Pagine

sabato 23 febbraio 2019

Postura e movimento delle orecchie del micio: un modo di comunicare

Buongiorno amici gattofili! Oggi torno ad occuparmi di un argomento molto articolato, che non si può esaurire in un solo post: il modo di comunicare dei nostri amati gatti! Avevo già affrontato il tema  considerando l'espressività dello sguardo felino, ma anche in base ai tipi di miagolio che il nostro produce a seconda delle situazioni... questa volta prendiamo in esame le orecchie e le molteplici posture che possono assumere, perchè al pari dei movimenti della coda si tratta di un modo di comunicare vero e proprio. Avete mai notato quanto cambia il musetto di un micio a seconda di come ruota le sue orecchie? Ebbene, questo "trasformismo" non è casuale ma possiamo interpretarlo, accompagnato da movimenti di coda e sguardi, per cogliere messaggi ben precisi. Vediamo quali!

Paciocca in allerta, con le orecchie inclinate indietro: sta captando ogni rumore dell'ambiente!

Le orecchie del gatto sono il suo organo di senso più importante: l'udito del nostro felino domestico è finissimo, migliore anche di quello del cane, e il nostro ne fa largo uso per orientarsi nel suo ambiente e per cacciare. Grazie a ben 32 muscoli per ciascun orecchio, il gatto è in grado di ruotare le sue orecchie fino a 180°, inclinandole verso la fonte sonora che gli interessa indagare. Ma il gatto muove le orecchie in maniera inequivocabile anche come manifestazione di un certo stato d'animo, soprattutto in abbinamento ai suoi sguardi. Sta a noi interpretare nel modo giusto cosa voglia dire, con le sue "orecchie rotanti"!


Partiamo dalla manifestazione più chiara e palese: le orecchie abbassate, quasi schiacciate fino a scomparire sulla testa del gatto. Si tratta di un atteggiamento che comunica paura, ma anche aperta aggressività: appiattendo le orecchie sul proprio capo il gatto si sta "preparando" allo scontro fisico, poichè in tal modo le protegge da eventuali morsi e graffi. Pertanto, più il gatto ha orecchie abbassate, più significa che è talmente spaventato o arrabbiato da essere pronto a reazioni apertamente aggressive. Di solito, parallelamente alle orecchie schiacciate sulla testa, il gatto non manca di sottolineare la sua aggressività con brontolii profondi, oppure miagolii quasi urlati e laceranti, che presagiscono un attacco fisico.

Orecchie abbassate, pupilla dilatata... Gianduia è intimorito.
Orecchie schiacciate, sguardo attento: oltre al timore, Alì è pronto a reagire.
Orecchie inclinatissime, sguardo truce: Chantal è pronta a difendesi!

A partire da questa posizione eclatante, possiamo individuare poi tutta una gamma di posture intermedie di orecchie abbassate o piegate di lato: tendenzialmente ogni "inclinazione" di orecchie ci comunica uno stato d'animo inquieto, irritato o di vigilanza. Avete mai osservato, ad esempio, che il gatto nel momento del "gabinetto", di solito ha le orecchie inclinate all'indietro? Conscio di essere in un momento di particolare vulnerabilità, tenendo le orecchie orientate alle sue spalle si tiene quindi pronto a cogliere tutti i rumori sospetti, per poter agire rapidamente in caso di pericolo. 
Le orecchie inclinate vanno sempre e comunque contestualizzate: orecchie tese e inclinate possono sì comunicare cautela o timore verso situazioni sconosciute e potenzialmente pericolose, ma anche una certa dose di seccatura nei confronti di qualcosa che il gatto invece conosce benissimo e lo sta infastidendo. La mia gatta infatti si mette spesso con le orecchie inclinate quando si sente troppo "fotografata" da me, assumendo un'espressione di superiorità... in questo caso, non ci sono dubbi: le orecchie stanno comunicando "seccatura", non di sicuro ansia o paura.

Orecchie tese per ascoltare ogni rumore nell'ambiente:
Maya è tesa (lo si vede anche dalla pupilla dilatata!)
Paciocca, in questo caso sguardo e orecchie comunicano: "Ah, ci vuol pazienza con tutte queste foto...".

