Un libro che può essere letto come un bel saggio scientifico su questo simpatico e bell'animaletto che abita i nostri giardini, ma che è anche un completo manuale di "pronto intervento" per rapportarsi correttamente, in caso d'emergenza, a un riccio in difficoltà. Marina Setti è una biologa attiva da anni nel campo del soccorso, cura, riabilitazione e successiva re-introduzione in natura dei ricci europei; responsabile anche di un CRAS (attualmente chiuso a causa del sisma del 2012) e di un progetto denominato SOS Ricci, ha scritto questo libro sia per raccogliere fondi per le sue attività, ma anche come importantissima opera di divulgazione per esperti e non. Solo da alcuni anni, infatti, il riccio europeo ha iniziato ad attrarre l'attenzione dei veterinari e della gente comune: vent'anni fa, in Italia, si sapeva ben poco di questo mammifero spinoso e lo si teneva in considerazione altrettanto poco. Capitava magari di disturbarlo inavvertitamente durante le varie pratiche di giardinaggio: in autunno il riccio costruisce la sua tana invernale sfruttando le aree incolte dei nostri giardini, restandovi in letargo fino a primavera. Oggi il riccio fa fatica a trovare spazi vitali sufficientemente sicuri, perchè le coltivazioni monocolturali non offrono più quegli angoli necessari alla sua sopravvivenza: cespugli, cumuli di foglie o di rami secchi, arbusti non potati. E così deve girare in lungo e in largo, a suo maggior rischio e pericolo, alla ricerca non solo di cibo, ma anche di un posto sicuro dove vivere e riprodursi. Altrettanto il riccio, per sua sfortuna, è sensibile all'impiego di prodotti chimici o di veleni posti nell'ambiente per debellare altri animali "dannosi" (topi o lumache, ad esempio)... ad ogni modo, l'importante è che l'attenzione verso questo simpatico e intelligente animale selvatico si sia destata, non solo tra gli esperti ma anche tra le persone che sempre più spesso soccorrono ricci feriti o debilitati. A riprova di ciò, anche su questo blog uno degli articoli più cliccati e quotidianamente ricercati è "Il riccio europeo: informazioni utili".
Nel libro "Il Riccio. Ci sono anche io" si scoprono tutte le particolarità, le abitudini e le necessità di questo puntuto animaletto, i suoi cicli riproduttivi e anche le circostanze a cui fare più attenzione, durante l'anno: ad esempio la primavera, quando i ricci si risvegliano dal letargo e iniziano ad attraversare le strade, con loro grande pericolo, oppure proprio in autunno, quando ci si prepara all'arrivo del freddo. E' proprio infatti in queste settimane che si gioca la partita più importante delle nuove generazioni, nate con i parti di fine agosto-inizio settembre: tutti i ricci che in natura non raggiungeranno i 500 g prima del letargo, sono destinati a non superare l'inverno per mancanza di riserve di grasso. Sarebbe allora opportuno prelevare il riccio sottopeso e portarlo al più vicino CRAS, perchè venga "ricoverato" in una situazione di letargo controllato (con cibo a disposizione) e re-introdotto in natura in primavera, in forze e salute. Consiglio a tutti voi l'acquisto e la lettura di "Il Riccio. Ci sono anche io!", ricco di informazioni, suggerimenti e dettagli scientifici, ma anche di curiosità storiche e letterarie sul riccio... certa che diventerà l'indispensabile libro da consultare ogni qualvolta incontrerete uno puntuto amico nel vostro giardino, per poterlo comprendere e aiutare al meglio, proprio come si merita questo speciale mammifero spinoso!
ho imparato ad amare questo animaletto carino nel libro '25 gr di felicità' ....grazie x qst nuova informazione librosa!!!
RispondiEliminaFiore, il libro che citi è splendido! Un accorato appello ad avere più attenzione, cura ed empatia verso tutte le piccole creature che ci circondano, ricci in primis... questo libro di Marina forse è più "tecnico", ma credo sia il complemento necessario a "25 g di felicità", perchè davvero in questo libro si possono scoprire informazioni fondamentali per approcciarsi correttamente ai ricci!
