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mercoledì 23 gennaio 2019

Microchippa il tuo micio, per la sua sicurezza!

Il vostro felide domestico è dotato di microchip? Ormai già da diversi anni, anche in Italia c’è la possibilità di microchippare il proprio gatto, registrando il micio all’Anagrafe Nazionale Felina (istituzione “gemella” di quella canina).  L’inoculazione sottocutanea del microchip si può fare solo presso i veterinari convenzionati con l’Anagrafe,  ha un costo ridotto e permette di registrare una serie di informazioni nella banca dati nazionale, che permettono di riconoscere e associare il tal felino ad un proprietario umano.
Dalla lettura del microchip è possibile risalire ad una serie di importanti notizie:
  • dati del proprietario/detentore
  • nome, razza, sesso, segni utili di identificazione, età, dell’animale
  • eventuale intervento di sterilizzazione, attuale o pregresso
  • eventuale cambio di proprietà
  • eventuale segnalazione che il gatto risulta smarrito o rubato
  • eventuale decesso dell’animale
Il servizio è attivato su base volontaria e ha la finalità di favorire il controllo della demografia felina, contrastare l’abbandono e agevolare il ricongiungimento del gatto con il suo proprietario in caso di smarrimento in Italia o all’estero, mediante azioni di identificazione e tracciabilità animale.
L’Anagrafe Nazionale Felina si propone inoltre di contrastare l’abbandono, il furto e lo smarrimento del gatto di proprietà o in custodia” .
Si tratta di importanti obiettivi, che però è possibile raggiungere su larga scala solo aderendo – appunto su base volontaria – alla “microchippatura” di tutti i gatti di proprietà.
Purtroppo la sensibilità verso questo tema non è ancora sufficientemente diffusa e approfondita: si tende a sottovalutare l’importanza di un microchip per un gatto, sia per i felini liberi di esplorare il territorio (che di solito hanno buone capacità di orientamento), sia a maggior ragione per quelli che vivono solo in appartamento.

Immagine da Wikipedia, autore Izvora

In realtà gli smarrimenti di felini domestici sono all’ordine del giorno: un gatto, anche se abituato ad esplorare il suo territorio, può ad esempio venire allontanato da esso (erroneamente o meno) e non riuscire più a ritrovare la via di casa. Oppure un gatto incidentato, sotto shock, potrebbe perdere completamente l’orientamento e venire quindi recuperato da persone che non sono in grado di risalire alla sua famiglia. O ancora, un gatto d’appartamento potrebbe fuggire dalla sua abitazione e, completamente privo di riferimenti ambientali, smarrirsi.
Chiunque trovi un micio presumibilmente smarrito o abbandonato, potrà rivolgersi a qualsiasi veterinario per la lettura del microchip, quando presente, riuscendo quindi immediatamente a risalire alla “storia” e alla famiglia dell’animale, fosse anche a km di distanza.
Spesso i gatti smarriti vengono portati nei gattili: pensate all’enorme vantaggio sarebbe poter attribuire, grazie al microchip, ogni gatto trovatello alla sua famiglia! Sarebbe non solo uno snellire i tempi tra il ritrovamento e il ricongiungimento con la famiglia del micio smarrito, ma anche un ottimo deterrente per furti e abbandoni.
Il gattile di Ferrara, su disposizioni di ASL e Comune, da circa un anno sta microchippando tutti i gatti ospiti della struttura. Grazie a questa pratica è stato possibile, in diversi casi, riuscire a ricongiungere gatti smarriti alle loro famiglie nel giro di poche ore: un risultato davvero positivo, soprattutto per evitare al micio smarrito – già di norma piuttosto sconvolto – l’ulteriore stress di una permanenza di qualche giorno in gattile.
Ovviamente sono ancora tantissimi i gatti di proprietà non microchippati che potrebbero smarrirsi, e per questo ci rivolgiamo a voi famiglie! Per dotare il proprio micio di microchip è possibile rivolgersi a veterinari registrati all’Anagrafe, ne trovate una lista completa qui. Se il vostro veterinario di fiducia è già “convenzionato”, non esitate: alla prossima visita con il vostro micio, fatelo anche microchippare! E se il vostro veterinario invece non è ancora convenzionato… non dubitate altrettanto, cercate il nominativo a voi più vicino, e portate il gatto a microchipparsi!
Sarà un’assicurazione in più, in caso di smarrimento, per la sua salute e sicurezza!

martedì 15 gennaio 2019

"I figli del bosco" di Giuseppe Festa

Come sapete, amo molto Giuseppe Festa e non mi perdo nessuno dei suoi libri. Il suo ultimo "I figli del bosco. L'avventura di due lupi alla scoperta della libertà" non è esattamente un romanzo, si colloca piuttosto a metà tra un saggio divulgativo e un diario di bordo, per documentare tutte le vicende e il percorso di liberazione di due lupetti orfani, svezzati e seguiti in tutto e per tutto dal Centro di tutela e ricerca fauna selvatica Monte Adone (Sasso Marconi). Il fatto che le vicende non siano romanzate non toglie un briciolo di emozione alla narrazione, anzi: la realtà non ha bisogno di fantasia per essere avvicente, commovente e stupefacente!


