempre di più... gli 84 pinguini non riescono più a viverci, hanno bisogno di un nuovo posto dove stabilirsi. E partono, alla ricerca di un "posto migliore in cui vivere", andando a visitare tutti i meravigliosi luoghi della Terra di cui hanno sentito parlare, sperando di trovare un nuovo rifugio, accogliente e vitale...


Viaggeranno in lungo e in largo, per tutto il nostro pianeta, dal mare del Sud fino alle foreste del Nord, dalle colline dell'Ovest fino alle praterie dell'Est... e se nelle loro rosee aspettative avrebbero dovuto incontrare prati in fiore, acque cristalline, alberi verdeggianti e aria pura, è amara la sorpresa per gli 84 pinguini, che troveranno invece ovunque una terra arida, inquinata, cementificata, resa sterile e inospitale. Che fare allora?
I pinguini provano ad allontanarsi ancora un po', provano perfino a cercare oltre la Terra "un posto migliore in cui vivere".
Giunti sulla luna, lanciano un ultimo sguardo al nostro pianeta e... 


...no, non può esserci un posto migliore in cui vivere, oltre la nostra bella Terra. I pinguini tornano dunque per cercare di cambiare le cose, perchè "prendersi cura della Terra è prendersi cura della nostra casa".


Per gli 84 pinguini, che rappresentano gli originari 84 stati che firmarono il protocollo di Kyoto nel 1997, ma anche per tutti noi non c'è scelta, non può esserci una casa oltre la Terra. C'è bisogno allora dell'impegno di ciascuno, per ridurre il più possibile le emissioni di gas serra, a cui si devono i terribili cambiamenti climatici che stanno facendo sciogliere anche i ghiacci più antichi del pianeta. Un albo illustrato adatto per i bambini, per iniziare un discorso complesso a partire da una storia semplice e dai disegni meravigliosi e suggestivi di Satoe Tone. Un libro adatto anche per noi adulti, perchè se ci intenerisce pensare ai pinguini che rischiano di restare senza casa, così come agli orsi polari che stanno morendo di fame, dovremmo ricordarcelo nella nostre scelte di vita quotidiana e nelle nostre richieste da avanzare ai governi e ai potenti del mondo. Buona giornata della Terra!

giovedì 14 marzo 2019

Finalmente il 15 marzo 2019: sciopero globale per il clima!

Ormai ne parlano in tv, in radio e impazzano articoli, post e video in internet: domani si svolgerà lo sciopero mondiale per il clima, una manifestazione che coinvolgerà soprattutto gli studenti e le giovani generazioni di circa 150 paesi, Italia compresa. E potrebbe davvero diventare una giornata importante nella storia della coscienza ambientale, se la partecipazione sarà grande e la risonanza mediatica forte come lo è stata almeno finora! L'iniziativa ha preso forza dai "FridaysForFuture" (i venerdì per il futuro) della studentessa svedese Greta Thunberg, di cui probabilmente avrete sentito parlare recentemente e, forse, della quale avrete visto un famoso video di un suo discorso ai delegati ONU. 
La protesta di Greta, come quella di migliaia di giovani in tutto il mondo, mira al richiamare i governi e i potenti del pianeta al rispetto degli accordi per evitare che le temperature globali salgano di oltre 1.5°C rispetto alle medie pre-industriali. Già quest'aumento considerato "tollerabile" (più che altro: ormai implacabile) ha già comportato e sta tuttora comportando drammatiche conseguenze in termini di perdita di biodiversità, cambiamenti climatici, squilibri tra gli ecosistemi, danni irreparabili alla biosfera che colpiscono anche il benessere umano.  




Più volte sul mio blog ho cercato di affrontare le complesse tematiche ambientali; così come vi ho segnalato già in precedenza scioperi, manifestazioni e proteste sulle problematiche ecologiche... eppure questa volta c'è una novità: finalmente, a fare "la voce grossa" non sono le grandi organizzazioni e associazioni ambientaliste, nè i privati cittadini illuminati o i testimonial d'eccezione (come ad esempio il buon Leonardo di Caprio)... a schierarsi a difesa dell'ambiente, ripeto finalmente, sono le nuove generazioni. Giovani e giovanissimi che hanno aperto gli occhi, nonostante una società (e, permettetemi di dirlo con amarezza, spesso anche una scuola) pigramente seduta sulle abitudini consumistiche, quando non complice di un sistema insostenibile che vede l'economia come unico motore del futuro umano. E se invece l'unico motore effettivamente vitale per il nostro futuro fosse la natura? La mia domanda è completamente retorica: senza natura, senza biodiversità, senza un pianeta vivente non esiste alcun futuro. 
C'è da augurarsi allora che la protesta di domani - oltre a registrare una partecipazione importante e clamorosa - non resti un caso isolato, ma sia solo la prima di tante altre iniziative globali, fino a che non saranno prese davvero le necessarie contromisure per frenare questa corsa impazzita verso il baratro. Se siete interessati a prendere parte agli eventi in programma domani, vi lascio anche il link alla mappa che conta tutte le attività organizzate dal "FridaysForFuture" - Italia nel nostro paese.
Che ne dite, voi ci sarete?

