mercoledì 29 aprile 2015

Operazione Cat Drop: l'ecologia dei gatti paracadutati sul Borneo

Oggi vi racconto una storia vera che, nel mondo, è ormai celeberrima: sia per la sua morale "ecologica", sia perchè nei decenni è diventata una sorta di leggenda, arricchendosi di ricami e dettagli che non necessariamente rispondono a stretta verità. Sto parlando dell'Operazione Cat Drop, passata alla storia per l'aver paracadutato sul Borneo una grande quantità di gatti. Ma vediamo di capire cosa può essere davvero successo in quest'isola del sud-est asiatico, negli anni '50 del secolo scorso, quando l'Organizzazione Mondiale della Sanità decise di spruzzare massicce dosi di DDT per debellare le zanzare, al fine di contenere una grave epidemia di malaria. 


Come nelle più esemplari vicende ecologiche, succede che intervenendo in modo brusco su una popolazione, nell'ecosistema si rompe l'equilibrio con effetti imprevisti. Ed infatti il DDT, se effettivamente debellò le zanzare e quindi la malaria, produsse anche altri significativi cambiamenti che l'uomo non aveva valutato: mentre quasi tutte le popolazioni di insetti (non solo le zanzare!) calarono decisamente, una in particolare sopravvisse e si moltiplicò nettamente. Si trattava dei "bruchi mangia paglia", insetti che proliferarono indiscriminatamente (non trovando più in natura altri competitori o predatori, morti per l'effetto del DDT) nei tetti di paglia delle case, iniziando a rovinarli irrimediabilmente. E così nel Borneo iniziò a verificarsi un incontrollabile decadimento dei tetti delle case. Ma non è tutto! Proliferarono anche i ratti, in maniera altrettanto incontrollabile e irrimediabile, perchè si verificò anche una grave morìa di gatti. Le varie versioni della storia si dividono sulle ragioni di questa ecatombe felina: alcune (le più "ecologiste") sostengono che i gatti morirono perchè nella loro catena alimentare erano entrati i residui del DDT spruzzato nell'ambiente, altri ritengono che i felini morirono perchè si contaminarono leccandosi il pelo e strusciandosi nell'ambiente, impregnato di insetticida.

Uno schema delle possibili interazioni DDT-popolazioni (cliccando si ingrandisce): fonte QUI
Quale che sia la ragione più fondata, il fatto incontestabile è che morirono anche i gatti a seguito della "spruzzatura" in grandi dosi di DDT in Borneo, lasciando la possibilità di moltiplicarsi alla popolazione di ratti. Un tale aumento demografico di ratti comportò un pericolo pari alla malaria: questi roditori sono infatti i vettori di tifo e peste, due malattie che diventarono una seria minaccia per la popolazione umana. Che fare, dunque? L'Operazione Cat Drop fu proprio ideata per ristabilire l'equilibrio ecologico tra gatti e ratti: la Royal Air Force inglese paracadutò quindi una grande quantità di felini domestici sul Borneo; addirittura alcune versioni della storia ritengono che i mici paracadutati siano stati ben 14.000! Ovviamente si sprecano i dettagli più fantastici in merito alle modalità di "lancio" dei gatti muniti di paracadute, con illustrazioni della vicenda poco credibili ma molto divertenti. Il fatto più probabile è che i gatti siano stati lanciati con un paracadute all'interno di grandi casse speciali, progettate apposta per resistere ad un tipo di trasporto di questo tipo. Quanto al numero di felini aviotrasportati, non è dato sapere quanti fossero in verità: resta il fatto che effettivamente l'Operazione Cat Drop si svolse davvero, al fine di "tamponare" un'emergenza venutasi a creare per uno squilibrio ecologico generato dall'uomo.

