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mercoledì 26 settembre 2018

Confettura di pomodori verdi

Oggi condivido con voi la ricetta che mi ha tenuta impegnata la scorsa domenica, dopo il pomeriggio del sabato trascorso a "disfare" l'orto. Quest'anno in realtà avevo piantato solo una dozzina di piante di pomodoro, che nei mesi estivi hanno fruttificato oltre ogni più rosea previsione. Ho mangiato pomodori per tutt'estate, regalandone anche in lungo e in largo, e ancora ne ho il frigo pieno! Le piante hanno continuato a produrre anche in queste settimane e così erano cariche di pomodori verdi che non sarebbero mai maturati, complice quest'ondata di aria freddina e le giornate via via più corte. Sabato scorso, prima di levare tutte le piante, ho raccolto quindi diversi chili di pomodori acerbi, apprestandomi a trasformarli in un'ottima e originale confettura, adattissima per accompagnare formaggi freschi o stagionati, oppure per farcire una classica crostata.





Ingredienti (dose per 1 kg di pomodori, fate le dovute proporzioni per aumentare la quantità):
- 1 kg di pomodori verdi, al netto dello scarto;
- 350 g di zucchero semolato;
- 1 limone biologico (scorza e succo) di medie dimensioni.

Alla mattina: mettete in ammollo i pomodori, lavateli accuratamente, asciugateli e poi tagliateli a pezzetti, eliminando il torsolo e le parti più danneggiate. Io ho tenuto sia la buccia che i semi, a patto che il pomodoro fosse sano. Dopo aver ridotto a pezzetti i pomodori, porli in una casseruola insieme allo zucchero, alla scorza di limone a tocchetti (o grattugiata, come preferite) e al succo di limone: lasciarli riposare per almeno 6 ore, mescolando di tanto in tanto. Si creerà uno "sciroppo" molto abbondante, ma non preoccupatevi, si restringerà in cottura! 
Al pomeriggio, trascorso il tempo del riposo, trasferite la casseruola (importantissimo che sia a fondo spesso) sul fuoco e armatevi di pazienza: a me sono servite circa 3 ore per ottenere una confettura ben densa e caramellata, l'ultima ora ho dovuto mescolare di continuo per evitare che si attaccasse.
Ancora da bollente, invasare nei vasi ancora caldi dal lavaggio in lavastoviglie, chiuderli e aspettare: con il raffreddamento, il coperchio dovrebbe far uscire l'aria e sigillarsi automaticamente. In caso contrario, potete procedere con la bollitura a bagno-maria, oppure conservare in frigo.
Si tratta di un'ottima idea per non sprecare i pomodori che non matureranno più, ma che ancora sono sulle piante dell'orto in questo periodo... e avrete una confettura deliziosa, da gustare durante l'autunno e l'inverno, buona anche come "idea regalo" per veri buongustai!

venerdì 21 settembre 2018

Brillano le lucciole... nel mio giardino!

L'ultima magia di quest'estate, che questa domenica cederà il passo ufficialmente all'autunno, l'ho assaporata a sorpresa a inizio settembre, avendo l'occasione di attraversare il mio giardino a sera inoltrata, con il buio fitto... camminando sul prato già rorido di guazza notturna, mentre i miei occhi si abituavano all'oscurità, ho iniziato a notare dei leggeri luccichii tra i fili d'erba. Uno qui, un altro più in là, oh... uno proprio vicino al mio piede! Non potevo crederci: lucciole, meravigliose e ormai rare lucciole, proprio nel mio giardino!
Giusto lo scorso anno vi avevo raccontato di quale preziosa e unica esperienza sia stata ammirarle in un bosco, mentre volavano nella stagione degli amori... ma vederle così, nel mio prato, è stata una sorpresa impagabile. Certo, le "mie" lucciole a vedersi paiono ben meno appariscenti di quel turbinio di stelle nella boscaglia, com'era stato in quella passeggiata di giugno... le "mie" lucciole, oltre ad essere infinitamente meno, sono anche meno mobili... sembrano stare ferme ferme, lumini discreti a punteggiare la coltre di buio, nascoste nell'erba fitta e rugiadosa della notte. E poi la loro luce non ha la tipica intermittenza rapida, semplicemente si accendono per alcuni, lunghi istanti, per poi spegnersi... e di nuovo, poco dopo, si illuminano di quel bagliore freddo e intenso, quasi magico. Che mistero era mai questo? Le lucciole che ricordavo io e che avevo visto nel bosco erano volanti, il bagliore era a rapida intermittenza... quante domande! 