domenica 22 aprile 2018

Giornata della Terra 2018

"Guardate ancora quel puntino. È qui. È casa. Siamo noi. Su di esso, tutti quelli che amate, tutti quelli di cui avete mai sentito parlare, ogni essere umano che sia mai esistito, hanno vissuto la propria vita. L'insieme delle nostre gioie e dolori, migliaia di presuntuose religioni, ideologie e dottrine economiche, ogni cacciatore e raccoglitore, ogni eroe e codardo, ogni creatore e distruttore di civiltà, ogni re e suddito, ogni giovane coppia innamorata, ogni madre e padre, figlio speranzoso, inventore ed esploratore, ogni predicatore di moralità, ogni politico corrotto, ogni "superstar", ogni "comandante supremo", ogni santo e peccatore nella storia della nostra specie è vissuto lì su un granello di polvere sospeso dentro ad un raggio di sole. La Terra è un piccolissimo palco in una vasta arena cosmica. Pensate ai fiumi di sangue versati da tutti quei generali e imperatori affinché, nella gloria ed il trionfo, potessero diventare i signori momentanei di una frazione di un punto. Pensate alle crudeltà senza fine impartite dagli abitanti di un angolo di questo pixel agli abitanti scarsamente distinguibili di qualche altro angolo, quanto frequenti i loro malintesi, quanto smaniosi di uccidersi a vicenda, quanto ferventi i loro odii. Le nostre ostentazioni, la nostra immaginaria autostima, l'illusione che abbiamo una qualche posizione privilegiata nell'Universo, sono messe in discussione da questo punto di luce pallida. Il nostro pianeta è un granellino solitario nel grande, avvolgente buio cosmico. Nella nostra oscurità, in tutta questa vastità, non c'è nessuna indicazione che possa giungere aiuto da qualche altra parte per salvarci da noi stessi.
La Terra è l'unico mondo conosciuto che possa ospitare la vita. Non c'è nessun altro posto, per lo meno nel futuro prossimo, dove la nostra specie possa migrare. Visitare, sì. Abitare, non ancora.

Che vi piaccia o meno, per il momento la Terra è dove ci giochiamo le nostre carte. È stato detto che l'astronomia è un'esperienza di umiltà e che forma il carattere. Non c'è forse migliore dimostrazione della follia delle vanità umane che questa distante immagine del nostro minuscolo mondo. Per me, sottolinea la nostra responsabilità di occuparci più gentilmente l'uno dell'altro, e di preservare e proteggere il pallido punto blu, l'unica casa che abbiamo mai conosciuto."

Carl Sagan

mercoledì 6 settembre 2017

Una straordinaria notte nel bosco, in compagnia delle lucciole

Prima che finisca l'estate, vorrei condividere con voi un'esperienza bellissima che ho vissuto nello scorso inizio giugno. Si è trattato di un momento speciale, un'iniziativa a cui "facevo la posta" già da diverso tempo, ma alla quale non ero ancora riuscita a partecipare. In un'epoca di grandi metropoli e città cementificate, campagne coltivate in maniera estensiva, frutteti spesso impestati di pesticidi e altri prodotti chimici, mentre l'umanità prospera, tante altre specie languono, così che diventa un rarità avvistare una semplice farfalla, un'ape, una rondine, un pipistrello o... una piccola, luminescente, quasi magica lucciola. Su queste premesse si basano gli eventi organizzati che fanno perno sulla curiosità di scoprire com'è, o la voglia di ricordare com'era, essere parte di un mondo più ricco e vario, a contatto con tante altre specie viventi che stanno venendo dimenticate, perchè ormai sopravvivono solo ai margini del nostro quotidiano. "La notte delle lucciole" è primariamente questo: l'occasione per far conoscere ai cittadini questo curioso insetto, un tempo diffusissimo nelle campagne, oggi praticamente scomparso.
Per incontrare le lucciole abbiamo dovuto andare "a casa loro", dal momento che casa nostra non riesce più ad ospitarle, e siamo andati allora nel bosco di Porporana, un boschetto ai margini della golena di fiume Po, in provincia di Ferrara. La serata è stata organizzata dall'associazione AREA, che gestisce e cura il bosco, ma ho scoperto che iniziative analoghe vengono effettuate anche in altre zone d'Italia, ovunque sopravvivano ancora le lucciole.
Questi insetti sono piccoli coleotteri che, nell'epoca dell'accoppiamento, per individuarsi a vicenda si "illuminano" al buio. Il fenomeno della luminescenza delle lucciole, che a prima vista sembra un piccolo miracolo, in realtà si deve ad una reazione chimica, che riesce appunto a generare una luce fredda, talvolta persistente, talvolta "lampeggiante". Eppure, sapere che si tratta di un evento chimicamente spiegabile non toglie un briciolo all'atmosfera magica e speciale che si vive ammirando sciami lucenti di questi insetti. Uno spettacolo d'altri tempi, un evento eccezionale perchè ormai così raro, ma soprattutto un'emozione incredibile. Ora ve la racconto.