Achille e Ulisse sono i due lupi orfani, recuperati a poche settimane di vita, attorno ai quali ruotano tutte le vicende. Il loro salvataggio è effettuato da un team di esperti capeggiati da Elisa, instancabile e formidabile conoscitrice di lupi. Fin dall'inizio si comprendono la volontà e la speranza di poter restituire alla natura i due animali, una volta cresciuti. Si tratta di una scommessa tutta da giocare: non è infatti scontato che due lupetti svezzati da mano umana, potranno poi abituarsi alla vita selvaggia senza tornare sui loro passi, mettendo a rischio sè stessi e la convivenza con il mondo degli uomini. La questione, anche se Festa ce la racconta con il talento e la spontaneità del cantastorie, in realtà ha un peso scientifico non indifferente: la reintroduzione di Achille e Ulisse in natura è un vero e proprio "esperimento" scientifico, un caso che - se risolto positivamente - potrà fare da apripista per liberare altri lupi, recuperati e cresciuti dall'uomo.
Accanto a Ulisse e Achille facciamo la conoscenza anche di Wolfy, Ares e Lara, questi ultimi due lupi "ibridi" che per questo non potranno mai tornare liberi: per preservare il patrimonio genetico puro del Canis lupus infatti, ogni esemplare che derivi da un incrocio lupo-cane non deve più essere reimmesso in natura. 
Vi lascio un video di presentazione del libro, dove potrete vedere anche meravigliose riprese dei lupi protagonisti... da giocosi lupetti fino a maestosi esemplari adulti.



Il libro è anche una miniera di informazioni sui lupi e sull'encomiabile lavoro svolto dalle persone che operano nei CRAS; scopriamo inoltre quanto delicati siano gli equilibri tra uomo, animali selvatici e natura, qui nella nostra bella Italia. Il lupo, quell'animale che ci ricorda paure ancestrali e terrori notturni, è invece una creatura a suo modo fragile, bisognosa di protezione, rispetto e conoscenza. Ulisse e Achille riusciranno a riabbracciare la loro dimensione più selvaggia, tornando a vivere nella natura, sempre ad un passo dall'uomo?
Sta a Giuseppe Festa raccontare questa storia, un'avventura affascinante quanto imprevedibile, che lupi e umani dovranno affrontare per raggiungere la meta più ambita, non scontata: ritrovare e conservare la propria anima più selvaggia, il proprio posto nella natura, la propria libertà. E, a sorpresa, pagina dopo pagina, capiamo che è l'impresa più importante non solo per Ulisse, Achille e tutti i lupi ancora in cattività nei CRAS, ma anche per ciascuno di noi.

lunedì 7 gennaio 2019

Pensieri alla rinfusa su topi e animalismo

Nelle scorse settimane, complice un novembre molto mite e il freddo arrivato tutto in una volta poco prima di Natale, si è verificata una questione problematica da risolvere: sia nel mio magazzino, che in quello dei miei genitori (soprattutto), abbiamo avuto una sorta di invasione/infestazione di topi. E con "topi" intendo non solo i topolini di campagna, per i quali in realtà nutro un'aperta simpatia, ma anche i meno gradevoli ratti. Intendiamoci: viviamo in campagna, abbiamo campi coltivati dietro, davanti e a lato delle nostre case, in tanti anni è capitato più di una volta che un piccolo topolino potesse fare incursione in magazzino, perfino in casa. Quando possibile l'abbiamo scacciato, quando invece non c'era altra soluzione, abbiamo dovuto ricorrere ai tipici rimedi di lotta ai topi: trappolini e veleno. Ma mai in dosi troppo massicce, mai avviando una "disinfestazione" in piena regola. E una volta risolto "il problema", la questione finiva lì. 
Quest'anno no: nelle scorse settimane i topi hanno fatto letteralmente il disastro. Escrementi ovunque e in quantità avvilenti, rosicchiature di carta, cartone, sacchetti e tessuti, barattoli rovesciati, perfino l'allarme si è messo a suonare nel pieno della notte, per la baraonda provocata da un grosso ratto. Insomma, una situazione completamente fuori controllo e purtroppo non tollerabile in nessun modo. Non è solo una questione igienica, ma anche pratica ed economica: i danni agli ambienti e agli oggetti (per non parlare del cibo in dispensa, per fortuna salvato in extremis non appena abbiamo avuto il sospetto che ci fossero "ospiti" lì vicini) non sono da sottovalutare.

