Scritto dalla buona penna del giornalista Antonio Mazza, "Un mucchietto di peli" è il titolo di questo libro su gatti e umani, tra sorrisi, vicissitudini curiose e qualche luccichio d'occhi. Ma il sapore che rimane al termine delle pagine, tra il dolce e l'amaro, è destinato a durare molto di più, perchè importanti e inaspettate sono le riflessioni generate da questa lettura. Ma andiamo con ordine. Tutto inizia quando l'autore si imbatte in una gatta randagia che partorisce quattro micette sul terrazzo condominiale. Un po' per istintiva simpatia per le micie, un po' per civico senso del dovere, il giornalista si prende cura di mamma e cucciolata finchè le gattine non sono svezzate, poi decide che è il momento di "piazzarle" perchè non è interessato - non ancora - ad avere animali domestici. Non riuscendo ad accasare tre delle giovani micie - già battezzate Patrizia, Licia e Isabella - l'autore le porta senza troppi pensieri al gattile: dopo tutto sono solo animali, si adatteranno e da lì qualcuno le adotterà. Ma quando, un mese dopo, per curiosità Antonio Mazza torna al gattile e si ritrova il trio felino miagolante e grato di rivederlo... qualcosa cambia all'improvviso nel cuore del giornalista: non sono "solo animali", bensì tre creature dotate di sentimenti propri, sensibilità specifiche, ricordi e speranze personali, speranze che ricadono proprio su di lui. E se le riporta a casa, iniziando con loro una meravigliosa convivenza, una storia d'amore durata 17 anni.
La copertina del libro, edito da Francesco Ciolfi editore. |
L'autore ci racconta le vicissitudini più curiose e simpatiche riguardanti Patrizia, Isabella e Licia: incidenti domestici e situazioni memorabili, vacanze in camper e quotidiane soddisfazioni date dalle tre gatte, ma soprattutto inizia a capire quanto ha sbagliato, per buona parte della sua vita, nel considerarli "solo animali". Certo, è quello che sono, ma non basta. Sono creature innocenti, disposte ad amarti senza filtri e senza preconcetti, incondizionatamente e per tutto il tempo che sarà loro concesso di vivere, qualcosa di speciale che tra esseri umani non è così immediato, nè così puro e semplice. Ed è questo a toccare profondamente l'autore, e noi lettori insieme a lui.
Antonio Mazza riscopre, grazie al rapporto quotidiano e intimo con le sue gatte, la dimensione della tenerezza: le zampatine e i miagolii, le fusa e le serate in compagnia delle micie, il soffice peso sul letto e i rituali speciali condivisi con una gatta o con un'altra... qualcosa che risuona nell'animo umano, andando a toccare quelle corde profonde che, in un mondo abbruttito, iper-veloce e inaridito, spesso non hanno la possibilità di vibrare. E così l'autore giustamente sottotitola il libro "una scheggia di luce", perchè è come se il rapporto con le sue gatte gli avesse spalancato occhi e cuore su una realtà interiore dimenticata, sepolta o mai scoperta: possiamo essere persone migliori, ancora più umani, insieme e grazie agli animali non umani che ci amano.
L'autore con una delle sue tre micie. |
Come tutte le storie più belle, anche quella di Antonio e delle sue tre gatte ha un termine: dolorosi, uno più dell'altro, sono gli addii che l'autore dovrà dare a Patrizia, Isabella e Licia. Ma le riflessioni scaturite dalla loro vita insieme sono preziose e uniche, nelle quali mi sono ritrovata moltissimo, forse il primo libro in assoluto che sappia spiegare a parole quell'illuminazione che ci viene donata dall'amore di un gatto. E concludo con un piccolo brano dal libro, che vi consiglio caldamente di leggere: "A questo proposito un conoscente mi osserva con fare ironico, massì, sono solo animali, dai. Non credo che abbia capito molto, anche se ha avuto cani e gatti li ha sempre considerati ospiti simpatici e divertenti, ma nulla più. Non si è lasciato coinvolgere nè li ha coinvolti, una ciotola di buon cibo, una carezza e via, il che va benissimo, e tuttavia significa restare in superficie e negarsi delle sensazioni anche dolorose (...) ma estremamente vitali. (...) In questa relazione dove non ci sono ombre, dove non c'è timore, ma solo abbandono gioioso, esce la parte migliore di te, quella ancora pulita (...). Questo privilegio mi è stato concesso da un tenero animaletto, il suo dono mi ha fatto comprendere di avere dentro di me una scheggia di luce, un punto ove converge l'infinito". (A.Mazza, Un mucchietto di peli, Francesco Ciolfi editore, pag. 31 e pagg. 80-81). E, per come la vedo io, è proprio in quel punto in noi dove converge l'infinito che resterà per sempre vivo - irraggiungibile da morte e tempo - l'amore dato e ricevuto.