Lucciole nel bosco - Autore: Quit007

Siamo arrivati alle 21.00 al punto di ritrovo in tanti, quasi un migliaio, di tutte le età: bambini, adolescenti, coppiette giovani, coppie con pargoli, coppie di mezza età senza figli, amici, parenti, combriccole meglio e peggio assortite. Mille persone tutte insieme, di cui una buona parte bambini, fanno un notevole fracasso, soprattutto se è il primo giugno e inizia a farsi sentire la voglia di estate, di risate, di serate senza pensieri passate all'aperto. Mille persone tutte insieme, un gran vociare, risate, urletti, discorsi sguaiati e sigarette accese, intanto che si aspetta il "via" dagli organizzatori; tutte queste persone come si comporteranno nel bosco? Eppure mille persone tutte insieme, e tutte lì per vedere le lucciole, sono la prova che c'è ancora tanta voglia, molta necessità, ancora amore per la natura. Partiamo, mille persone a piedi, dal centro del paese di Porporana fin verso l'argine del Po, verso la macchia d'alberi. Gli organizzatori ci hanno spiegato le regole, poche, semplici ma serie: nel bosco si entra in silenzio assoluto, a piccoli gruppi di venti persone, rigorosamente al buio, i cellulari non sono ammessi, figuriamoci torce o altro. Si entra nel bosco in punta di piedi, senza parlare, senza fotografare, senza luce, a piccoli passi, e ci si guarda intorno, perchè stiamo entrando in un altro mondo, ormai un po' meno nostro. L'unica guida sarà fornita dalla luce della luna, che penetrerà appena tra le foglie degli alberi, ma i grandi protagonisti della serata devono essere solo due: il buio fitto, fresco del bosco, e le lucciole. E così mille persone si fermano sull'argine e vengono docilmente divise dagli organizzatori a gruppetti che, via via che si separano e si addentrano nel bosco, ammutoliscono.
Già entrare in un bosco di notte, senza luci nè riferimenti, è un'esperienza di per sè straordinaria. Siamo così abituati ad aver bisogno di segnali, certezze, orari, direzioni, che il bosco sconvolge il nostro modo di pensare. Entriamo, semplicemente entriamo, e camminiamo dentro di lui. Ci perdiamo in una dimensione che non ci appartiene, che sinceramente - al buio - non riusciamo neppure a vedere. Intuiamo i contorni, sentiamo il terreno sotto le nostre scarpe, respiriamo l'aria umida, e restiamo in attesa, pronti a vivere eventi ed emozioni come poche altre volte lo siamo stati.
Ancora più straordinario però è entrare in un bosco insieme ad altre venti persone, tutte in perfetto silenzio: resti stupita, quasi ammirata, da come tutti i tuoi simili, anche quei bambini rumorosi fino al momento prima, siano in grado di tacere, ammutolire, lasciare finalmente parola al bosco, al buio, alla notte. Perfino i passi, sul sentiero, sembrano soffici, ovattati, rispettosi. E capisci che anche per loro l'esperienza è così straordinaria che il silenzio è d'obbligo, non ci sarebbero parole adatte, opportune da dire. Solo tacere, respirare e spalancare gli occhi nel buio.
Ben presto le orecchie si accorgono che il silenzio è solo umano, perchè il bosco è popolato, la notte estiva è piena di rumori selvatici: una leggera brezza scuote le fronde degli alberi, i grilli friniscono nascosti nell'erba, una civetta lancia il suo richiamo chissà dove. 
E, subito dopo, ecco che gli occhi colgono un luccichio, poi un altro, poi un altro ancora: ed in breve eccoti, stai camminando in un bosco al buio, assieme ad altre venti persone completamente silenti, circondati da uno sciame stellato di piccole, meravigliose lucciole.
Una costellazione terrestre, stelle che galleggiano nell'oscurità boschiva, piccoli segnali luminosi che delicatamente rischiarano i contorni delle foglie, dei tronchi, delle radici, delle tue scarpe sul sentiero, del tuo sorriso stupito e del sorriso di chi ti accompagna. Ed ecco che ti accorgi che ci sono lucciole ovunque: tra le foglie, nell'aria a un palmo dal tuo naso, sulla terra battuta che stai per calpestare, nei cespugli e nelle radure. Tieni aperto il palmo seguendo il volo leggero di una, due, tre di esse: ti illumina le linee della mano, per poi dirigersi chissà dove, lasciandoti al buio. Sorridi, spalanchi gli occhi per accogliere ogni luccichio, ogni lumicino, e sorridi ancora di più, nel nero del bosco stellato di lucciole.