Fonte immagine: QUI
Tralasciando la paura mortale e gli eventuali danni subìti dai malcapitati gatti, lanciati da un aereo con un paracadute, questa storia ha molto da insegnarci: oggi come oggi, anche quando si agisce a fin di bene (debellare la malaria non era certo uno scopo negativo!), è quasi impossibile prevedere davvero tutti gli effetti delle nostre azioni... e, soprattutto, non possiamo dimenticarci la prima regola dell'ecologia: siamo tutti interconnessi e ogni ecosistema resta in equilibrio grazie ai rapporti esistenti tra tutte le sue componenti, animate (vive, la parte "biotica") e inanimate (la parte "abiotica"). Intervenire in modo massiccio e brusco in un ecosistema lo metterà necessariamente in crisi, alterandone il delicato equilibrio, e a farne le spese saremo anche noi esseri umani, pienamente inseriti nelle dinamiche naturali e ambientali, anche se molto spesso agiamo come se così non fosse.

mercoledì 22 aprile 2015

La frase del giorno: Nazim Hikmet

Non vivere su questa Terra come un inquilino o in villeggiatura nella natura.
Vivi in questo mondo come se fosse la casa di tuo padre.
Credi al grano, alla terra, al mare
ma prima di tutto credi all'uomo.
Ama la nuvola, il libro, la macchina,
ma innanzitutto ama l'uomo.
Senti in fondo al tuo cuore il dolore del ramo che secca,
della stella che si spegne, della bestia ferita,
ma prima di tutto il dolore dell'uomo.
Godi di tutti i beni terrestri,
del sole, della pioggia e della neve,
dell'inverno e dell'estate,
del buio e della luce,
ma prima di tutto godi dell'uomo.
Nazim Hikmet

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Una poesia per accompagnare la 45° "Giornata della Terra" che oggi ricorre, per farci riflettere sulla bellezza del mondo naturale che ci circonda, sulla responsabilità che è nelle nostre mani e anche sullo sforzo che dobbiamo fare per dare fiducia all'umanità, nel suo compito di diventare custode (e non più sfruttatore) dell'ambiente. Ne saremo in grado? Io penso che prima ancora di chiedercelo e dubitare, prima ancora di osservare e discutere su cosa facciano (o non facciano) "gli altri", abbiamo il dovere e la responsabilità di agire noi stessi in prima persona, ponderando ogni nostra scelta quotidiana in una direzione di "sviluppo sostenibile". Che la nostra azione sia efficace o meno, di fronte a una collettività apparentemente indifferente, è l'unico primo passo doveroso e possibile, fosse anche solo per dare un esempio diverso a chi ancora non ha la giusta consapevolezza. La collettività siamo tutti noi, l'ambiente è nostro: "viviamo in questo mondo come se fosse la casa di nostro padre".

venerdì 17 aprile 2015

La pulizia del gatto: un gesto quotidiano dai molti significati

Tra i tanti pregi dei gatti c'è la loro innegabile e leggendaria pulizia: dedicarsi alla toilettatura per i nostri mici è quasi una religione, un'occupazione che svolgono con intensa convinzione e grande cura quotidiana, praticandola più e più volte al giorno. Andare ad accarezzare un gatto proprio mentre sta pulendosi significa seccarlo e infastidirlo abbastanza: state interrompendo un momento importantissimo della sua routine, rovinando peraltro il lavoro compiuto. Come mai è così fondamentale per il micio domestico avere sempre la pelliccia morbida e pulita? Dietro alla pulizia del gatto, che scientificamente si chiama "grooming", c'è tutto un mondo da scoprire: non è solo una questione di igiene, ma risponde anche ad esigenze emotive e sociali.