Il volo delle lucciole, foto di Mike Lewinski su Wikipedia

Il mistero l'ho risolto però già la seconda sera di "avvistamento lucciole" nel mio prato, quando un'incauta lucciola, invece che stare appostata nell'erba, si è posteggiata sul marciapiede. A quel punto non ho resistito e l'ho illuminata brevemente con il cellulare. Pur non avendo grande esperienza in fatto di lucciole (se non quello che vi avevo già raccontato lo scorso anno), mi è bastato uno sguardo all'insetto per capire: non era una lucciola adulta ma una forma giovanile, senz'ali e quindi incapace di volare e di spostarsi in lungo e in largo! Preoccupatissima, sono rientrata in casa gridando alla tragedia con mio marito: il nostro prato era pieno di "piccoli di lucciola", come avremmo fatto a tagliare l'erba senza sterminare la rara, preziosa e inaspettata nursery?
"Non possiamo! Sono piccoli e indifesi, non possono volare, li uccideremo tutti! Sono come i bruchi prima di diventare farfalle! Non possiamo!" continuavo io a gemere in preda all'ansia.
"Mmm... ma quanto tempo ci mettono questi... piccoli a diventare lucciole adulte?" ha chiesto, perplesso ma pur sempre placido, mio marito.
"Devo documentarmi! Subito!" ho esclamato, sperando che magari le larve di lucciola ci mettessero solo una manciata di giorni a compiere la metamorfosi.
Ebbene, miei cari lettori, vi annuncio che, se una lucciola adulta vive giusto qualche giorno, la vita che quello stesso, effimero insetto trascorre come forma giovanile, come "piccolo" insomma... beh, è niente po' po' di meno che 2 anni. 2 ANNI!
Impossibile non tagliare l'erba per due anni interi...

Ecco una delle "mie" piccole lucciole!

Preoccupata e angosciata per la sorte dei "miei piccoli di lucciola", ho cercato di fare ulteriori ricerche in internet... venendo a capo a ben poco, perchè ormai questi meravigliosi insetti sono così rari che anche digitando su Google "tagliare erba del prato uccide lucciole?" non si ottiene risposta. Scommetto che siamo davvero in pochi a poterci porre questo problema, ormai.... anche nelle nostre campagne, iper coltivate e impregnate di prodotti chimici, le lucciole sono ormai quasi solo un ricordo. Tant'è che io stessa sono dovuta andare in un bosco per vederle! Ma evidentemente la natura resiste, resiste ed esiste in quelle piccole oasi che ancora le appartengono, in mezzo all'antropizzazione selvaggia.
Voglio tranquillizzarvi subito, comunque: dopo aver scoperto che i fattori che più impediscono la sopravvivenza delle lucciole sono l'illuminazione artificiale e i veleni agricoli, mi sono rassegnata a tentare la sorte e tagliare l'erba. In fondo abbiamo sempre avuto cura del nostro prato, fin da inizio primavera... e se le lucciole c'erano, forse non le avevamo mai disturbate nonostante lo sfalcio. Preso il coraggio a due mani ho tosato il prato e, quella sera stessa, non appena calato un buio soddisfacente, ho ammirato ancora i discreti lumicini dei "miei piccoli di lucciola", tutti ben acquattati nell'erba! Che grande sollievo, non avevamo sterminato un'intera generazione di lucciole!

Femmina di Lampyris noctiluca, foto di Wofl~commonswiki su Wikipedia
Maschio di Lampyris noctiluca, foto di Hectonichus su Wikipedia