Lucciola di Antonio Libertini

O trepida luce che brilli
sull’erba dell’umido prato,
ti culla un concerto di grilli,
t’ammira un bambino incantato.
Dal cielo, milioni di stelle
t’invitan con loro, stasera;
in alto, fra quelle più belle,
t’innalzi felice, leggera.
O timida lucciola, resta
accanto a noi bimbi! Rimani
coi grilli a far festa,
o luce dai fremiti arcani.
E quando la notte che muore
s’accende dorata ad oriente,
avvinta ad un gambo di fiore,
tu spegni il tuo cuore lucente.

martedì 29 agosto 2017

Siccità ed emergenza animali selvatici: limitare la caccia?

Giunti ormai al termine di un'estate rovente com'è stata questa del 2017, non si contano i danni all'agricoltura e all'ambiente tra incendi, siccità estrema e varie altre problematiche legate a questo clima insostenibile. Le associazioni animaliste e ambientaliste, durante le scorse settimane, hanno spesso cercato di attirare l'attenzione sulle gravi difficoltà vissute da tante specie di animali selvatici, anch'essi messi in ginocchio dalla mancanza d'acqua, con fiumi in secca e un ambiente sempre più arido e torrido, più somigliante all'Africa che all'Italia. Ovviamente è difficile intervenire su larga scala per aiutare gli animali selvatici e un semplice appello fatto ai privati cittadini che vivono in periferia, in campagna o al limitare di boschi, è stato quello di mettere sempre contenitori di acqua fresca nel proprio giardino, dando modo ai selvatici di passaggio di abbeverarsi, dal momento che in natura trovare una fonte d'acqua (e non ormai putrida) è diventato impossibile.


Eppure, con il finire di agosto, sta per arrivare una data fatidica, che potrà segnare ancora di più il destino dei selvatici già allo stremo delle loro forze: con l'inizio di settembre, riapre la caccia. Sono tantissime le associazioni, ma anche i responsabili dei Centri di Recupero Animali Selvatici (ad esempio il qui citato "Il Pettirosso" di Modena), che da settimane stanno chiedendo a gran voce quantomeno il rinvio e alcune limitazioni, se non la sospensione, della stagione venatoria per questo 2017. Anche l'Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) raccomanda alle Regioni italiane una forte limitazione della caccia, per non infliggere il colpo di grazia ai selvatici seriamente messi alla prova da incendi e siccità. "L'Ispra consiglia alle Regioni di sospendere l'allenamento dei cani da caccia (che stressa la fauna selvatica), vietare la caccia da appostamento (che si svolge presso gli scarsi punti di abbeverata rimasti), posticipare all'inizio di ottobre o limitare numericamente la caccia agli uccelli acquatici (come le anatre) e alle specie oggetto di ripopolamento (come lepri e fagiani), vietare per due anni la caccia nelle zone colpite da incendi (fonte: Ansa)". Alcune Regioni, pur confermando fin d'ora l'apertura regolare della caccia, hanno programmato in effetti alcune limitazioni orarie e/o di specie cacciabili. Resto perplessa di fronte alle limitazioni orarie, come se anatre, colombacci e volpi sapessero guardare l'orologio per uscire dal loro nido o dalla loro tana, ma al contempo, in sincerità, non mi aspettavo di meglio. Soprattutto dopo un'estate in cui c'è stata l'ennesima dimostrazione di becera ignoranza umana di fronte alle esigenze degli animali, nella triste, tristissima vicenda che ha visto uccisa l'ennesima orsa, stavolta l'esemplare "KJ2". Dispiace vedere che, nella scala delle priorità degli esseri umani, gli animali (e in particolare quelli selvatici) occupano ben facilmente l'ultimo posto, o addirittura non entrano neppure in classifica. Cambieranno mai le cose?

sabato 13 maggio 2017

Cat-Litter Almonature: la super lettiera naturale!

Da qualche anno a questa parte stanno diffondendosi le lettiere biodegradabili ed ecologiche, smaltibili direttamente nel wc con gran beneficio dell'ambiente. Ricavate da materiali naturali, questi prodotti non hanno nulla da invidiare alle classiche lettiere minerali, anzi! Io mi sono convertita al loro uso fin da subito e ne ho provate di diversi tipi, marche e prezzi. Tutte mi hanno complessivamente soddisfatta e ammetto che, potendo la mia gatta beneficiare anche del giardino per evacuare i suoi bisogni, non mi sono mai fidelizzata ad un solo marchio: le ho trovate tutte più o meno assorbenti e inodori, tutte più o meno pulibili con facilità (scegliendo accuratamente quelle che "fanno la palla"), tutte abbastanza confortevoli per la mia gatta, anche se le più economiche hanno i granelli piuttosto grossi e ruvidi. E poi è arrivata la lettiera biodegradabile di Almonature, Cat-Litter.