Osserviamo il micio durante la sua pulizia: salvo problemi specifici o zone particolarmente sporche in quel momento, di solito il gatto inizia leccandosi le labbra e, una alla volta, le due zampe anteriori, fino a bagnarle sufficientemente per usarle come "spugna" da passare su guance e mento, occhi, orecchie e testa. Terminata l'accurata pulizia del capo, il micio passa a lisciarsi meticolosamente tutto il resto del corpo, passando la lingua con calma e concentrazione  su zampe e spalle, fianchi e pancia, genitali e coda, dalla base fino alla sua punta. Durante questa attività il micio potrà poi insistere con lingua e denti su zone specifiche: tra le dita delle zampe, ad esempio, spesso lo vediamo mordicchiarsi per eliminare lo sporco più resistente, cosa che farà anche sul mantello in caso di nodi. La lingua del gatto è ricoperta da specifiche papille che la rendono particolarmente "abrasiva", in grado di rimuovere pelo morto e sporco. Dopo la pulizia infatti il manto del nostro gatto appare più liscio e morbido, più lucido: che sia solo una questione estetica? Naturalmente no, si tratta prima di tutto di un bisogno fisiologico per mantenere il mantello in condizioni ottimali: una pelliccia arruffata e sporca è prima di tutto meno isolante, sia verso il freddo che verso il caldo. L'azione della lingua sul manto inoltre svolge l'importante compito di stimolare le ghiandole sebacee, affinchè queste rendano sempre impermeabile il mantello. Lisciarsi il pelo serve quindi anzitutto per assicurare al gatto l'isolamento migliore possibile, proteggendosi dalle condizioni ambientali sfavorevoli.


Pensate che in estate il gatto tende a leccarsi anche di più che in inverno: cospargersi di saliva è rinfrescante, tanto più se pensiamo che i gatti hanno le ghiandole sudoripare solo tra i cuscinetti delle zampe e quindi sudano relativamente poco. Per abbassare la temperatura corporea la pulizia diventa quindi una necessità fondamentale. Desmond Morris, famoso etologo, sostiene inoltre che dopo che il gatto si è steso al sole, poi sente ancor più l'esigenza di lisciarsi il pelo anche per una questione nutrizionale: la luce solare ha infatti stimolato la produzione di vitamina D, che viene assunta dall'animale direttamente leccandosi la pelliccia.
Non è finita qui: il "grooming" del gatto è fondamentale anche per rimuovere da se stesso tutti gli odori estranei, a cui è sensibilissimo, ripristinando il proprio odore specifico. Ecco perchè non dovreste mai accarezzare il vostro micio quando è impegnato nelle proprie pulizie corporee: andrete a depositare il vostro odore sul suo manto, proprio quando lui stava cercando di eliminare le tracce odorose "estranee"!


Dietro l'abitudine di pulirsi non c'è comunque solo una motivazione di salute e di igiene: lisciarsi il pelo spesso ha anche un significato emotivo e/o sociale. Avete mai notato che, dopo che avete sgridato il vostro gatto per una marachella, lui probabilmente ha iniziato a leccarsi con concentrazione, come se fosse un bisogno impellente? Questo è un tipico caso di "comportamento sostitutivo": significa che l'animale, a disagio per una determinata situazione, decide di impegnarsi in qualcosa di rassicurante e conosciuto come la pulizia del proprio corpo. Peraltro, il "grooming" è un'azione che genera rilassamento e conforto: il gatto agitato o nervoso tenderà a sfogare il suo stress anche tramite una pulizia ripetuta. Ugualmente non è un caso se il gesto usato dai gatti per esprimere fiducia e affetto reciproco sia proprio il "lavarsi a vicenda" ("allogrooming"): non c'è dichiarazione d'amore più diretta e palese tra gatti, segno di un'intimità profonda e di un legame sociale solido.


Lisciarsi il pelo è un vero e proprio rito irrinunciabile per il micio: significa prendersi cura di sè (e dei propri compagni felini) in molteplici modi, garantendosi un'ottimale termoregolazione ma anche proteggendosi da pioggia e freddo, sfogando eventualmente anche le proprie tensioni personali in un gesto tipicamente "antistress". Ecco perchè, qualora un gatto smettesse improvvisamente di lavarsi, dovremmo intenderlo come un campanello d'allarme per la sua salute. Il gatto che trascuri la cura del proprio mantello potrebbe infatti nascondere un malessere generale che va indagato quanto prima. Inoltre non dimentichiamoci di fare attenzione durante il cambio di stagione per i gatti a pelo corto, oppure sempre se abbiamo gatti a pelo medio o lungo: durante la pulizia il micio potrebbe infatti ingerire troppo pelo morto, con la formazione delle temibili "palle di pelo" e incorrere in qualche problema intestinale. 
Infine, avete mai sperimentato quanto rilassante sia il grooming felino? Non mi vergogno nel raccontarvi che, quando ero piccola e mi sdraiavo sul divano insieme ai miei gatti, qualche volta è capitato che questi mi abbiano fatto l'onore di "pulirmi" la testa. Credetemi: è meglio di un massaggio shiatsu!