Appassionata da questa meraviglia scoperta proprio nel mio giardino, mi sono quindi documentata sull'intero ciclo vitale di questi straordinari insetti... ed ecco cos'ho scoperto! 
Anzitutto, da adulte lucciola maschio e lucciola femmina sono molto diversi: quella che comunemente chiamiamo "lucciola", dotata di ali e "lucetta" lampeggiante al termine dell'addome, è il maschio. La femmina invece è più simile allo stadio larvale, senz'ali e di forma allungata, e può emettere una luce per un tempo più prolungato. Nella stagione degli amori, ossia giugno, le femmine adulte emergono dall'erba, cercando di piazzarsi in cima a fili d'erba o di vegetazione, emettendo il segnale luminoso per farsi individuare dal maschio. A quel punto avviene l'accoppiamento, poco dopo il quale il maschio muore, mentre la femmina prosegue la sua vita per il tempo necessario a depositare fino cinquanta-settanta uova. Verso metà/fine estate dalle uova nascono le larve di lucciola, di forma allungata e poco appariscenti, capaci comunque di emettere la loro luce grazie al fenomeno chimico chiamato "bioluminescenza" (nessuna "lucetta" al termine dell'addome, è tutta una "magia" chimica!). Le larve sono terribili e accanite predatrici di lumache e chiocciole, che riescono ad uccidere e divorare grazie a un veleno che iniettano nella preda... e questo le rende temibili per le lumache e grandi alleate di ogni orto! È un vero peccato che oggi le lucciole siano state quasi sterminate dai nostri campi coltivati, perchè sarebbero una presenza importante e preziosa anche a lato pratico.

Una larva di lucciola, foto di Heinz Albers su Wikipedia
Una delle "mie" lucciole (ad una muta ancora più giovanile rispetto alla foto precedente) in caccia...

Povere lumachine... non hanno scampo di fronte alla letale larva di lucciola.

Le larve di lucciola, come detto, per diventare adulte ci mettono ben due anni... nei quali dovranno accrescere di peso, sopravvivere alla stagione fredda, ai predatori, all'inquinamento ambientale e luminoso e completare con successo cinque mute. E non appena finalmente "nasce" la lucciola adulta... è l'inizio dell'estate, la stagione degli amori, il momento giusto per ricominciare questo affascinante e complesso ciclo vitale.
Spero davvero che le "mie" piccole lucciole possano farcela e diventare adulte nel giro dei prossimi due anni... ma nel frattempo mi godo comunque la loro presenza, nella meraviglia di vedere questi piccoli lumini nel buio del mio giardino e la gratitudine di capire che, grazie a loro, abito davvero in un bel posto, evidentemente ancora abbastanza sano e ospitale per permettere perfino alle lucciole di tornare a viverci, insieme a noi. E con questo... alla prossima estate!

sabato 15 settembre 2018

Un micioscoiattolo irresistibile!

Buon sabato a tutti! Oggi un post velocissimo su un video che, in pochi secondi, vi conquisterà: esiste un gatto più sorprendente, tenero e puccioso di questo? Si tratta di un micio, di uno scoiattolo o di un volpino? Non è dato sapere... la cosa importante è che è fenomenale!




Non mi pronuncio sulle caratteristiche così "vaporose" della sua coda, quanto alla posizione di essa, ben eretta e dritta, insieme a tutto il resto della postura, esprime un chiaro interesse... forse per l'arrivo imminente delle proprie crocchette preferite? Anche questo non possiamo dirlo con certezza, ma noi ci accontentiamo di questi pochi secondi per goderci la sua bellezza e simpatia, e vivere il nostro weekend con un sorriso in più!

lunedì 10 settembre 2018

Anche ai gatti può spezzarsi il cuore

Oggi voglio raccontarvi due episodi della mia vita, due momenti completamente differenti che però, nel tempo, mi hanno sempre dato da pensare all'abisso profondo di sentimenti, consapevolezza, intelligenza e sensibilità che si cela dietro allo sguardo spesso imperscrutabile di un animale. Siamo portati a considerare i nostri gatti come allegri birbanti, simpatici giocherelloni, curiosi esploratori, pigri dormiglioni, quasi avessero un animo eternamente bambino. Siamo abituati a vederli esprimere, al massimo, disappunto per le nostre stranezze, oppure irritazione per i divieti che imponiamo loro nella nostra convivenza. Se li portiamo dal veterinario potremo vedere la loro paura e difficoltà nel gestire situazioni impreviste, se hanno modo di incontrare un loro simile "invasore" del loro territorio, potremo vedere la loro aggressività. I gatti di un gattile spesso esprimono tristezza e avvilimento, come ho già avuto modo di raccontarvi.
Difficilmente però assistiamo da parte di un gatto all'espressione di uno stato d'animo più complesso, come può essere ad esempio la speranza. E non parlo della normale, quotidiana aspettativa fiduciosa di ricevere la propria porzione di croccantini o le coccole, parlo di quella speranza esistenziale, intima e radicata che noi esseri umani riserviamo alle cose di cui più ci importa, quella speranza che, se delusa, fa davvero male, spezza il cuore. 
Avete mai visto ad un gatto spezzarsi il cuore? Perchè succede, anche a loro.