Quando un'azienda come la Almo decide di immettere sul mercato un nuovo prodotto per i nostri animali, possiamo essere sicuri che sarà praticamente il meglio che potremmo volere. Cat-Litter è una lettiera completamente naturale, a base di fibre vegetali.
All'apertura del sacchetto mi sono trovata di fronte una sabbia dorata e leggera, pulita e finissima... messa nel contenitore, onestamente mi è parsa quasi una porzione di una spiaggia tropicale, anzichè una ben più prosaica lettiera per gatti. E ho pensato subito a quella battuta che si fa sul gatto che viene portato al mare e, di fronte alla spiaggia, esclama: "Caspita, questa sì che è una lettiera!".
Ecco, questa è stata anche la mia esclamazione di fronte a Cat-Litter! Ma all'utilizzo come si sarebbe rivelata? E Paciocca avrebbe condiviso il mio entusiasmo?


Risposta positiva ad entrambe le domande!
La sabbietta fine è davvero confortevole per le zampe di Paciocca, ma soprattutto sembra restare sempre pulita e inodore, perchè l'amido delle fibre vegetali ha un alto potere aggregante a contatto con i bisogni... oltre alla texture da sogno, il maggior pregio che ho apprezzato in questa lettiera è proprio la facilità con cui si può pulire: a contatto con Cat-Litter le evacuazioni formano velocemente un aggregato compatto, più piccolo rispetto alle "palle" delle altre lettiere. Inoltre ho notato che gli agglomerati non si attaccano al fondo della vaschetta, che resta pulita: un bel punto in più, rispetto alle sabbiette con le quali si deve "grattare" per rimuovere la parte sporca. Questo significa riuscire a pulire a perfezione la lettiera, sprecando al contempo molto meno prodotto (la sabbia pulita scivola via dalla paletta, non si incastra nei fori) e garantisce una durata molto soddisfacente. Se usato correttamente, un sacchetto di Cat-Litter dura un intero mese per gatto.

 
Volendo approfondire ancora (abbiate pazienza, qui si va sul raffinato...!): un altro pregio non indifferente di Cat-litter si ha anche con i bisogni solidi, in particolare se avete un gatto che soffre di periodica diarrea (come capita alla mia). La sabbietta "impana" le feci quel tanto che basta per isolarle dal resto della lettiera pulita, lasciando però completamente osservabile la forma (e quindi la consistenza) del "prodotto" felino. Senza voler scendere in ulteriori e scabrosi dettagli, è la prima e unica lettiera con cui posso monitorare così accuratamente la "qualità" delle evacuazioni della mia gatta, controllando così anche la sua salute intestinale. Se avete un gatto che soffre periodicamente di diarrea, saprete anche quanto è fondamentale accorgersi il prima possibile dell'evento, per regolare la dieta ed intervenire con i giusti accorgimenti. La particolare consistenza di Cat-Litter rende subito evidente l'eventuale mancanza di forma delle feci del gatto oppure se... la cacca "è bella" e possiamo stare tranquilli! ;-)

 

Ma veniamo ai consigli pratici per il miglior uso di Cat-Litter Almonature:
- E' sufficiente porre nella vaschetta uno strato di 2 cm di prodotto: anche con una quantità ridotta di lettiera, il suo potere agglomerante assicura comunque un'adeguata assorbenza. Ovviamente la sabbia va sempre ripristinata via via che la parte sporca viene eliminata.
- E' consigliabile disporre la vaschetta su un tappeto: se il micio potrà zampettare su un tappeto immediatamente fuori dalla lettiera, questo eviterà che la sabbietta più fine venga trasportata nell'ambiente. Cat-Litter infatti è così leggera che resterà catturata dalle fibre del tessuto, non appena il vostro adorato felide ci camminerà sopra uscendo dalla vaschetta.
- Gli agglomerati sporchi hanno dimensioni molto ridotte e possono essere gettati direttamente nel vostro wc (oppure smaltiti con i rifiuti umidi). Questo vale per ogni sabbietta biodegradabile, ma confesso che le lettiere vegetali più economiche, di solito a grana molto grossa, non mi sono mai azzardata a buttarle nel wc, temendo di intasare lo scarico... invece con Cat-Litter viene quasi spontaneo farlo, sia perchè gli agglomerati sono davvero piccoli, sia perchè la sabbietta vegetale è così fine da non dare alcuna preoccupazione (naturalmente non gettate mai l'intera lettiera nel wc, ma solo gli "scarti"!).
- Proprio in virtù della facilità con cui si pulisce, Cat-Litter non necessita di essere mai completamente rinnovata. Se si vuole lavare la vaschetta, lo strato di lettiera ancora pulito va tenuto da parte e riutilizzato insieme a nuova sabbietta, ma non è necessario gettarla tutta periodicamente (come invece si deve fare con lettiere i cui agglomerati sono meno compatti, perdenti frammenti che vanno a inquinare il resto della sabbia).