Topo comune, foto da Wikipedia di 3268zauber

E quindi ci siamo rassegnati ad avviare una "campagna anti-topo": prima con un dissuasore ad ultrasuoni (che mi auguro funzioni d'ora in poi almeno a livello preventivo, scoraggiando i topi ad entrare...) che però non è riuscito a scacciare gli sgraditi ospiti già installati nei magazzini, quindi siamo poi passati a trappole per ratti, trappole per topi e veleno. Per giorni. Finchè il veleno, nottetempo divorato, non ha iniziato a restare intatto. Nel mio magazzino abbiamo preso un ratto gigantesco, con la trappola apposita. Oltrepassando l'impressione di vedere un animale di quella taglia, mi sono anche chiesta quali siano stati i suoi ultimi pensieri, le sue ultime emozioni, prima di morire. Ho trovato un topolino morto, nascosto in uno stivale incoscientemente lasciato incustodito. Ho provato un moto di pietà inevitabile, nel vedere quella piccola palla di pelo senza vita ma ancora apparentemente perfetta, sentendomi in colpa per la sofferenza che avrà passato a causa nostra. Insomma, pur capendo che era inevitabile risolvere il problema dei topi in magazzino, ogni giorno mi domandavo: "Come si concilia tutto questo con il mio sentirmi tendenzialmente animalista?".
Non è certo l'unica incoerenza che vivo, da viscerale amante degli animali: come già scrivevo lo scorso mese, non sono vegetariana (anche se di carne ne mangio poca)... e mi rendo conto che, qualora anche lo diventassi, non ci sarebbe modo di sfuggire a tante altre azioni che vanno a danno degli animali. 

Ratto, foto da Wikipedia di Reg Mckenna

Mi sono poi documentata su topi e ratti, per cercare di capirli meglio, e la cosa non ha fatto altro che mettermi ulteriori pensieri. Il ratto infatti è il secondo mammifero di maggior successo sul pianeta (il primo, ovviamente, è l'uomo) e può contare su una spiccata intelligenza e ottima memoria. Studi di psicologia animale hanno dimostrato che i ratti possiedono coscienza di sè stessi... significa quindi che riescono a percepire loro stessi come soggetti agenti nel mondo, che può sembrare una stupidaggine (noi la diamo per scontata), mentre invece è una caratteristica che possiedono solo pochi altri animali particolarmente evoluti. Non per niente, dal ratto selvatico sono state selezionate alcune varietà domestiche, che vengono considerate "da compagnia" alla stregua dei criceti: con la differenza che manifestano intelletto ed empatia verso l'uomo di molto superiori rispetto ad altri roditori. Non bastasse questo, le tane che costruiscono possiedono diverse camere, ciascuna con una funzione diversa: c'è la camera per immagazzinare cibo, quella per gli escrementi e quella per il riposo. Vi ricorda qualcosa?
Insomma, ammetto di essermi sentita sollevata non appena ho visto che la trappola nel mio magazzino era scattata, mettendo fine al problema "più grosso" in circolazione. Ma il secondo pensiero è stato di dispiacere per quell'essere vivente che ha avuto la malaugurata idea di venire ad installarsi proprio lì.  Razionalmente, so di non aver avuto scelta. Umanamente, mi dispiace tanto.
E mi domando: un animalista "duro e puro", magari un vegano che segue rigidamente in ogni campo della sua vita pratiche cruelty-free, come avrebbe affrontato quella questione? C'è un limite al cercare di non nuocere ad alcuna forma vivente? Il fatto stesso che la vita e le azioni di un'altra creatura vadano a mio danno, mi giustifica nell'ucciderla? 
Domande a cui credo che ognuno possa trovare una sua propria e personale risposta, ma a maggior ragione mi piacerebbe proprio sapere la vostra opinione ed eventualmente le vostre esperienze in merito.

martedì 1 gennaio 2019

La frase del giorno: Jeanette Winterson

"Siamo esseri umani, non macchine. Abbiamo le nostre brutte giornate. Abbiamo problemi psicologici. Siamo ispirati, eppure sbagliamo. Non siamo lineari. Abbiamo cuori che si spezzano e anime di cui non sappiamo bene cosa fare. Uccidiamo e distruggiamo, ma al tempo stesso siamo capaci di costruire nuovi mondi e di renderli possibili. Siamo stati sulla Luna e abbiamo inventato i computer. Ormai appaltiamo tutto, eppure dobbiamo vivere con noi stessi. Siamo dei pessimisti, convinti che sia sempre troppo tardi, dunque perchè dannarsi? Siamo dei redivivi, innamorati di una seconda possibilità. Ogni nuovo anno ci offre una nuova possibilità". 
Jeanette Winterson

Un fiore di chaenomeles japonica, sbocciato anzitempo...

Un nuovo anno che inizia è una pura formalità umana: nessuna differenza particolare corre dall'ultimo minuto del 2018 al primo del 2019. Eppure, psicologicamente, cambiare calendario e ricominciare da gennaio è un inevitabile passaggio di cui approfittare, o a cui affidare particolari propositi e speranze. Per quanto mi riguarda, spero di saper cogliere le seconde, le terze e le molteplici possibilità che ogni nuova giornata potrà offrirmi, senza stancarmi e senza soccombere sotto le preoccupazioni e i problemi della vita adulta. A voi i miei migliori auguri perchè possiate sempre trarre il meglio dal tempo che passa, sopportando le cose peggiori e facendo tesoro anche delle brutte giornate, nella speranza che, ad un certo punto, ogni cosa vada a posto. Auguri per un buon 2019 a voi e a tutti i vostri cari!