EliminaChe bello... mi piacerebbe tanto che un riccio prendesse a dimora il mio giardino in campagna. Speriamo! Circa un anno e mezzo fa, maggio 2016, mi pareve bello comprare una tartaruga di Hermann (regolarmente microchippata e denunciata, in un allevamento in Belgio). Il mio giardino, circondato da muri di pietra, mi parve l'habitat adatto. Nonostante cio', sparita ad inizio autunno, la tartaruga non è mai riemersa dal suo letargo. "Evasa" verso altri giardini? Morta congelata durante il freddo inverno francese? Divorata (eh si, succede!) da un roditore? Non lo sapro' mai. Nonostante tutte le mie ricerche, il mistero è rimasto. Questa triste storia mi ha fatto molto riflettere, oltre che farmi sentire maledettamente in colpa. Non si deve mai, per nessun motivo, forzare la natura, o volersene appropriare. E' molto più bello, e soddisfacente, aspettare che sia lei a venire da noi. Ho voluto inserire un animale selvatico (tali sono considerate la tartarughe) in un habitat in cui lui non aveva scelto di vivere. E questa è stata la ricompensa: l'ho condannato a morte. Solo recentemente ho tolto di mezzo la casetta di legno che avevo piazzato sotto la vite, dove al mio tartarugo piaceva trascorrere la notte nell'unica estate che ha passato da me. Per un anno la casetta è restata li, tristemente vuota, a monito del mio agire sconsiderato. La settimana scorsa l'ho ripulita e riposta in cantina. Se un giorno scorgessi un riccio nel mio giardino, forse la rimettero' in uso per lui, ma mai più cerchero di introdurre in un habitat domestico animali che non vi appartengono.
RispondiEliminaCaro Filippo, il tuo lungo e bellissimo commento meritava una sentita risposta e così, per prendermi il tempo necessario, ho tardato fino ad oggi nel commentare a mia volta. Che dire? Le tue riflessioni sono così vere e comprensibili... Temo che ciascuno di noi, almeno una volta nella vita, abbia agito in buona fede ma "ingenuamente" nei confronti della natura, sull'onda di un entusiasmo inesperto... Che poi si è infranto contro una più cruda e dura realtà, facendoci rimpiangere le nostre scelte. Ma è proprio vero, nel bene e nel male, che solo sbagliando si impara... E tu hai tratto una lezione profonda dalla sorte ignota della tua tartaruga: "aspettare sempre che sia la natura selvatica a venire da noi", senza forzature. Quanto preziosa è questa tua riflessione! Tanto più che ti dispone in un atteggiamento di costante ascolto, apertura e attenzione verso quella natura da cui aspetti un cenno, una scoperta, un incontro... Tutte cose che, per chi ama la natura ed è già "sintonizzato" sulle sue frequenze, non tarderanno ad avvenire! La natura bussa alla nostra porta in mille modi diversi, occorrono occhi e cuore aperti per riconoscere il suo tocco nella nostra vita... La tua esperienza dolce-amara con la tua tartaruga ti ha certamente dato sensi di colpa ma anche tanta consapevolezza in più. Anche questo, in un certo senso, significa aver ascoltato e compreso il messaggio della natura. Ti ringrazio molto per aver condiviso con noi questa tua vicenda... Fonte di riflessioni ulteriori da parte di tutti noi: grazie di cuore!
EliminaAh di errori ne facciamo sicuramente tanti, soprattutto quando muoviamo i primi, incerti passi in quel mondo da cui le nostre vite metromolitane ci hanno troppo allontanato. Fiori piantati al momento sbagliato, nel posto sbagliato; animali selvatici nutriti, toccati, spostati, disturbati; piante annaffiate troppo, o troppo poco... e la lista è lunga, secondo le esperienze di ognuno. Vorrei consigliare a te, ed ai lettori di queso blog, il bel libro di Gerard Durrell "La mia famiglia e altri animali", racconto autobiografico dei cinque anni che Gerard, ragazzino londinese, futuro scrittore e naturalista in erba, ha trascorso con la sua famiglia nell'isola greca di Corfù. Per me, da sempre appassionato lettore e accanito osservatore della natura, questo libro fu una bibbia durant ela adolescenza. E una volta adulto l'ho leto, riletto, citato e regalato.
RispondiEliminaQuanto hai ragione, Filippo! Sai che il libro che citi di Durrell ce l'ho da qualche anno nella mia libreria, ma non l'ho ancora letto? Il tuo entusiasmo mi dà l'ispirazione per leggerlo, grazie!
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