Quanto al prezzo? A mio parere va rapportato alla sua durevolezza e alla sua qualità, ma soprattutto alla comodità e igienicità superiori che Cat-Litter garantisce. Insomma, si tratta di una lettiera di alta qualità che farà felice non solo il vostro gatto, ma anche il vostro naso e le vostre mani alle prese con la quotidiana pulizia della vaschetta, rendendola un'operazione più veloce, più pulita e inodore. Può una lettiera fare tanta differenza? In questo caso, dopo averla provata per un paio di settimane, mi sento di rispondere davvero di sì e ve la consiglio senza dubbio (potete trovarla nei negozi specializzati o fare una ricerca sulla pagina Almonature). E, credete a me, già alla prima esperienza con Cat-Litter potrete quasi sentire il vostro gatto commentare: "Caspita, questa sì che è una lettiera!". Provare per credere.

mercoledì 6 luglio 2016

Educare alla biodiversità, tra passione e vocazione professionale

"All’epoca delle scuole elementari (così si chiamavano, vent’anni fa), amavo moltissimo passare i miei pomeriggi liberi nel mio giardino, nella campagna ferrarese. Piccola naturalista in erba, osservavo con curiosità e passione le piante, gli insetti sfuggenti e multicolori, gli uccelli cinguettanti e le mutevoli nuvole, senza rendermi conto del valore di ciò che mi circondava e senza minimamente sospettare che, un giorno non troppo lontano, le cose sarebbero potute cambiare (stavano già cambiando). Oggi, rispetto ad allora, nel mio giardino sono calati drasticamente gli avvistamenti di rondini, farfalle, api, pipistrelli e piante spontanee che un tempo costituivano i miei quotidiani interessi infantili. Chiaramente, a quell’epoca non sapevo neppure che piante, insetti, mammiferi e uccelli, insieme a tutte le altre forme viventi che popolano il nostro pianeta, danno luogo a un meraviglioso quadro naturale che gli scienziati hanno chiamato “biodiversità”. 


Incontrai il termine pochi anni più tardi, sul finire delle scuole medie, quando una grossa rana del deserto (Notaden nichollsi) campeggiava sulla copertina del National Geographic, il cui titolo era appunto: “Biodiversità. La vita in gioco” (National Geographic Italia, 1999). Lessi gli articoli con attenzione ma, lo ricordo bene, allora non compresi del tutto né cosa ci fosse di tanto speciale in quella parola che descriveva l’insieme di tutte le specie viventi sul pianeta, né il motivo per cui la loro sopravvivenza fosse così a rischio. E soprattutto, non riuscii ad afferrare perché la cosa dovesse essere importante per me, essere umano tredicenne del pianeta Terra. 



Se oggi mi chiedessero di spiegare cos’ha di speciale la biodiversità e perché è fondamentale per la nostra vita, sarei molto più preparata: in questa tesi ho, anzitutto, cercato di condensare le mie conoscenze in proposito. Oggi sono anche molto più preoccupata, perché quella minaccia alla sopravvivenza delle specie viventi, che allora non avevo compreso leggendo il National Geographic, adesso mi è tragicamente chiara: siamo noi, umanità del Terzo Millennio, che con questo nostro vivere, consumistico e sconsiderato, stiamo condannando all’estinzione una vasta porzione di biodiversità. E siamo altrettanto noi i responsabili della situazione di grave crisi ecologica globale, che oggi si palesa in rapporti scientifici sempre più allarmistici e drammatici, mentre i dati e le esperienze ci mostrano un clima impazzito, un inquinamento sempre più pervasivo e incontrollabile, un ambiente sempre meno ospitale per le diverse forme di vita, un ecosistema planetario talmente alterato i cui effetti si ripercuotono anche sul nostro benessere e la nostra sopravvivenza. 


Eppure, per quanto la situazione sia critica, complessa ed estesa, in quanto responsabili siamo anche gli unici che possono agire in senso contrario, nel tentativo di apportare i sufficienti e significativi cambiamenti al nostro stile di vita, affinché la crisi ambientale (di cui la perdita di biodiversità è solo una parte) quantomeno rallenti, nella doverosa speranza che possa anche affievolirsi, fino alla restituzione alle nuove generazioni di un pianeta Terra ospitale, fertile, ricco di specie viventi e di possibilità anche per la vita umana"
.