Orlando, uno dei gatti adottati al Gattile di Ferrara

La speranza è l'ultima a morire.
Nell'agosto del 2009 in famiglia dovemmo affrontare le perdite dei nostri amati gatti Trilli e Nico. Erano rispettivamente la mamma e il fratello di Paciocca, e se ne sono andati entrambi a causa di incidenti stradali. Morì prima Trilli e, dopo cinque giorni, Nico, probabilmente andato alla ricerca disperata della madre.
Anche Paciocca si era certamente accorta dell'assenza della mamma - per quanto fossero già tutti adulti e Trilli avesse smesso da almeno 6 mesi di trattare i suoi figli amorevolmente... anzi, era una gatta piuttosto stizzosa - ma, meno intraprendente di Nico, non si era azzardata ad allontanarsi da casa. Nico invece, animo esploratore e indomito come la madre, era partito irrimediabilmente, per non tornare più. Il pomeriggio che non lo vidi più in giardino, cinque giorni dopo la morte di Trilli, sentii una morsa di gelo nel cuore. Servì a poco chiamarlo per ore, dal primo pomeriggio fino a notte fonda. Nico non tornò mai più e quando, il giorno successivo, ne trovai il corpo esanime, fu solo l'ultima, tremenda conferma di qualcosa che avevo già intuito. Io ero francamente distrutta, non ci sono molte altre parole. Non occorre stare a spiegare che "era solo un gatto" è una frase completamente priva di significato, quando dobbiamo affrontare la perdita di qualcuno che amiamo, umano o non umano che sia.
Per Paciocca fu diverso, non potevo spiegarle a parole quello che era successo e non le avevo certo mostrato il corpo del fratello senza vita. La mia gatta - con cui allora, se paragonato al rapporto intenso che avevo con Trilli e Nico, non c'era ancora un feeling approfondito - apparentemente non tradiva alcuna particolare emozione: sempre discreta e riservata, Paciocca sembrava tranquilla come se non fosse cambiato niente. Ma era ovvio che anche lei dovesse provare qualcosa, fosse anche solo inquietudine: nel giro di cinque giorni erano spariti due componenti fondamentali (forse all'epoca, i più importanti) della sua famiglia.
Ebbene, arrivo al dunque, per raccontarvi l'episodio che mi spezzò il cuore, e probabilmente anche a Paciocca. Non credo di aver mai assistito prima alla palese manifestazione di una chiara speranza e felicità esistenziale da parte di un gatto, per aver ritrovato qualcuno di amato che si era perduto. E al successivo smarrimento nel comprendere che in realtà non è così.
Nico mancava ormai da 48 ore e, se io stavo già volente o nolente affrontando il lutto, per Paciocca non c'era ragione di pensare che i suoi compagni felini non potessero tornare da un momento all'altro. Distrattamente, spostai in cucina (il posto preferito di Paciocca) un cesto che negli ultimi tempi usava solo Nico, senza cambiare la coperta di pile che vi era dentro. 
Paciocca si avvicinò al cesto e, non appena vi fu entrata, annusando la coperta iniziò a fare profondissime fusa, mentre con le zampe scavava nel panno con convinzione, rovistando tra le pieghe alla ricerca del fratello, convintissima che fosse finalmente lì, tornato a casa. Mentre la osservavo ripresi a piangere silenziosamente, perchè non potevo spiegarle niente, non avevo modo di comunicarle che Nico non sarebbe più tornato, e che per quanto lei potesse cercarlo in quella coperta ancora impregnata del suo odore, non l'avremmo visto più. Man mano che i secondi passavano e Paciocca, pur avendo praticamente rivoltato in tutto e per tutto la coperta con le zampe, si rendeva conto che lì il fratello non c'era, smise di fare le fusa. Mi guardò, dal cesto, interdetta. L'olfatto le aveva giocato un brutto scherzo, Nico non era ritornato. Il mio cuore, già in lutto, quel giorno si spezzò di nuovo, nel capire che Paciocca, nella sua apparentemente composta tranquillità, stava invece sperando tanto quanto avevo sperato io di rivedere suo fratello... e quando avrebbe capito, in un modo o nell'altro, che Trilli e Nico non sarebbero tornati mai più da lei, sarebbe stata male esattamente come me.