Un'altra formidabile modalità di comunicazione con le orecchie la osserviamo nel "gatto gufo", come lo chiamo io: il micio ci volta deliberatamente le spalle, graniticamente indifferente ai nostri richiami anche più melliflui, e ci degna semplicemente di una scettica "girata di orecchie", come a tenerci d'occhio da lontano. Questo atteggiamento è tipico dei gatti che - per un motivo o per l'altro - si ritengono offesi o non hanno voglia di entrare in relazione con noi proprio in quel momento. Spesso la mia gatta reagisce così quando la riporto coattamente in casa di sera, mentre lei avrebbe voluto continuare a bivaccare in campagna, godendo del fascino del buio. Frustrata, rifiuta categoricamente le coccole, mi volta le spalle e mi concede la sua attenzione solo girando le orecchie nella mia direzione, agitando al contempo la coda. Per fortuna il suo sdegno dura poco!

Trilli e la tipica postura "gatto gufo", in questo caso vista di fronte.
Il gatto a suo agio, calmo e sicuro della situazione che lo circonda, tiene invece le orecchie alte, dritte ma rilassate, leggermente "divaricate" rispetto alla fronte. Dovrebbe essere la postura "standard" per il nostro micio di casa in contesti quotidiani, sapendo che non appena ci sarà un rumore accessorio e improvviso le orecchie istintivamente ruoteranno verso di esso, per capire di cosa si tratta!

Bia: una micia sicura e "in affinità" con chi la sta guardando!
Cocò in questo momento ci comunica calma: orecchie rilassate sul capo e gli occhi pacificamente socchiusi.

Infine, ultimo caso da prendere in considerazione sono le orecchie aperte, ben dritte sul capo ma particolarmente "rigide" e tese: si tratta di una postura che spesso il gatto assume durante la caccia, in abbinamento a uno sguardo molto attento verso un punto preciso davanti a sè. Questa postura ci indica che il gatto è completamente assorbito da qualcosa di estremamente interessante, in un momento di massima concentrazione. Il micio può manifestare questa posizione delle orecchie anche durante un gioco molto coinvolgente, o davanti a qualcosa di lungamente desiderato e apprezzato: una coccola o un bocconcino prelibato, ad esempio!

Charlotte ha l'aria molto interessata a quello che sta per arrivare!

Per quanto riguarda la mia Paciocca, oltre che negli attimi "clou" della caccia, il suo momento migliore di "orecchie dritte e rigide", espressione di estrema concentrazione, lo manifesta in cucina di fronte a una padella di alici fritte! 
E voi, cosa mi raccontate dei vostri gatti e del loro modo di comunicare con le orecchie?

domenica 17 febbraio 2019

La frase del giorno: Torquato Tasso

In questa sorte avversa io mi affido a te, 
o bel gatto, alle tue pupille sacre; mi sembra
di avere davanti a me due stelle e di ritrovare
la tramontana in mezzo alla tempesta.
Torquato Tasso 
 
 
 
Una citazione di rara bellezza e sensibilità, per festeggiare oggi la "giornata nazionale" dedicata al nostro amato felino domestico! Questa parafrasi del Tasso è tratta da un sonetto dedicato alle gatte dell'Ospedale Sant'Anna, l'ospedale della mia città Ferrara, dove il poeta venne rinchiuso per sette anni, per "curare" la sua "follia". In questo periodo di sofferenza e prigionia, a consolarlo vi erano proprio delle gatte, a cui Tasso dedica il sonetto e a loro si affida per poter continuare a scrivere le sue opere:

Come nell’Ocean, s’oscura e ‘nfesta,
procella il rende torbido, e sonante,
alle stelle, onde il polo è fiammeggiante,
stanco nocchier di notte alza la testa;
così io mi volgo, o bella gatta, in questa
fortuna avversa alle tue luci sante,
e mi sembra due stelle aver davante,
che tramontana sia nella tempesta.
Veggio un’altra gattina, e veder parmi
l’Orsa maggior colla minore: o gatte,
lucerne del mio studio, o gatte amate,
se Dio vi guardi dalle bastonate,
se ‘l Ciel vi pasca di carme e di latte,
fatemi luce a scriver questi carmi.