martedì 7 aprile 2015

"La meravigliosa vita delle farfalle" di Gianumberto Accinelli

"... nascoste in un prato fiorito primaverile, si trovano le storie, gli infiniti racconti offerti dalla natura in attesa di qualcuno che li traduca in parole e li renda disponibili agli altri": così inizia il libro dell'entomologo Gianumberto Accinelli dedicato agli insetti più belli della terra, le farfalle, di cui ci svela vita, morte e miracoli. Grazie ad una rara dote di divulgatore e una genuina passione per il proprio lavoro, il suo "La meravigliosa vita delle farfalle" è molto di più di un libro sugli insetti: è una specie di romanzo scientifico, che appassiona e stupisce. Tra le pagine scopriamo l'origine e l'evoluzione delle farfalle: avreste mai pensato che discendono dai vermi? Ma scopriamo anche che i bruchi mangiano una quantità di cibo pari a 20 volte il loro peso corporeo... o, ancora, che alcune farfalle "annusano" con le antenne, mentre assaggiano con le loro zampette. Accinelli ci racconta di farfalle che si nutrono di sangue, ci svela l'esistenza di bruchi cannibali, ma ci spiega anche l'utilità e la simbologia di questi insetti che da sempre hanno affascinato l'uomo. 
Se le protagoniste indiscusse di questo libro sono "le perle dell'aria", le coloratissime farfalle, dopo averlo letto diventa però mirabilmente chiaro che sul nostro pianeta tutto è connesso: le montagne e i prati, le farfalle e i fiori, i bruchi e i cactus, l'agricoltura e gli uomini.

Ed è questo il miglior pregio di questo libro: parla essenzialmente di farfalle, ma per farlo non può fare a meno di parlare anche dell'uomo e della Terra, delle città e della natura che fatica a conservare i propri spazi vitali. Tra le campagne impestate dai pesticidi, dove sopravvivono solo le coltivazioni umane e non le piante spontanee necessarie alla sopravvivenza delle farfalle, e le città dove regnano cemento e asfalto, sembra che il 45% delle farfalle europee sia in crisi. Con una sorpresa: se volessimo aiutare questi meravigliosi insetti a sopravvivere, fornendo loro un habitat più adeguato alle loro esigenze, sarebbe più opportuno creare piccole "oasi" e corridoi ecologici in città, piuttosto che in campagna. Allo stato attuale delle cose è ancora difficile eliminare tutti i pesticidi dall'agricoltura e dalle campagne: meglio allora trasformare le città a misura di farfalla, coltivando su balconi, terrazzi, orti, cortili e giardini pubblici tutta una varietà di piante e fiori graditi a questi insetti multicolori. È questo il senso del progetto "Effetto farfalla": "Se tante persone curassero queste piante si creerebbero dei veri e propri corridoi ecologici che percorrerebbero la città unendo i parchi periurbani, spesso ricchi di biodiversità e quindi di farfalle, con quelli urbani trasformando la città in un unico grande parco" (G. Accinelli, La meravigliosa vita delle farfalle, p. 116). Per farlo, possiamo ad esempio informarci e acquistare i semi di piante e fiori da Eugea, spin off dell'Università di Bologna fondato proprio dallo stesso Accinelli... per creare tutti insieme città più a misura di farfalle e forse anche di noi uomini.

giovedì 2 aprile 2015

Auguri di buona Pasqua

Questo è un periodo in cui "Rumore di Fusa" non può occupare troppo il mio tempo e i miei pensieri, ma ci tenevo a lasciarvi i miei auguri per queste imminenti festività pasquali... chiaramente fatti a tutti voi insieme alla mia inseparabile gatta Paciocca, che ora si gode il giardino primaverile!