Paciocca!

Un tradimento è un tradimento.
Il secondo episodio è ben più recente, e risale a quando dovetti portare a malincuore Silver in gattile. Dopo un paio di giorni che avevo lasciato il micio là, visibilmente confuso e disorientato, tornai a trovarlo. Per me il giorno peggiore era stato esattamente quello della decisione di affidarlo al gattile, unitamente al momento concreto in cui lo avevo chiuso nel trasportino - lui sempre fiducioso - e portato nella struttura. Per lui quel giorno deve essere stato senz'altro traumatico, ma è stato due giorni dopo credo di averlo davvero "ferito a morte", almeno a livello sentimentale. Fino a quel momento c'era, per lui, ancora la possibilità che il trasferimento in gattile fosse una specie di lunga permanenza da un veterinario, un viaggio inspiegabile ma temporaneo, certamente un errore. Perchè mai avrei voluto portarlo via da casa e lasciarlo nella gabbia di un gattile? Non c'era ragione, ci volevamo bene. E mi dimostrò con i fatti questo logico ragionamento, dal momento che non appena mi vide sulla soglia della stanza dove stava la sua gabbia, si drizzò subito in piedi, con la coda alta e vibrante, facendo un sacco di miagolii felicissimi. Anche io ero ero felice di vederlo, avevo voglia di coccolarlo di nuovo, anche per capire come effettivamente avesse preso l'entrata in gattile. E quello che accadde poco dopo spezzò il cuore a entrambi. 
Mi avvicinai alla gabbia (in gattile i primi giorni i gatti vengono tenuti lì, perchè si "abituino" in sicurezza agli altri felini della stanza) e la aprii: subito Silver si sporse per farmi un mare di fusa e darmi le sue usuali testatine, mi mise anche le zampe sulle spalle come era solito fare, per poi "appollaiarsi" tra collo e schiena. Io non lesinai coccole e grattini, e le frasi tipicamente "dolci" che si riservano ai gatti di famiglia. Ma quando lo ricollocai nella gabbia, sempre aperta, restando ferma lì davanti e continuando a fargli le coccole, senza però accennare a rimetterlo in un trasportino, o a portarlo fuori dalla stanza... qualcosa si ruppe. 
Le fusa diminuirono, l'entusiamo calò all'improvviso e Silver, dopo avermi dato un'ultima occhiata, si appallottolò nella gabbia, voltandomi le spalle, come se all'improvviso non avesse più importanza che ero venuta a trovarlo. La gabbia era ancora aperta, io ero ancora lì davanti a lui che gli accarezzavo la testa, il collo, le orecchie... ma lui aveva capito, dopo averci creduto davvero, che quel giorno non ero venuta per riportarlo a casa e che lui sarebbe rimasto lì. E questo era tutto, non c'era più speranza, non c'era più dubbio: non mi ero sbagliata, il gattile non era temporaneo, non era uno brutto scherzo, il mio era stato un abbandono, un tradimento in piena regola. 
Mi viene ancora la pelle d'oca a pensare a quel momento, quando si girò di spalle e si appallottolò di fronte a me... non tanto per il rifiuto che mi propose, che capisco e che era inevitabile, quanto per aver assistito esattamente all'attimo in cui ho deluso, tradito la speranza viva e fiduciosa di un gatto che mi ha voluto bene, che chiaramente aveva creduto che io fossi tornata per riportarlo a casa, mentre invece gli ho dato l'orribile conferma di averlo - nella pratica - abbandonato definitivamente.
Le volte seguenti in cui tornai al gattile, quando Silver era già libero e inserito nella comunità felina della struttura, con me non fu mai scostante o indifferente, anzi era sempre ben disposto alle coccole, ma non vidi mai più quell'entusiasmo, quella felicità, quella confidenza speciale che si riserva a una persona amata. Beneficiava delle mie coccole più o meno come di quelle di chiunque altro. L'avevo abbandonato, non ero più la sua famiglia. Nei confronti di un gatto non conta meno, un tradimento è un tradimento.