Quanto è vero che, seppur in mezzo alle tempeste della vita e alla sorte avversa, incrociare lo sguardo del nostro gatto riesce sempre a portare un po' di sereno nel nostro cuore. Impossibile restare indifferenti, o arrabbiati, o preoccupati: negli occhi del gatto a cui vogliamo bene troviamo complicità, affetto e conforto... ed è per questo che, dopo una giornata piena di problemi, non vediamo l'ora di tornare a casa per incontrare il nostro micio, che ci aspetta con la solita calma e fiducia, con quello sguardo saggio e al tempo stesso partecipe. E in quelle "pupille sacre", che sembrano capaci di guardare oltre il nostro presente, troviamo una specie di forza inspiegabile, un magnetismo ancestrale, una calma serafica che ci affascina e ci consola. Il gatto è già di per sè un animale obiettivamente bello, elegante, intelligente, ma probabilmente oggi il pregio che più lo rende un compagno insostituibile è proprio questo: l'essere per noi una piccola stella, affettuoso e discreto, che ci rende la vita migliore e ci illumina il cammino, anche in mezzo alla buia tempesta. Buona festa del gatto a tutti!

giovedì 7 febbraio 2019

L'essenziale è invisibile agli occhi (perduta umanità)

Ci sono cose che sfuggono alla mia comprensione e vanno a colpire pesantemente la mia sensibilità.  Di fronte a questo video che oggi vi ripropongo, ho provato inizialmente una viva curiosità che, secondo dopo secondo, è andata via via sfumando in uno sconcerto sempre più profondo, che poi si è tramutato in vivo e amaro imbarazzo nei confronti della specie umana, la mia specie, la nostra specie.
La scena è semplice: una micia tricolore staziona tranquilla ai tornelli di una qualche stazione. Forse una metropolitana, un aeroporto, una stazione di treni, chi lo sa: viaggio troppo poco per riuscire a capire dove ci troviamo. La gatta sembra abituatissima al andirivieni di persone e non si scompone di fronte a nulla, stranamente a suo agio in mezzo al via vai. Ben tenuta, dal manto pulito e lucido, non mendica attenzioni o cibo: semplicemente sta lì, in un posto affollatissimo e pieno di passanti, osservandoli con sguardo vispo e intelligente. Ora, se voi vi trovaste in una scena simile, dovendo passare a un tornello presidiato da un bel gatto, cosa fareste? Compatibilmente con la necessità di passare senza indugio, certo, perchè dietro di voi c'è coda e probabilmente voi stessi state andando di fretta da qualche parte... ma non degnereste la gatta almeno di uno sguardo divertito e intenerito? Non le dareste un buffetto veloce, una breve carezza discreta, al vostro passaggio? Ma soprattutto, non avreste reso migliore la vostra giornata, nel farlo?




Mi è sinceramente incomprensibile vedere che quasi ogni persona che passa al tornello ignora completamente la gatta. Mi domando: sono davvero esseri umani o sono degli alieni? E non perchè si debba necessariamente socializzare con un gatto, ma almeno una qualche reazione si dovrebbe averla, nel vedere una creatura vivente dotata di intelligenza stazionare in un posto tanto inusuale, con un comportamento altrettanto insolito e compìto. Non so: un sorriso, un moto di allegria o perfino di disapprovazione, un momento di stupore o perplessità. L'espressione di un qualche tipo di empatia, uno spiraglio di apertura verso gli altri, la capacità di impiegare un nano secondo del nostro tempo per dare un significato alla nostra vita, oltre alle corse, agli obblighi, agli impegni, al lavoro e a tutto ciò che ci rende ciechi e indifferenti. Un momento per essere umani, davvero
Invece la maggior delle persone, alle prese unicamente con la loro forsennata vita quotidiana, sono visibilmente seccate da eventuali ritardi nell'apertura delle porte, o dal malfunzionamento del loro pass. La gatta è, ai loro occhi, praticamente invisibile. Ho provato a mettermi nei panni di quelle persone: magari la micia è una habitué della stazione, per cui ci hanno fatto talmente il callo che non sorprende più. Eppure no, il ragionamento non sta in piedi: non stiamo parlando di un cartellone pubblicitario con uno slogan ad effetto, stiamo parlando di una creatura vivente con cui - ipoteticamente - è possibile instaurare una relazione sociale. Il cartellone pubblicitario che non ci soprende più possiamo effettivamente ignorarlo, una creatura vivente che incrocia il nostro sguardo no, non è possibile ignorarla, non se siamo davvero umani. E allora, quando vedo queste cose e penso tutto quel che ne consegue, mi domando se ci sia davvero qualche speranza per la nostra umanità, per salvarla dalla deriva che ha ormai preso. Abbiamo perduto la nostra umanità, o siamo ormai un'umanità perduta? 
So che molti di voi concorderanno con me, e allora voglio immaginare che qualche speranza resti, ma non è abbastanza. Serve empatia, serve sensibilità, serve la capacità di spezzare quest'assurdo ritmo di vita che ci rende ingranaggi indifferenti e inutili di un mondo disumano e sempre più veloce. Nel 1943 Antoine de Saint-Exupéry scriveva "l'essenziale è invisibile agli occhi", illuminante frase che richiamava la nostra attenzione su tutti quei valori e sentimenti immateriali che qualificano davvero un'esistenza degna di essere vissuta. Ma ormai siamo diventati talmente indifferenti e duri di cuore, da non vedere neppure il visibile. E se è diventato invisibile ai nostri occhi, vuol dire che è ancora più essenziale per il nostro cuore. Non sarebbe stata una giornata migliore, una vita migliore, se avessimo ricambiato quello sguardo felino, se ci fossimo concessi un sorriso, una carezza fugace?

