domenica 1 maggio 2016

"Io e Billy" di Louise Booth

I gatti, lo sappiamo, con speciale sensibilità, sguardo penetrante e passo felpato sembrano avere accesso a più dimensioni della nostra realtà: si muovono senza difficoltà tra natura selvatica e mondo antropizzato, sono creature diurne e notturne, comprendono i nostri stati d'animo e in parte li influenzano, riescono a cogliere quelle misteriose increspature nel reale che a noi umani sfuggono. E quando siamo noi uomini, a chiuderci in una dimensione impenetrabile, da chi possiamo essere raggiunti se non da un gatto?
La storia (vera) di "Io e Billy" è proprio questa: un gatto che raggiunge e salva, in un certo senso, un essere umano che sarebbe altrimenti perduto nel suo proprio mondo, incomprensibile e invalicabile per gli altri uomini. Perchè Fraser, un bambino di tre anni, purtroppo vive proprio questo: è autistico e passa le sue giornate tra crisi d'ansia e scatti di rabbia, difficoltà relazionali anche con i suoi genitori, routine rigidamente fissate nel tentativo di rassicurarlo e di dare stabilità alla sua particolarissima visione del mondo. Louise e Chris, i genitori, cercano il più possibile di comprendere il suo autismo e le sue esigenze, senza riuscirci mai del tutto: Fraser, per quanto sia amato e protetto dai genitori, ad un certo punto resta sempre solo nel suo orizzonte. Finchè non arriva Billy, un micio trovatello bianco e grigio, che si rivela essere l'unica creatura in grado di comunicare davvero con Fraser, dandogli fiducia, affetto e istintiva comprensione. Fraser non è più solo.


"Io e Billy" è soprattutto la storia vera di una famiglia alle prese con un figlio autistico: le difficoltà, le speranze spesso infrante ma mai abbandonate, le piccole e inaspettate conquiste, la grande stanchezza ma anche la continua volontà di crescere il bambino nel migliore dei modi. E quando arriva Billy, il gatto si inserisce in quest'ordinaria lotta quotidiana, con l'eleganza e la spontaneità tipicamente feline: per il micio diventa naturale stare accanto a Fraser, poichè percepisce che il bambino ne ha bisogno. Tra Fraser e Billy nasce quindi un rapporto di amicizia e complicità in grado di dare al bimbo la sicurezza che gli manca, facendogli superare piccole (ma fondamentali) barriere che i genitori  erano mai riusciti a fargli scavalcare: Fraser inizia a fare le scale, accetta di essere lavato, comunica meglio, migliora la sua elasticità mentale rispetto alle novità. Un libro sull'autismo più che sui gatti, ma anche una storia che dimostra come gli animali possano realmente curare l'animo umano. Soprattutto quando questo è intrappolato in una dimensione inaccessibile al resto del mondo degli uomini. "Billy non ha fatto miracoli, ma ha aiutato nostro figlio a compiere piccoli passi: gli ha insegnato a mantenere la calma, lo ha incoraggiato a camminare, ad andare in bagno, a leggere. Piccoli passi che, sommati per me rappresentavano comunque un miracolo. Ai miei occhi Billy era il trovatello che aveva salvato il mio bambino ed ero assolutamente sicura che, senza di lui, non saremmo arrivati fin lì" (L. Booth, Io e Billy, p. 249).

1 commento:

  1. Per chi ama i gatti questo è assolutamente normale, essi sono esseri meravigliosi, non è assolutamente vero che un gatto non si affeziona al proprio padrone che poi, dire padrone non è nemmeno corretto visto che i gatti si considerano piuttosto nostri compagni... sì, ne sono convinta, sanno operare anche piccoli miracoli!!
    Grazie Silvia, buona settimana

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