Questo è l'incipit della mia tesi "Insegnare la biodiversità. Un'educazione interdisciplinare per l'emergenza ecologica", con cui ho preso la seconda laurea (in Scienze della Formazione Primaria), sulla biodiversità e l'importanza di una corretta educazione ambientale nella scuola primaria. Scrivere questa tesi è stato per me uno dei piaceri dell'ultimo anno, ci ho messo interesse e passione, ma anche scrupolo e rigore scientifico: sono stata davvero contenta che sia stata così apprezzata anche dalla commissione! E da settembre prossimo, sperando di lavorare già come supplente nelle scuole, mi impegnerò a fondo perchè la crisi ecologica, l'importanza della tutela ambientale ma soprattutto il senso di appartenenza e di meraviglia verso l'intera biosfera, possano diventare temi d'interesse e passioni anche dei bambini che conoscerò e con cui andrò a lavorare. Il primo passo è fatto, cari amici... e intanto prosegue quest'estate di grandi traguardi!

mercoledì 18 maggio 2016

"Cowspiracy", come un pugno nello stomaco

Questo film ha la forza di un pugno che arriva dritto nello stomaco. Credi di guardarlo sapendo già tutto, soprattutto se sei una persona informata ed "ecologista": sai già che il cambiamento climatico è un problema globale, urgente e drammatico. Sai anche che, in quest'emergenza mondiale, una grave parte è giocata dall'allevamento industriale, responsabile di esorbitanti emissioni di gas serra in atmosfera, per tacere di inquinamento e consumi idrici legati alle coltivazioni per alimentare gli animali che diventeranno le nostre bistecche. Ma Cowspiracy va oltre questo: oltre a riproporre tali problemi con dati e ricerche, mette in luce come il ridurre la carne dalle nostre diete non basti: bisognerebbe eliminarla del tutto. E afferma quindi, con coraggio e coerenza, che un "ecologista" non può dirsi davvero tale se continua a seguire un'alimentazione onnivora.

 
Il film passa in rassegna più e più temi, tutti connessi: dall'effetto serra che negli ultimi secoli è "decollato" a causa delle attività umane, al grave impatto che ha in questo senso proprio l'industria della carne; dalla necessità di informarsi e cambiare abitudini alimentari, alla difficoltà di capire davvero quali scelte tutelino l'ambiente e quali invece siano semplici atteggiamenti di facciata. Anche se le motivazioni ecologiste non sempre coincidono con quelle animaliste, in Cowspiracy c'è anche una scena shock nella quale viene mostrata esplicitamente l'uccisione di un'anatra. Peraltro un'anatra allevata in campagna, una di quelle che ha relativamente vissuto un'esistenza piacevole e che non è mai stata sottoposta (fino a quel momento) a sofferenze e trattamenti indicibili. Ci viene mostrato ciò che tutti cerchiamo di ignorare, un atto che pochi di noi si sentirebbero di fare di persona: uccidere a sangue freddo quell'anatra, fiduciosa e inerme, con le proprie mani, per fare diventare quell'animale, vivo e cosciente, un semplice pezzo di carne da consumare. Seguono alcuni secondi di silenzio, di fronte all'insopportabilità della scena che abbiamo visto. E la domanda: "Se non sopporto di farlo io stesso, come posso pensare di farlo fare ad altri per me?".

Fonte: Wikipedia
Sia chiaro: il film non è perfetto e alcune perplessità me le ha sollevate. Alcune delle maggiori organizzazioni ambientaliste mondiali (e/o americane) vengono accusate di "omertà" a favore delle lobby dell'allevamento industriale, non divulgandone le gravi conseguenze per l'ecosistema. In realtà io stessa ho appreso e ricavato tanti dati a proposito di questo problema proprio sui siti di alcune di queste organizzazioni! Quindi una prima critica va al tono eccessivamente complottistico che fa di tutta l'erba un fascio per quanto riguarda le associazione ambientaliste, accusate di essere complici del sistema industriale della carne.
Un'altra personale perplessità mi è sorta a proposito del finale, una sbrigativa quanto superficiale critica all'alimentazione "solo vegetariana" a favore di una integralmente vegana, sulla base del fatto che tutti i latticini sarebbero nocivi per l'essere umano, poichè derivanti dal latte che è un "fluido di accrescimento per vitelli". Suvvia, il latte è un composto di acqua, grassi e zuccheri! A mio parere questa "fobia antilatticini" è una posizione infondata, vagamente modaiola; condivido molto di più le intelligenti considerazioni di Bressanini.
Se invece parliamo di abbracciare la dieta "vegan" perchè anche uova e latticini possono comportare sofferenza animale e impatto ambientale, è un altro (e a mio parere ben più valido) discorso, fermo restando che ciascuno deve decidere in base alla propria coscienza, convinzione e sensibilità.


Detto questo, Cowspiracy resta un ottimo documentario che mette in crisi le nostre abitudini alimentari, ma anche la nostra coscienza apparentemente pacificata da quei gesti ecologisti che ci costano meno fatica. Diretto e prodotto da Kip Andersen e Keegan Kuhn, ne consiglio la visione a tutti, poichè trovo sia meglio prendere pugni nello stomaco adesso, vedendo un film che ci mette in guardia sul collasso prossimo del nostro pianeta, piuttosto che domani, quando quello stesso colpo ci sarà inferto dalla catastrofe già avvenuta, ma non potremo più reagire.

mercoledì 6 aprile 2016

Un mese da pecore, nel sottomura di Ferrara!