Silver: se vi siete persi la sua storia e volete sapere come è andata a finire, potete leggere qui e anche qui.

Ora, non so cosa ne pensiate di questi due episodi che vi ho raccontato. Chi non ha esperienza di gatti potrebbe perfino commentare che ho esagerato nell'interpretarli, caricando di troppo significato gli atteggiamenti di Paciocca e Silver... eppure ogni volta che ci ripenso, le mie conclusioni sono sempre queste. Perfino chi conosce e già ama moltissimo i gatti, potrebbe comunque stupirsi della profondità e sfaccettatura dei loro sentimenti, che si avvicinano molto ai nostri... Io stessa, nel rendermi conto di quanto a fondo arrivasse la consapevolezza felina, mi sono sentita estremamente toccata. Per quanto mi sforzi, resta anche in me quella tendenza antropocentrica a considerare l'essere umano "su un altro piano", rispetto alle altre creature viventi. Come se i nostri sentimenti fossero di serie A, rispetto ad altri. E capire che invece non c'è poi tanta differenza tra le speranze, le delusioni, il senso di abbandono che possono abitare nel profondo dell'animo umano e di quello non umano, mi ha dato parecchio da pensare. Immagino che il mio discorso valga per qualsiasi altro animale dotato di un certo livello di intelligenza e sensibilità, ma non ho modo di dimostrarlo con altre testimonianze... ben volentieri ascolterò le vostre, anche riguardanti altri animali.

martedì 4 settembre 2018

Di mosche impollinatrici e tante altre meraviglie

Come già dicevo nello scorso post, per me uno dei pregi impagabili dell'estate è il tempo che posso dedicare all'osservazione del mondo che mi circonda, soprattutto a livello naturalistico. Le lunghe giornate luminose, trascorse sì facendo attività utili e domestiche, ma senza tutta la fretta e gli obblighi dei ritmi lavorativi, mi consentono ad esempio di poter fare una piccola escursione nel giardino o nei miei dintorni quasi ogni giorno, incontrando farfalle, falene o libellule... oppure, anche solo uscire di casa e non avere la fretta del diavolo che mi fa guardare solo l'orologio prima di salire in macchina, mi permette ad esempio di notare gli insetti curiosi che vengono a posarsi proprio sul mio marciapiede. Per un'entomologa mancata come me, è sempre una sorpresa gradita e un'opportunità preziosa per allargare le mie conoscenze... e quest'estate ho scoperto alcuni esemplari sconosciuti che mi sono divertita molto a osservare, ammirare e classificare.

Sembra un'ape, ma non è!
Una domenica prima di pranzo, ad esempio, ho avvistato una grossa Volucella zonaria, una mosca impollinatrice che è un vero bluff per i predatori: sfoggia i colori tipici del calabrone, ma in realtà è inoffensiva e, a mio parere, davvero bellissima! Nei giorni seguenti l'ho rivista (lei, o una sua compare), sui fiori della lagerstroemia, intenta a succhiare il nettare e a svolgere quello che è un suo importantissimo compito in natura: impollinare! Le impollinatrici "per eccellenza" nel nostro comune pensiero sono le api - insetti peraltro utilissimi all'uomo anche per il miele, la cera o la pappa reale - ma in realtà esiste un'enorme schiera di mosche impollinatrici che svolgono la stessa, fondamentale funzione, anche per la nostra agricoltura. Quindi, la prossima volta che disprezzate una mosca o la ritenete inutile per la vostra vita, sappiate che è anche merito suo se a tavola potete mangiare in abbondanza frutta e verdura! E poi le mosche impollinatrici sono quasi tutte molto belle...

Il capo giallo con occhi scuri è caratteristico dei calabroni... ma questa è chiaramente una mosca!
Volucella zonaria

Ecco altre mosche impollinatrici capaci di mimetismo che ho osservato nel mio giardino: altri ditteri (ossia "con due ali", non quattro come le farfalle o le api) che si fingono pericolosi come api o vespe, grazie al corpo a strisce gialle e nere, ma in realtà sono assolutamente inoffensive. Questa che vi mostro potrebbe essere Eristalis tenax e sembra davvero un'ape! Un trucco per distinguerla dalla sua "musa ispiratrice" dotata di pungiglione? Contare le ali, perchè appunto le api sono imenotteri, dotati di quattro ali (due paia), invece i ditteri ne hanno solo due (un paio solo).