venerdì 1 febbraio 2019

"Dio, l'uomo, la donna e il gatto" di Jutta Richter

Originale a dir poco, per il tema che tratta mi stupisce davvero che questo libro sia stato catalogato "per bambini". Certo, Jutta Richter è una celeberrima scrittrice per l'infanzia, ma questo Dio, l'uomo, la donna e il gatto si colloca fuori da ogni categoria letteraria e, sinceramente, mi sembra ben più comprensibile da un lettore adulto. La storia non è nuova, anzi - in un certo senso - è antica come il mondo: è il racconto delle vicende dalla Creazione fino all'assassinio di Abele per mano di Caino, passando per la cacciata di Adamo ed Eva dal Giardino dell'Eden. 
Forse che gli adulti hanno bisogno unicamente di saggi di teologia per rileggere e riflettere sulla narrazione biblica? Forse che la presenza di un gatto (e di un più marginale cane) ha reso questa storia adatta soprattutto a giovani lettori? Lo escludo in entrambi i casi, anzi azzarderei dire che un bambino - o un ragazzino - accostandosi a queste pagine non potrebbe che darne una lettura superficiale, senza cogliere i contenuti più suggestivi: la scoperta del Bene e del Male nell'animo umano, le contraddizioni della presenza del Male e del peccato nella vita dell'Uomo, su cui dovrebbe vegliare l'onniscenza e la bontà di Dio, il perdono e la condanna eterna... sono davvero temi apprezzabili da un bambino? 



Il gatto, che campeggia nella bellissima copertina firmata Giulia Orecchia, in questa storia è il serafico e rassegnato testimone di vicende tumultuose, per le quali niente può fare. Il gatto comprende fin dall'inizio che quell'essere creato a immagine e somiglianza di Dio non è equilibrato e tranquillo come lui: anzi, è soggetto a tormenti e inquietudini, indecisioni e desideri... e con una premessa del genere, il suo futuro è già segnato. La storia di Jutta Richter sembra voler ripercorrere la storia dell'umanità ma anche della felinità, se così si può dire, andando a scovare l'uomo e il gatto primigeni: continuamente in agitazione, preda di insoddisfazioni, desideri, sentimenti contrastanti il primo; stabilmente sapiente, pacato e appagato il secondo. Ma il destino dell'uomo, creatura prediletta da Dio, è di trascinare nella sua condanna anche tutte le altre specie viventi: il gatto, il cane, così come ogni altra forma di vita, inizieranno ad abitare la terra, condividendo con l'umanità fatiche, dolore e gioie terrene. La morale di tutto ciò? La stessa del racconto biblico, che prova a spiegare l'animo umano e la sua irrimediabile doppiezza, tra Bene e Male, raffinata intelligenza e cieca istintualità, bisogno d'amore e continue pretese. La presenza del gatto, che manca nella Bibbia, qui vuole quasi diventare un suggerimento: se solo l'uomo fosse stato un po' più quieto, un po' più saggio, un po' più gatto... forse, il giardino dell'Eden sarebbe ancora abitato. Una lettura originalissima, che va letta ma soprattutto meditata.