Oggi vi parlo con molto piacere e simpatia della mia città, Ferrara, che negli ultimi giorni ha ricevuto anche una certa attenzione mediatica per una curiosa scelta dell'amministrazione comunale... un'idea che, in realtà, non è esattamente una novità, eppure in Emilia Romagna è certamente il primo comune ad aver assunto un gregge di pecore per lo sfalcio di una vasta area verde pubblica! Da fine marzo, infatti, tutto il sottomura ferrarese sta ospitando centinaia di pecore, sotto l'attento controllo del pastore bresciano Massimo Freddi e dei suoi due cani Moro e Flay: il gregge stazionerà sul verde pubblico che circonda la città fino a maggio, per poi tornare nel bresciano per l'alpeggio estivo. L'idea è accattivante e vincente: le pecore "tosano" l'erba e si nutrono gratuitamente (concimando peraltro in maniera ottimale il terreno), con un risparmio economico rispetto alle normali imprese di sfalcio del verde e con un approccio certamente più ecologico. Senza contare che le pecore sono simpaticissime!


Notate la differenza tra il prato "tosato" dalle pecore e quello ancora da brucare!
 

Ma tra i migliori risultati di quest'impresa c'è soprattutto il sollucchero dei ferraresi, che hanno incontrato il gregge in una delle zone più amate e caratteristiche della città: le mura medievali immerse nel verde, popolate di pecore belanti, agnellini e qualche capretta, per un insolito e simpatico spettacolo bucolico. Certo, andando indietro di un lustro, qualche piccolo gregge era diffuso anche nelle nostre campagne... ma ormai si tratta di un mestiere scomparso nella nostra zona. Così, poter incontrare a tu per tu animali pacifici, mansueti e candidi come le pecore, ha fatto letteralmente "impazzire" i ferraresi, che si fermano incuriositi ad osservare gli animali, scattando foto ed emettendo gridolini compiaciuti, perchè a dire il vero... il gregge nel sottomura è proprio un bello, bello spettacolo: mentre la primavera sta sbocciando, in un sottofondo di belati e campanacci, è davvero un piacere fermarsi nel prato ad osservare centinaia di pecore che brucano, alcune vistosamente gravide, mentre agnellini appena nati compiono i primi passi e i più grandicelli inseguono la mamma per una poppata. 

 
  


Io stessa non ho resistito e sono andata a vedere il gregge prima che ho potuto... sono partita entusiasta e sono tornata estasiata, perchè osservare le pecore è stata un'esperienza sinceramente rasserenante: agnelli grandicelli che si sfidavano a "testate", pecore accovacciate e pecore trotterellanti, caprette guardinghe ma molto voraci, ed infine perfino un agnellino appena nato, ancora sporco di muco, mentre veniva leccato amorevolmente dalla mamma. Vedere gli sforzi del piccolo per reggersi in piedi, ma anche la tranquillità serafica della madre mentre lo puliva e lo sosteneva con il suo stesso muso, è stata una visione pacificante
Iniziative come questa credo siano davvero da elogiare, al di là del vantaggio economico, perchè sono in grado di riavvicinare, con semplicità, persone di tutte le età alla natura e ai suoi cicli: in questo caso sottoforma di simpatiche e miti pecorelle! 

L'agnellino nato da poco, mentre la mamma lo accudisce e lo incoraggia nei suoi primi passi.


Gli ovini, rigorosamente controllati a livello sanitario, sono tenuti in sicurezza all'interno di un recinto che viene periodicamente spostato, in modo che gli animali abbiano costantemente erba fresca da brucare. Nelle varie interviste pubblicate sui quotidiani, il pastore Freddi esprime soddisfazione per quest'accordo con il comune di Ferrara, anche perchè non è scontato trovare luoghi adatti dove portare gli animali per la transumanza: "Per noi è importantissimo avere a disposizione spazi verdi come questi perché agricoltura e industria stanno spopolando e non è più possibile fermarsi per far pascolare i capi" (Estense.com). Nel mese di permanenza saranno organizzate anche iniziative per le scuole, magari in occasione della tosatura di qualche capo, dal momento che la pastorizia è un mestiere antico, ormai sempre meno diffuso ma per questo forse ancora più affascinante, per grandi e piccini. Insomma, un’iniziativa autenticamente sostenibile, dal momento che permette di ottenere al contempo benefici ecologici, economici ma anche sociali: ne è prova il genuino stupore dei cittadini, di tutte le età, che si fermano ad osservare le placide pecore al pascolo, nella cornice delle mura medievali della città. Del resto, con buona pace dei soliti detrattori e dei noiosissimi cinici di turno, il belante gregge è dotato di una simpatia naturale irresistibile!