Oltre alle ali, si possono osservare anche gli occhi, tendenzialmente più grandi rispetto a quelli delle api.
Mi pare di notare una differenza anche a livello di antenne (in Eristalis quasi non le noto, nelle api sono più visibili), ma non sono abbastanza esperta per indicarvelo come effettivo criterio di riconoscimento...

Il prossimo dittero è invece molto più piccolo sia di Volucella zonaria che di Eristalis... possiede l'abilità di restare fermo in volo per diversi istanti, immobile nell'aria come se fosse sospeso, solo grazie alle ali in continuo movimento. Non sono riuscita ancora ad identificarlo, perchè ce ne sono davvero tanti e tutti piuttosto simili... documentandomi, ho scoperto che un'altra dote dei ditteri è di essere carnivori allo stadio larvale, ed essere quindi predatori naturali degli afidi! Ecco un altro buon motivo per salutare con benevolenza queste moschine impollinatrici, che possono aiutarci a tenere sotto controllo le infestazioni degli afidi.


Per qualche strana ragione - un po' macabra, a dire il vero - gli insetti morenti o molto stanchi sembrano prediligere il marciapiede del nostro enorme porticone, come luogo per terminare la loro vita o riprendersi. Io li osservo e non li disturbo, giusto il tempo di una foto (rigorosamente senza flash) per poterli poi classificare, e lascio che la natura faccia il suo corso... alcune volte gli insetti riprendono il loro viaggio, altre lo terminano lì, come questa falena detta "sfinge della vite", Deilephila elpenor. Si tratta di un lepidottero abbastanza diffuso in Italia, ma che io personalmente non avevo mai visto... difficile dimenticarsi una falena così particolare: color rosa acceso, quasi fucsia, e senape. Una vera meraviglia! Peccato anche non aver potuto rintracciare il bruco di questa specie, un vero "gigante" con macchie molto appariscenti (a scopo difensivo). Chissà se, quando metterò anche una vite nel mio giardino (una delle piante nutrici del bruco), potrò vedere più spesso questa bella falena!




Purtroppo ha le ali e una parte di capo danneggiati... forse il motivo per cui non ce l'ha fatta.

Nell'estate 2017, nel campo di grano mietuto accanto alla mia casa, hanno vissuto e prosperato tante, tante generazioni di Argo azzurro (Polyommatus icarus). Quest'anno invece, ipotizzo per via della presenza del mais e non del grano, le farfalline Argo quasi non le ho viste, mentre ho notato un gran numero di libellule di ogni misura e colore. Bastava entrare tra le piante di mais per vederne a frotte, ma tante si sono anche spinte fin nel mio giardino e orto. Fotografarle è una soddisfazione, perchè le libellule tendono a stazionare al vertice di steli, rametti o supporti del giardino, restandovi immobili per lunghi minuti. È meraviglioso osservare le loro ali iridescenti, il corpo che sembra quasi uno stecchino colorato dai riflessi metallici, i grandi occhi lucenti... sembrano gioielli!






Infine, una bella carrellata di foto di creature volanti avvistate nel "Santuario delle farfalle" all'isola d'Elba, durante le mie vacanze dello scorso luglio. Per chi fosse interessato, il sentiero parte dall'area picnic sul monte Perone, fino ad arrivare (in circa 2 km) fino al monte Capanne, il più celebre dell'isola... che nostalgia quell'entusiasmante passeggiata nella pineta elbana, intenta ad avvistare il maggior numero di insetti!

Pyronia tithonus
Lasiommata megera

Ancora, due Lasiommata megera... le vedete entrambe? Sui sassi si mimetizzano!

Una sorta di "cervo volante"... non mi azzardo a classificarlo meglio, il mondo dei coleotteri è quasi infinito!

Un'ape in volo (notate le antenne visibili!) e un bombo sullo sfondo.

Due Amata phegea in accoppiamento
Ancora Amata phegea

All'isola d'Elba ho avvistato anche macaoni e podaliri, ma non sono riuscita ad immortalarli... sarà per una prossima volta, tornando in vacanza là! Che dirvi? Spero di non avervi annoiati con questa lunghissima carrellata di insetti... che non a tutti piacciono, ma io ne sono grande appassionata e più ne conosco, più vorrei saperne di più!